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II Conferenza regionale per la ricerca e l’innovazione.

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Attilio Mastino, Rettore Università degli Studi di Sassari
II Conferenza regionale per la ricerca e l’innovazione
Cagliari, 13 settembre 2011

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet;
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:

pusilla res mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa se l’umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

Seneca, Questioni naturali, VII,30,5

Porto il cordialissimo saluto dei ricercatori, del personale e degli studenti della Università di Sassari, a questa II Conferenza regionale per la ricerca e la innovazione voluta dall’Assessore Giorgio La Spisa, dopo quella dell’anno scorso. Due giornate che si stanno concentrando intorno al tema delle sfide in atto, alle nuove politiche regionali, al capitale umano, alla formazione dei giovani, all’internazionalizzazione, alla valutazione, alle piattaforme tecnologiche, alla innovazione in Sardegna e nel Mezzogiorno: un evento con contenuti non scontrati, un fatto nuovo, una occasione che testimonia la complessità dei problemi, delle questioni che noi abbiamo di fronte e con le quali giorno per giorno dobbiamo confrontarci.

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El uso politico de la Historia romana (después de Maquiavelo)

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Asuncion, 19 settembre 2011, El Cabildo.
Attilio Mastino, Rettore dell’Università di Sassari
El uso politico de la Historia romana (después de Maquiavelo)

1. La secessione della plebe al Monte Sacro nella lettura di Simón Bolivar

Tito Livio, parlando della secessione della Plebe a Roma sul Monte Sacro 2500 anni fa di fronte alle violenze del patriziato, racconta come Menenio Agrippa fosse riuscito a placare l’ira della Plebe raccontando un apologo col primitivo e rozzo modo di parlare di quell’epoca lontana, prisco illo dicendi et horrido modo: nel tempo in cui nell’uomo le membra non erano tutte in piena armonia, come ora, ma ogni membro aveva una sua facoltà di parlare e di pensare, le altre parti del corpo fecero una congiura contro il ventre, decidendo che le mani non portassero il cibo alla bocca, la bocca non lo ricevesse, i denti non lo masticassero. Ridussero così il corpo intero ad un’estrema consunzione, totum corpus ad extremam tabem venisse: era un modo rozzo ma efficace per indicare che tutte le componenti di una società sono ugualmente necessarie e solidali.

Sono stati recentemente celebrati a Roma i 2500 anni dalla secessione della plebe al Monte Sacro e dalla nascita del potere negativo dei tribuni della plebe, proprio a margine dell’episodio di Menenio Agrippa. Come è noto, ripensando alle radici romane della Res Publica, riflettendo sui rapporto tra Populus e singolo Civis, due concetti riletti durante la rivoluzione francese dai giacobini, in particolare da Robespierre sulle tracce di Rousseau, il 15 agosto 1805 a Roma sul Monte Sacro Simón Bolivar pronunciò un solenne giuramento che rinnovava l’impegno dei rivoluzionari per la libertà della grande patria iberoamericana. Nella lettera di Simón Bolivar a Simón Rodríguez del 19 gennaio 1824 il Libertador  parlava di un juramento profético pronunciato in quella <>.

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Tata Carboni, A piedi scalzi.

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Tata Carboni, A piedi scalzi

di Attilio Mastino

A piedi scalzi non è semplicemente un romanzo singolare, ma è molto di più, un lungo saggio – scritto in parte in italiano ed in parte in sardo – che tenta di ricostruire nei particolari più minuti, con grande tenerezza, la vita di tutti i giorni, i rapporti all’interno di una famiglia poverissima, che vive nel quartiere medievale di Bosa, a “Sa Costa”, negli anni a cavallo dell’ultima guerra.

Un’opera come questa è l’espressione di quattro generazioni successive, di quattro donne forti, che hanno saputo trasmettere l’una all’altra valori e sentimenti: la nonna Veronica, la madre Peppina e la piccola Tetta “masciu”, protagonista quest’ultima di una storia straordinaria e commovente, piena di sorprese e di colpi di scena; ma anche Tata Carboni, ultima discendente di questa famiglia ed autrice alla sua opera prima: attraverso i ricordi della madre, ha saputo raccontare in modo impareggiabile e con delicatezza la fatica delle donne, il lavoro dei conciatori, la mietitura, i momenti di festa, i giochi infantili, i canti, la devozione popolare, la povertà, l’emigrazione, il dramma della fame e della guerra.

