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Premio città di Ozieri di letteratura sarda, 1 ottobre 2016.

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Premio città di Ozieri di letteratura sarda, 1 ottobre 2016
Intervento del Presidente della giuria Attilio Mastino

Cari amici,

questa 57° edizione del Premio Ozieri vede la straordinaria partecipazione di tanti appassionati poeti, pieni di sentimenti, di voglia di confrontarsi, desiderosi di difendere la lingua, la poesia e la cultura della nostra terra. Eppure questa edizione si apre con un’assenza irrevocabile, quella del Presidente onorario Nicola Tanda, che prima di me ha presieduto la nostra Giuria per oltre vent’anni e che mi aveva chiamato a sostituirlo, con una generosità che mi aveva lasciato senza parole. Nicola è stato un attivo protagonista anche di altri importanti Premi letterari in Sardegna, punto di riferimento per tante generazioni di poeti e scrittori sardi.

Il nostro Nicola è scomparso il 4 giugno a 88 anni di età a Londra, assistito dal figlio Ugo: la sua lunga stagione ha avuto molti successi e molta forza. Sullo sfondo del suo impegno intelligente e colto c‘era una scelta non scontata, la progressiva codificazione e circolazione letteraria plurilingue che è alla base anche dell’edizione del Premio Ozieri negli ultimi anni. Ne hanno parlato Dino Manca, Vittorio Ledda, Antonio Canalis, Paolo Pillonca.

Nicola considerava Ozieri, la città di adozione che gli aveva conferito la cittadinanza onoraria, la culla della lingua sarda, per usare la recente espressione del giornalista franco-corso Xavier Pierlovisi, Ozieri “ville historique, parraine de la protection de la langue sarde”.  Il premio che daremo al prof. Edgard Radtke del Romanisches Seminar dell’Università di Heidelberg, in passato vicepresidente della Società di Linguistica Italiana, va in questa direzione.

E ciò anche nei tempi dell’accertato mancato assolvimento da parte dell’Italia degli obblighi imposti dalla Convenzione quadro delle minoranze nazionali in vigore da vent’anni, sia pure teoricamente tutelati dalla legge  482/99 e, in Sardegna, dalla legge regionale 26/97, che pure è più avanzata rispetto alla legge nazionale. E’ di poche settimane fa la rigorosa ispezione disposta dall’Unione Europea, che non è stata positiva in tema di difesa dei diritti delle minoranze linguistiche.

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Ricordo di Tito Orrù in occasione dell’intitolazione della circonvallazione di Orroli alla sua memoria.

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Ricordo di Tito Orrù in occasione dell’intitolazione della circonvallazione di Orroli alla sua memoria.
Orroli, 17 settembre 2016


Cari amici,

rispondendo all’invito del sindaco Antonio Orgiana, sono arrivato ad Orroli, “il paese delle roverelle” secondo l’etimologia di Massimo Pittau, giungendo da Fonni, Desulo, Santa Sofia, percorrendo i tornanti che scendono da Villanovatulo, il paese di Ercole Contu, e poi risalendo verso Nurri: qui ho avuto un colpo al cuore osservando i colori rossastri della vegetazione che inizialmente pensavo fossero quelli dell’autunno e che invece sono i colori che testimoniano una ferita sanguinante causata dai terribili incendi dei mesi scorsi.

Questi sono i luoghi che Tito Orrù amava di più, dove ci eravamo recati assieme a Silvio Sirigu e Armando Giocondo, che mi avevano portato all’inizio degli anni 90, nel Sarcidano, mentre si svolgevano ad Orroli gli scavi voluti da Fulvia Lo Schiavo nell’unico nuraghe pentalobato della Sardegna, Arrubiu, con le sue 21 torri e le inedite testimonianze del riuso in età romana con gli impianti produttivi tardi. Si riprendevano gli scavi svolti trent’anni prima, nell’immediato secondo dopoguerra,da Ercole Contu che aveva usato mezzi rudimentali, perfino una matassa di spago per misurare e rilevare il nuraghe rosso. Soprattutto lo aveva incuriosito il volume del 1992 da me dedicato alla tavola di Esterzili:, ai pastori sardi Galillenses e ai contadini originari dalla Campania romana i Patulcenses nell’età di Nerone: sono i luoghi cari anche ad Ercole Contu, originario della vicina Villanovatulo. Per Orrù e per Contu, al di là della scoscesa vallata del Flumendosa, l’orizzonte era chiuso dai monti di Esterzili (il paese di Fernando Pilia), sui quali sorgeva un edificio misterioso, che conservava tracce dei frequentatori preistorici, costruttori di quel tempio megalitico rettangolare noto come Domu de Orgìa.

