La scomparsa di Leonardo Sole

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Scritto da Administrator | 03 Aprile 2014

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La scomparsa di Leonardo Sole
Sassari, 25 febbraio 2014

Ho ricordato ieri mattina Leonardo Sole in Consiglio di Amministrazione dell’Università, partendo dalla sua straordinaria biografia pubblicata sulla Rivista della ex Facoltà di Lingue e letterature straniere, soprattutto ricordando i tanti momenti vissuti insieme in Facoltà, le sue passioni, il legame indissolubile che lo univa a Mondina e ai ragazzi, con Stefano sempre presente. Era nato a Sassari l’11 luglio 1934. Professore di Linguistica generale presso la Facoltà di Magistero, poi di Lettere Filosofia infine di Lingue all’Università di Sassari, in pensione dal  I novembre 2004, si è distinto come linguista e semiologo, drammaturgo, critico teatrale, poeta della Sardegna.

Per molti anni, è stato attivo sul piano internazionale, fin dalla sua fondazione membro del Bureau européen pour les langues moins répandues e presidente del Comitato nazionale federativo minoranze linguistiche d'Italia.

Specialista dei problemi linguistici delle minoranze, ha pubblicato molti e significativi studi sull'argomento, per quanto io non condividessi con lui l’analisi troppo severa del ritmo inarrestabile di impoverimento della lingua sarda che immaginava destinata a scomparire entro pochi decenni tra le giovani generazioni. Era il suo modo per suscitare preoccupazioni sulle quali far leva per un impegno politico progressista più serrato degli intellettuali sardi sul tema della lingua e dell’identità della Sardegna.

Come linguista ha dato una risposta considerata risolutiva all'annoso problema delle origini del sassarese, per lui formatosi come pidgin a Porto Torres intorno al secolo XI ed evolutosi come lingua creola.

Come specialista dell’analisi del testo e semiologo ha scritto molto sul teatro (oltre le migliaia di articoli pubblicati sulla Nuova Sardegna in qualità di critico teatrale per circa quarant’anni) e dedicato numerosi saggi ai rapporti tra oralità e scrittura, al linguaggio iconico negli scrittori sardi, alla semiotica del teatro e della danza sarda, ai gerghi sardi, ai modelli semiotici della cultura sarda, ai poeti in lingua sarda. Ha analizzato sotto questo aspetto, rivolto alla individuazione delle matrici semiotiche e antropologiche, ai modelli linguistici di base e alle modalità di scrittura, tutti i maggiori scrittori sardi, dalla Deledda a Salvatore Satta agli autori più recenti.

Per quanto riguarda Grazia Deledda, ha messo in luce un aspetto fondamentale trascurato o misconosciuto dalla grande critica, vale a dire il fatto che la Deledda non solo utilizza i modelli ritmici riferibili alla lingua sarda, ma che il ritmo (che tende in lei a formalizzarsi in sequenze di settenari-ottonari ed endecasillabi) costituisce una struttura portante della sua scrittura. Dalle minuziose analisi testuali risulta inoltre che la Deledda utilizza come connotatori essenziali il sistema dei colori, che assume la funzione di un codice vero e proprio, ora sovrapponibile alla parola, ora alternativo.

Ha svolto numerose ricerche interdisciplinari sul campo, soprattutto in Barbagia, in collaborazione con la Discoteca di Stato, con l'Istituto Superiore Regionale Etnografico e con illustri studiosi: coi musicologi Diego Carpitella e Pietro Sassu ha pubblicato tre dischi di Musica sarda. Canti e danze tradizionali, accompagnati da un saggio di analisi semiotiche.

Come critico teatrale e drammaturgo si è impegnato in un lungo lavoro di ricerca e di analisi dei modi tradizionali del comunicare, visti anche in relazione ai contesti attuali della comunicazione sociale e in funzione di nuove forme di comunicazione teatrale.

Scriveva in italiano e in sardo, badando però a valorizzare anche i sistemi segnici non verbali della cultura sarda, compresi quelli “naturali” e del paesaggio.

Le sue opere sarde danno un contributo «di grande rilievo alla formazione di un teatro sardo» e possono fornire un'ottima base di partenza per avviare un processo di unificazione della lingua sarda.