Ne scaturisce un affresco a tutto campo, che va ben oltre le tradizionali immagini patinate della valle del Temo: il paesaggio amato, il fiume, il castello, la marina rimangono sullo sfondo di una storia talvolta anche molto ruvida, che racconta l’infanzia difficile e l’educazione di una bambina che vive in un mondo ristretto ed arretrato, ma non infelice. Una storia inusuale, sul filo dei ricordi più struggenti, attraverso una prospettiva inattesa, che ci porta all’interno di una comunità mite ed indifesa, vista con gli occhi scanzonati di una bambina di otto anni, erede di una saggezza antica; ambientata in una città in cui le divisioni sociali erano cristallizzate da secoli e testimoniate anche dalla topografia urbana. E poi questo rapporto singolare con la nonna Veronica, una donna rude e forte, ma che si scopre generosa, fino al sacrificio di sé: la sua morte segna per la protagonista il passaggio dall’infanzia all’età adulta, in un momento in cui anche la città, chiusa da sempre su sé stessa, con i suoi miti e con le sue tradizioni, si apre ad un mondo nuovo, verso orizzonti più sereni.

Salvatore Sechi, La stazione dei sogni.

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Salvatore Sechi, La stazione dei sogni

di Attilio Mastino

Ho letto tutto d’un fiato La stazione dei sogni di Salvatore Sechi, in una sera di pioggia a Bosa, senza riuscire a staccarmi da quelle pagine.

Mi è sembrato di trovare la chiave di tutta la storia in quel sogno terribile che conduce il protagonista tra le tombe di un cimitero, tra le croci seminate entro un bosco di betulle sferzate dalla pioggia ed illuminate dai fulmini, entro una foresta inquietante e silenziosa, bagnata dalle lacrime senza tempo.

Quasi atterrito, alla fine della storia, Dario scopre che per assurdo una forza ineluttabile lo ha condotto a ripercorrere gli stessi sentieri percorsi dal fratello Bachis, un gigante buono che calzava stivali lucidi, scomparso quaranta anni prima in guerra, ma accolto dall’ospitalità caritatevole dei monaci, divenuto per tutti un esempio di umanità e di fede.

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Saluto di Attilio Mastino, Rettore dell’Università di Sassari.

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Saluto di Attilio Mastino,

Rettore dell’Università di Sassari.

Mentre scrivo questa nota per presentare gli Atti del Convegno “Stintino tra terra e mare”, svoltosi l’anno scorso, sollecitato dall’amichevole insistenza dell’amico Salvatore Rubino, contemporaneamente rileggo per l’ennesima volta il testo del nuovo statuto dell’Università di Sassari, che tra breve sarà sottoposto all’approvazione definitiva del Senato Accademico, con tante speranze e  tante emozioni: il nostro Ateneo dichiara che intende promuovere il libero confronto delle idee e la diffusione dei risultati scientifici anche allo scopo di contribuire al progresso culturale, civile, sociale ed economico della Sardegna, favorendo lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente, inteso come sistema di risorse naturali, sociali ed economiche. L’Ateneo ritiene che la conoscenza sia un bene comune e favorisce  la più ampia diffusione delle informazioni e delle pubblicazioni. Partecipa alla definizione delle politiche pubbliche e delle scelte fondamentali relative allo sviluppo territoriale e agisce in accordo con gli operatori economici, il mondo produttivo, gli ordini professionali, i sindacati e le altre espressioni del mondo della cooperazione, del volontariato e del terzo settore.

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Mario Scampuddu

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Presentazione

Ho conosciuto il dott. Mario Scampuddu come attivissimo sindaco di Luogosanto, impegnato nella ricerca delle origini medioevali di un paese straordinario, collocato sulle pittoresche alture granitiche della Gallura verso le quali la Madonna avrebbe indirizzato i primi francescani giunti in Sardegna dalla Terra Santa già nel XIII secolo. Ho potuto ammirare il suo dinamismo, la voglia forte di cambiare  e di costruire, il senso profondo di una ospitalità e di una generosità senza pari.

Non lo conoscevo come studioso e debbo dire di esser rimasto sbalordito per questa ricerca sull’albero genealogico della famiglia Iscampuddu-Casarachu, condotta in tanti archivi con l’impegno di un ricercatore vero e con la curiosità di un detective arguto e interessato, che non si ferma di fronte alle difficoltà, che supera gli ostacoli, che osserva le traccie lasciate da antenati lontani, che ora scopriamo di avere in comune. Scorrono in queste pagine personaggi del passato che affiorano attraverso documenti scritti in catalano o in castigliano, ma anche in latino, in logudorese, in italiano: la vita degli stazzi, San Lorenzo presso le sorgenti di Tempio, la pianura di Padulo, con Li Littareddi e Lu Calabresu.

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Giovanna Rabitti: introduzione.

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Giovanna Rabitti

Introduzione

L’intento di chi ha promosso questo volume di studi è innanzi tutto quello di coltivare e onorare il ricordo di Giovanna Rabitti, che è stata docente alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere della nostra Università fino alla sua prematura scomparsa nel 2008. La ricordiamo oggi con rimpianto e con affetto, pensando al suo straordinario contributo nei primi anni di una Facoltà in formazione, alla sua personalità intellettuale,  alle sue curiosità ed alle sue passioni; e insieme alla sua rigorosa ed originale produzione scientifica  centrata principalmente ma non esclusivamente  sulla poesia lirica e altri generi del secolo  XVI.