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Oltre il fiume Oceano. Uomini e navi romane alla conquista della Britannia. Il modello di proiezione romano alla prova d’Oltremare raccontato da un marinaio di Cristiano Bettini.

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Oltre il fiume Oceano
Uomini e navi romane alla conquista della Britannia
Il modello di proiezione romano alla prova d’Oltremare raccontato da un marinaio

di Cristiano Bettini
MUT- Museo della Tonnara – Stintino, 30 agosto 2016

Parlare di navigazione oceanica qui a Stintino, a due passi dall’isola d’Eracle, significa partire dalla rotta seguita dai naviganti greci e cartaginesi verso il favoloso occidente mediterraneo oltre le Bocche di Bonifacio del Fretum Gallicum verso la Gallia Narbonense e in direzione delle colonne d’Ercole, verso l’Oceano. E ricordare che il toponimo Fretum Gallicum è utilizzato in età romana per indicare anche il canale della Manica. Soprattutto significa partire dai misteriosi mostri marini che abitavano il mare Sardum tra la Sardegna e la Corsica, le due grandi vere isole del Mediterraneo, collocate per i Romani al di là del grande mare; infine richiamare la dimensione dell’ecumene inizialmente sulle rive di quel Mare Nostrum che nella sua denominazione originaria greca (par’emin thalasse) era priva di quell’odioso senso “proprietario” e “imperialista” che le si vorrebbe attribuire e che le è stato attribuito in passato; soprattutto significa uscire da quel mare interterraneo sul quale per Platone abitavano uomini come formiche o rane sulle sponde di uno stagno o di una palude. Significa affrontare l’oceano, affacciarsi in campo aperto, cercare nuove rotte, seguir con l’Ulisse di Dante virtute e canoscenza, <<perché fatti non foste a viver come bruti>>.

Questo libro dell’Ammiraglio di squadra Cristiano Bettini, già Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa dal 2011 al 2013 (con un curriculum davvero importante e di tutto rispetto) vede la luce e viene presentato a pochi mesi dalla cosiddetta “Brexit”, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, in un momento storico complesso in cui il tema dell’unità del Nord e del Sud dell’Europa si pone davvero in primo piano. L’autore conosce i luoghi di cui parla, è stato per alcuni anni addetto militare italiano alla nostra ambasciata di Londra ed è consapevole come <<il modello politico, militare e sociale romano >> sia ancora centrale nella cultura britannica.

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I decenni tra l’esilio in Sardegna di Callisto e quello di Ponziano: i rapporti tra cristiani e pagani.

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Attilio Mastino
I decenni tra l’esilio in Sardegna di Callisto e quello di Ponziano:
i rapporti tra cristiani e pagani.

Per un paradosso della storia, la prima notizia relativa alla presenza di cristiani in Sardegna nell’età di Commodo precede di vent’anni la più significativa testimonianza dei culti pagani nell’isola, la ricostruzione del tempio del dio “nazionale” Sardus Pater, che documenta la vitalità delle antiche tradizioni pagane locali: tra il 213 ed il 217 d.C. si può infatti datare l’epigrafe dedicatoria all’imperatore Caracalla, in occasione dei restauri dell’antico tempio di Antas in comune di Fluminimaggiore nella Sardegna sud-occidentale, a breve distanza dall’isola circumsarda di Sulci-Sant’Antioco, che Tolomeo conosce come Molilbòdes, l’isola del piombo, Plumbaria.

Si tratta di un edificio, completamente nuovo non solo rispetto a quello cartaginese costruito per Sid Addir Babi, ma anche rispetto a quello di età graccana (o augustea), che oggi conosciamo attraverso le terrecotte architettoniche del frontone; il tempio severiano testimonia la sopravvivenza dell’antico culto salutifero del grande dio eponimo della Sardegna, il Sardus Pater figlio di Eracle, interpretatio romana del dio fenicio di Sidone (Sid figlio di Melkart), dell’eroe greco Iolao Padre compagno di Eracle e probabilmente dell’arcaico Babi, forse un dio venerato da età preistorica presso il santuario nella vicina grotta di Su Mannau. Sovrapposto infine al Sardo figlio di Makeris delle fonti greche.

