Manlio Brigaglia a un anno dalla scomparsa
Attilio Mastino, 10 maggio 2019
Vorrei riuscire ad esprimere il dolore e l’emozione che provammo il 10 maggio di un anno fa, quando Manlio Brigaglia ci aveva improvvisamente lasciato, circondato dall’affetto degli amici, dei colleghi, degli studenti, di tanti Sardi. A Palazzo Segni avevamo tentato di condividere insieme un lutto e di superare un vuoto che dopo un anno rimane intatto.
Ci aveva tanto colpito la sua scomparsa, avvenuta sul lavoro, quasi sotto i nostri occhi, dopo la presentazione due giorni prima in aula Magna con Sabino Cassese e Paolo Pombeni del volume "La macchina imperfetta" in età fascista. Proprio in quel suo ultimo difficile intervento all'Università Brigaglia aveva mantenuto la linea di uno strenuo impegno civile e democratico e aveva voluto ricordare il legame con Antonio Pigliaru, la lezione di Antonio Gramsci, il contributo della Sardegna per un'Europa migliore. Un’eredità che lascia per intero a quella generazione di studiosi che è stato capace di formare, spronandoli ad allargare lo sguardo verso un orizzonte largo condividendo passioni comuni e l’amore per la cultura.
In quei giorni al cinema davano la sua intervista sul film di Fiorenzo Serra, "L'ultimo pugno di terra", con quella transumanza di pecore e ma anche di uomini lontano dall’isola. E quella frase ripresa anni dopo da Gavino Ledda a proposito della desertificazione e del disagio sociale degli anni ‘50, con quella espressione tremenda <<maledetto quell'autobus, maledetto quel treno che svuota il mio paese>>. Quanta pena per la Sardegna, quanto desiderio di vedere un tempo nuovo, quanto amore per la sua gente, i suoi allievi, i suoi studenti, la sua famiglia, in particolare per Marisa, che ha seguito giorno per giorno con la ricchezza del suo affetto e la sua intelligenza.
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