A nome dell’Università di Sassari desidero ringraziare tutti coloro che hanno voluto  questo volume e gli autori dei contributi, gli amici e le amiche, i colleghi e le colleghe appartenenti a varie Università (da quelle che sono state le sue, Sassari e Firenze, fino a quelle di Padova e di Roma), quasi tutti operanti nell’area dell’italianistica.

Il “criterio” secondo il quale si articola il volume è la fedeltà agli ambiti e agli argomenti di ricerca di Giovanna. Ciascuno e ciascuna ha preso spunto infatti dalla bibliografia dei suoi studi e ha scelto e approfondito uno dei suoi autori, generi letterari e temi prediletti. Il montaggio ha rispettato l’ordine cronologico degli argomenti.

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Francesca Amalia Grimaldi a Sassari

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Francesca Amalia Grimaldi a Sassari

Presentare la produzione di Francesca Amalia Grimaldi, affettuosamente sollecitato dall’Assessore comunale alla cultura Dolores Lai, significa per me riflettere sull’originale percorso di un’artista che  incanta, capace di commuovere e di coinvolgere; significa farsi trascinare dolcemente in un mondo colorato di nostalgie, di rimpianti, di melanconie, ma anche di sogni nuovi.

C’è un prima e c’è un dopo nell’esperienza artistica ed umana dell’artista, che prepotentemente si manifesta in questa mostra che presenta innanzi tutto i lavori a carattere prettamente figurativo, realizzati con tecniche miste, pastelli a olio e acquarelli, acquarelli e tempere. Ci sono le marine, le abbaglianti dune di sabbia macchiate dal verde dei cespugli e dal rosso dei fiori dell’armenia pungens, dai ginepri piegati dal vento, soprattutto dalle ombre lunghe che annunciano la sera. Animate dalle barche sfondate, quasi nascoste nella sabbia, dai casotti cadenti, dalle baracche solitarie, dalle vele; con la schiuma del mare, un mare che spesso si confonde con la spiaggia, come durante un temporale, con un cielo talora plumbeo oscurato da tante ombre minacciose, dalle nubi che cadono fino a sfiorare la terra, e che però è attraversato da una luce sfolgorante.  Ci sono i luoghi che amiamo, tra Alghero, Fertilia, Maria Pia, le coste di Capo Marrargiu, Porto Ferro, Rena Majore ad Aglientu con i suoi stranissimi alberi colorati; ci sono sullo sfondo i monti, e all’interno della Sardegna il lago di Gusana, le querce secolari dell’antica Sorabile a Fonni, i colori dell’autunno che macchiano e rendono rossastri gli alberi, che caratterizzano in modo inconsueto anche il terreno di una campagna senza figure umane, solitaria e remota, ma anche desiderata e rimpianta.

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Artisti e Letterati: Gianni Fois.

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ARTISTI E LETTERATI

Gianni Fois

di Attilio Mastino

Gianni Fois, nato a Bosa il 6 marzo 1943, ha vissuto da sempre nel centro storico di Bosa, nel cuore del borgo medievale, dove più sentite e più gelosamente custodite sono le antiche consuetudini cittadine.

Il suo orizzonte è quello che va dal mare di Capo Marrargiu alla torre di Columbargia, dalla valle del Temo alle verdi colline di Nigolosu: qui ha costruito il suo rifugio, la sua casa solitaria, la sua finestra sul golfo di Bosa, al centro della campagna curata con passione per tutti i mesi dell’anno. La vigna di Santa Lughìa è un po’ il luogo mitico nel quale ha trascorso la sua fanciullezza, dove ancora ritorna periodicamente per ritrovare se stesso, per tornare indietro nel tempo, per ricaricarsi e superare le difficoltà, con un atteggiamento positivo ed aperto verso la vita.

Dagli studi classici gli deriva la passione per la ricerca e per il recupero delle tradizioni popolari locali, delle quali spesso è diventato animatore fedele ed appassionato.

Incline per natura al contatto con la gente, facilitato in questo anche dal suo lavoro di funzionario comunale, ha trovato nell’incontro con gli anziani la fonte di tante notizie e di tante informazioni, che rischiavano di andare perdute per sempre. Da questi interessi e da questo instancabile rapporto con la sua città è scaturito il volume Nostra Signora di Regnos Altos. Fede, storia, leggenda, che entrerà sicuramente in tutte le case di Bosa perché la devozione per la Madonna è patrimonio comune di ogni bosano: del resto il castello dei Malaspina con la vetusta chiesa di Regnos Altos fa parte integrante della storia ed anche della vita quotidiana di questa antica città fluviale.