Attilio Mastino
L'iscrizione latina del restauro del tempio del Sardus Pater ad Antas
e la problematica istituzionale*
La vitalità delle antiche tradizioni pagane in Sardegna è testimoniata simbolicamente dalla dedica effettuata attorno al 213 d.C. all’imperatore Caracalla, in occasione dei restauri dell’antico tempio di Antas (comune di Fluminimaggiore): un edificio che integrava il culto imperiale (fondato su un’articolata organizzazione provinciale) con il culto salutifero del grande dio eponimo della Sardegna, il Sardus Pater figlio di Eracle, interpretatio romana del dio fenicio di Sidone (Sid figlio di Melkart), dell’eroe greco Iolao compagno di Eracle e dell’arcaico Babi. Quest’ultimo rimanderebbe a tradizioni locali di età preistorica (esattamente in parallelo con l’Esculapio Merre del II secolo a.C. della trilingue di San Nicolò Gerrei, interpretato in greco come Eshmun Merre e in greco come Asclepio Merre)[1].
In età storica Sardus era effettivamente venerato in Sardegna con l'attributo di Pater, in quanto era considerato il primo ad aver guidato per mare una schiera di colonizzatori giunti dall'Africa e per aver dato il nome all'isola[2], in precedenza denominata e argurófleps nésos ('l'isola dalle vene d'argento'), con riferimento alla ricchezza delle sue miniere di piombo argentifero[3], a ridosso dell’isola circumsarda che Tolomeo conosce come Molilbòdes, Sant’Antioco[4]. A questo eroe-dio, identificato con il Sid Babi punico[5] e con Iolao patér greco, il condottiero dei Tespiadi[6], fu dedicato un tempio presso Metalla, restaurato all'inizio del III d.C.; d’altra parte la sua immagine ritorna propagandisticamente sulle enigmatiche monete di M. Atius Balbus[7].
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