Presentazione della mostra di Antonio Ledda “Fuori dalla rotta dei Gabbiani”
Bosa, 9 agosto 2014
Cari amici,
mi sentivo in dovere di presentare assieme a Paolo Sirena questa Mostra di Antonio Ledda “Fuori dalla rotta dei gabbiani”, che si tiene a Bosa, dentro la casa dove sono nato: un po’ per l’amicizia, un po’ – lo confesso – per il dono inatteso che ho ricevuto, una figuredda, un cavalluccio di legno smaltato in verde; soprattutto per le emozioni che queste opere suscitano nel visitatore abituato ad un’arte sarda spesso ripetitiva, troppo rispettosa di canoni consolidati, poco originale. Infine anche perché mi sentivo in colpa per aver bruciato la presentazione di due mesi fa al Museo del territorio di Sa Corona Arrubia a Collinas in Marmilla, visto che per un equivoco ero andato a finire a Samugheo e me ne ero rientrato con le pive nel sacco a Sassari.
Il tema del rapporto tra i modelli e l’artista è il tema centrale di questa mostra, dove non mancano i richiami al fondatore del movimento spazialista Lucio Fontana, pittore, ceramista, scultore, scomparso oltre 40 anni fa. Ma sono evidenti i debiti contratti verso tanti altri artisti, sardi, italiani, internazionali, che restano sempre sullo sfondo, perché Antonio Ledda esprime con strumenti non convenzionali un mondo unico e originale che riemerge dall’interno della sua esperienza, che si è sviluppata attraverso gli studi fatti, i viaggi compiuti, i monumenti visitati, la società che ha conosciuto, le sue sperimentazioni poco convenzionali e molto eterodosse. Anche quando raffigura frettolosamente in acrilico, magari sulle lampade in ceramica, le figure umane (che pure spesso sono assenti dalle sue opere), c’è forse oltre che il riemergere di un ricordo personale profondo, inconsapevolmente anche la pressione della memoria dell’arte classica rivissuta in modo vitale partendo dalla processione di personaggi raffigurati sull’ara pacis augustea a Roma oppure dalla teoria di imperatori e santi sui mosaici bizantini di San Vitale o Sant’Apollinare nuovo Ravenna.