La cosa straordinaria è che il culto pagano del dio “nazionale” veniva affiancato e integrato con il culto di Eracle, padre di Sardus, e di conseguenza – secondo un progetto che potrebbe esser attribuito già a Commodo – affiancava Caracalla ad Eracle e lo integrava al culto imperiale, ormai fondato su un’articolata organizzazione provinciale (con sede a Carales) e municipale (che è documentata nella vicina Sulci). L’aditon bipartito del tempio testimonia forse la pratica congiunta del culto, se dobbiamo immaginare la statua di Sardus col suo caratteristico copricapo di piume in una cella (rimane un dito in bronzo di 15 cm. di lunghezza) e quella di Caracalla-Ercole nell’altra cella, mentre l’altare era localizzato secondo l’uso romano sula scalinata d’accesso al tempio. Oggi conosciamo meglio la planimetria del tempio tetrastilo, suddiviso longitudinalmente in anticella, cella e penetrale.

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Tomasino Pinna (1949-2016)

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Tomasino Pinna (1949-2016)

Tomasino Pinna è scomparso il 25 giugno dopo otto mesi di terribili sofferenze iniziate il 30 ottobre con l’incidente in Ogliastra: a 66 anni di età, lascia nel dolore Luciana e Adriano, ma anche tanti amici di una vita che, come me, lo conoscevano da quasi cinquanta anni, partendo dai luminosi anni della Facoltà di Lettere di Cagliari, dove era cresciuto alla scuola di Alberto Mario Cirese e della sua Clara Gallini.

Ho consultato in questi giorni lo stato matricolare di Servizio elettronico, rilasciatomi dall’Area del settore personale dell’Università: dopo i 15 anni trascorsi alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, si era trasferito il 20 aprile 1988 a Sassari come ricercatore confermato a tempo pieno nel gruppo di discipline n. 30, assegnato all’Istituto di Antichità, Arte e discipline etnodemologiche della Facoltà di Magistero. Supplente di Storia delle religioni ininterrottamente dal 1991 (quasi sempre a titolo gratuito), dal 1992 era passato all’Istituto di studi etnoantropologici della Facoltà di Lettere e Filosofia  e poi dal I gennaio 1999 al nostro Dipartimento di Storia.

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La Brigata Sassari compie cento anni: la vicenda di Graziano Mastino e la battaglia di Monte Zebio ad Asiago (7 luglio 1916). L’amicizia con Emilio Lussu Presentazione del volume del Maggiore Gerardo Severino, a Sassari e a Bosa.

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GERARDO SEVERINO
con la collaborazione di Paolo Mastino

E GRAZIANO ANDÒ ALLA GUERRA !
BREVE STORIA DI UN TENENTE DELLA
“BRIGATA SASSARI”

Delfino Editore Sassari

Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte.

Mentre la nostra mitragliatrice sparava, il bombardamento cessava. Il nemico aveva attaccato nello stesso istante in cui l’artiglieria sospendeva il tiro

Emilio Lussu a Monte Fior il 7 giugno 1916 (Un anno sull’Altipiano)

PRESENTAZIONE

Questo straordinario volume dedicato a Graziano Mastino sotto-tenente della prima “Brigata Sassari”, scritto dal Maggiore Gerardo Severino (direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza) racconta una storia come tante, nell’anniversario della “Grande Guerra” che in questi mesi abbiamo iniziato a ripercorrere: leggendo queste pagine sono rimasto colpito dalla ricchezza della documentazione e dalla capacità dell’autore di indagare, di scoprire verità nascoste, di ricostruire episodi che conoscevamo solo superficialmente e per tradizione familiare.

Rimane forte una gratitudine, un apprezzamento, una riconoscenza perché ora tanti tasselli sparsi si riuniscono restituendoci un mondo che aveva subito un’irreparabile perdita di senso.