Per George Bossong  <<Leonardo Sole utilise dans ses drames une forme de langage dans laquelle les locuteurs des variantes le plus diverses peuvent se reconnaitre e qui pourrai servir de modèle pour l'elaboration d'une koiné interdialectale, indispensable à l'avenir ... Quoiqu'il soit, il est indéniable que la langue sarde s'est enrichie, avec Leonardo Sole, d'un auteur dramatique d'une envergure toute autre que provinciale>>.

Sue poesie sono state inserite in numerose antologie e riviste, anche internazionali. Ha pubblicato molti  volumi di versi (tra i quali Katabasis; Licheni rossiCuvânt ce tremură).

Tra le opere teatrali, quasi tutte ripetutamente messe in scena, Pedru Zara (Sassari, 1978), storia di un emigrato che rappresenta in termini drammatici la perdita di identità dei sardi, messo in scena in Sardegna ein Corsica; Funtanaruja, messo in scena nel 1979 in Sardegna e nella penisola dal Teatro di Sardegna; la sacra rappresentazione Il pianto della Madonna, più volte messa in scena in Duomo a Sassari, nonché in diverse piazze e puntate televisive curate da Rai3. Per la Rai ha anche scritto un racconto sceneggiato in dieci puntate, andato in onda nel 1988 e nel 1992: Leonardo Alagon. Il mito drammatico La casa del bosco (1988), che si ispira alla vita di Antonia Mesina, vittima di una assurda violenza e poi beatificata, ha partecipato con successo al festival di Sant’Arcangelo del 1989.

Nelle sue opere teatrali si usano, separatamente o in un contesto plurilingue sperimentale, l’italiano, il sardo, il sassarese e i sistemi segnici non verbali tipici della Sardegna, compresi quelli “naturali”.

Nel 1990 è andata in scena Nur, frutto di un'altra ricerca sui miti sardi, e nel 1992 l'atto unico La panchina, come saggio finale del seminario universitario di semiotica del teatro. Il dramma plurilingue Itaca!Itaca!, scritto in collaborazione con Jacques Thiers e Franco Scaldati, ha coinvolto in un unico progetto le due università di Sassari e di Corsica e tre gruppi teatrali: Teatro Sassari, 'U Teatrinu (Corsica) e Femmine dell'ombra (Palermo). Prima rappresentazione ad Ajaccio, nel quadro delle manifestazioni scientifiche dei Jardins de la connaissance, e in numerose altre piazze. Nel quadro del progetto “Odissea” tra le due università è stato prodotto nel 1998 Il Ciclope, di Jacques Thiers e Leonardo Sole.

Per volontà di Giovanni Palmieri e poi di Alessandro Maida mi aveva coinvolto nel progetto del Tearcus, il Centro di servizi per le attività teatrali e artistiche in genere dell'Università di Sassari, che è culminato con la rappresentazione nel 1998 dello spettacolo Mascaras, saggio finale del laboratorio teatrale.  Ma allora veramente erano emersi progetti più vasti, che alcuni ingenerosamente consideravano velleitari.

Tra le opere principali di Leonardo Sole voglio ora ricordare:  Lingua e cultura in Sardegna. La situazione sociolinguistica, Unicopli, Milano 1988;  Sassari e la sua lingua, Stamperia Artistica, Sassari 1999; “Verso lo standard. Il problema della scrittura”, in Scrivere il sardo. Problemi di grafia della lingua regionale, Atti del convegno in onore di Michelangelo Pira (Quartu Sant’Elena, 24/25 ottobre 1998), Tema, Cagliari 1999; “Identità in progress. Linguaggio e realtà nella società complessa”, in Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Sassari , a cura di Giuseppe Contu, Sassari 2000; Il sassarese. Come nasce, come si scrive, Lisena editrice, Sassari 2003;  “La forza delle radici nella scrittura bifronte di Antonio Simon Mossa ”, in Antonio Simon Mossa, Dall’utopia al progetto, a cura di Federico Francioni e Giampiero Marras, Condaghes, Sassari 2004; “ Il teatro della parola in Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu ”, in Emilio Lussu trent’anni dopo, Alfa Editrice, Cagliari 2006.

Per mio tramite, l’Università di Sassari aderisce all’idea della nascita di una “Fondazione Leonardo Sole” proposta oggi da Mondina, nell’emozione di una perdita irrevocabile e nel dolore di un’assenza che tutti avvertiamo.

Ultimo aggiornamento Giovedì 03 Aprile 2014 23:28

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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