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Nicola Tanda, 22 dicembre 1928 – Londra 4 giugno 2016

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Nicola Tanda, 22 dicembre 1928 – Londra 4 giugno 2016

È scomparso ieri a 88 anni di età a Londra, assistito dal figlio Ugo, il nostro maestro e amico Nicola Tanda, presidente onorario della giuria del Premio Ozieri e attivo protagonista di altri importanti Premi letterari in Sardegna, punto di riferimento per tante generazioni di poeti e scrittori sardi. La lunga stagione di Nicola Tanda ha avuto molti successi e molta forza. Sullo sfondo c‘è una scelta non scontata, la progressiva codificazione e circolazione letteraria plurilingue che è alla base anche dell’edizione del Premio Ozieri negli ultimi anni.

Presiedeva il Centro di studi filologici sardi nato nel 1980 e ne ha diretto la collana, che continua a pubblicare (con la casa editrice Cuec) le edizioni critiche delle opere degli scrittori sardi. Il Centro promuove gli studi sulla cultura sarda e sulle lingue impiegate nell’uso scritto in Sardegna in epoca medioevale e moderna. Dirigeva inoltre la collana di letteratura sarda plurilingue “La biblioteca di Babele”, che ha scoperto progressivamente intelligenze nascoste, facendo emergere molti colleghi, allievi, autori non sempre noti. Dal 1997 faceva parte del Consiglio direttivo nazionale dell’Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana.

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Presentazione del volume di Paolo Savona: Dalla fine del laissez-faire alla fine della liberal-democrazia.

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Presentazione del volume di Paolo Savona
Dalla fine del laissez-faire alla fine della liberal-democrazia.
L’attrazione fatale per la giustizia sociale e la molla di una nuova rivoluzione sociale
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Rubettino, 2016
Sassari, martedì 31 maggio 2016

Solo la mia incoscienza può giustificare il fatto che io abbia accettato l’invito di Carlo Delfino e oggi sia seduto qui a questo tavolo a presentare questo difficile e ruvido volume  di Paolo Savona, un vero e proprio manuale per studiosi di economia, dedicato alla formazione dei giovani economisti, che in modo inusuale si muove lungo i secoli, attraversa la storia e si interessa delle radici filosofiche del pensiero politico, partendo da figure che amiamo, come Pericle, Platone, Aristotele ad Atene, Cicerone, Orazio e Marco Aurelio a Roma, Agostino a Ippona, fino ai grandi pensatori dei nostri tempi, tra i quali James McGill Buchanan scomparso negli Stati Uniti appena tre anni fa, Ralf Gustav Dahrendorf in Germania e Robert Nozick a Cambridge, ultimo dei 100 componenti il Pantheon dei liberali più amati dall’autore. Proprio in Inghilterra, nel Nuffield College dell’Università di Oxford del resto questo libro è stato scritto, a breve distanza da quel Christ Church College fondato dal Cardinale Thomas Wolsey sotto Enrico VIII, dove anch’io ho studiato per qualche tempo l’epigrafia romana, frequentando l’annessa cattedrale anglicana e mangiando nella grande sala decorata coi ritratti dei professori, con sulla tavola  i piatti e le posate che ostentano lo stemma cardinalizio cinquecentesco. Un rimpianto lontano per la chiesa di Roma.  Luoghi che amiamo per la dimensione raccolta dei centri di ricerca, degli archivi,  delle biblioteche, perfino dei musei, ma anche per i fiumi e i canali con le  gare di canottaggio, i ponti, i boschi, il verde dei prati, gli edifici gotici e medioevali, soprattutto per il silenzio e il rispetto verso chi è impegnato in una ricerca.

Ma questo lavoro in realtà è iniziato nel silenzio e nella bellezza della natura di San Giovanni di Sinis in Sardegna, per opera di un autore che in un’altra vita ho conosciuto come ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato nel Governo Ciampi, nel 1993, quando rappresentavo la Provincia di Nuoro nel grandissimo tavolo di confronto di Via Veneto, sopra la scalinata monumentale. Tempi lontanissimi e davvero oggi rimpianti, soprattutto per questa capacità del Ministro di ascoltare, di costruire, di affrontare i problemi, fi fare sintesi – lo abbiamo constatato stasera – senza trascurare l’ironia.

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PRESENTAZIONE DEL VOLUME: Atti del XX Convegno Internazionale di studi “L’Africa romana. Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di convegni”

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Roma, 12 maggio 2016 – Istituto Nazionale di Studi Romani, Piazza Cavalieri di Malta, 2
PRESENTAZIONE DEL VOLUME

Atti del XX Convegno Internazionale di studi “L’Africa romana. Momenti di continuità e rottura: bilancio di trent’anni di convegni” (Alghero – Porto Conte Ricerche, 26-29 settembre 2013). A cura di Paola Ruggeri (con la collaborazione di Maria Bastiana Cocco, Alberto Gavini, Edgardo Badaracco, Pierpaolo Longu). Tre volumi. Carocci editore, Roma 2015

PER INIZIATIVA DEL CENTRO DI STUDI INTERDISCIPLINARI SULLE PROVINCE ROMANE DELL’UNIVERSITÀ DI SASSARI E DELL’ISTITUTO NAZIONALE  DI STUDI ROMANI

  • Saluto di Paolo Sommella, Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi Romani
  • Saluto di Marco Milanese, Direttore del Dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione dell’Università di Sassari
  • Introduzione di Attilio Mastino, coordinatore del Dottorato di ricerca in Archeologia dell’Università di Sassari
  • Presentazione di Sergio Ribichini, Scuola Archeologica Italiana di Cartagine
  • Presentazione di Isabel Rodà de Llanza, Universitat Autònoma de Barcelona, Ciències de l’Antiguitat i de l’Edat Mitjana Department
  • Conclusioni di Mario Mazza, Accademia Nazionale dei Lincei
  • Presentazione della Rivista “Cartagine Studi e Ricerche” e della “Collana di Monografie della SAIC” di Antonio M. Corda, Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università degli studi di Cagliari
  • Firma dell’accordo tra l’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle della Tunisia e la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine

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La scomparsa di Pinuccio Sciola (San Sperate, 15 marzo 1942 – Cagliari, 13 maggio 2016)

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La scomparsa di Pinuccio Sciola (San Sperate, 15 marzo 1942 – Cagliari, 13 maggio 2016)

Con grande dolore comunico la scomparsa dell’amico Pinuccio Sciola, ricordandolo con le parole di qualche anno fa, a proposito del libro di Ottavio Olita su San Sperate e poi del romanzo Il futuro sospeso, che racconta la guarigione del protagonista. Per un singolare gioco beffardo del destino, mentre Ottavio esce dall’angoscia della malattia, l’amico di sempre Pinuccio Sciola scopre in parallelo di avere un tumore, racconta sulla stampa la diagnosi e la sentenza dei medici, l’operazione che ha rimosso lo stomaco, la stanchezza estenuante che ora lo tormenta. Ma anche lui riprende a vivere e a sognare, a raccontarsi come a Banari, a Bosa, a Sassari, in tanti altri luoghi, a piedi scalzi, con la voglia di utilizzare al meglio il tempo che ormai gli rimaneva, di coltivare le amicizie vere, di indicare una strada per coloro che sarebbero venuti dopo di lui.

La lunga primavera di San Sperate è iniziata cinquanta anni fa, nel 1968, all’indomani del viaggio di Pinuccio Sciola in Spagna e poi nella Parigi sconvolta dal vento della contestazione del maggio studentesco e poi in Messico, alla ricerca di una dimensione mitica immaginata e desiderata a lungo: col volume su San Sperate curato da Ottavio Olita siamo condotti per mano attraverso le interviste dei tanti protagonisti di allora a riscoprire le ragioni per le quali il paese contadino del Campidano è uscito da un sonno millenario, quando i suoi abitanti tutti all’improvviso si sono appassionati di arte, hanno creduto nella rivoluzione del sorriso, hanno compiuto un percorso culturale che è stato anche un’esperienza collettiva che possiamo riconoscere ormai entrata nella storia della Sardegna. Le immagini in bianco e nero raccontano più delle parole con una profondità di campo che impressiona, fanno rivivere i tempi lontani del grigio paese di fango dall’aspetto spettrale che all’improvviso è diventato candido, ha riscoperto i colori, le figure, le emozioni, ha condiviso la passione, le curiosità, i desideri di un ragazzo come tanti, chiamato a guidare tutta la sua gente, che non è rimasta a guardare ma si è fatta incantare e quasi sedurre, ha vissuto e sofferto quasi una malattia come se fosse vittima di un’epidemia benefica.

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