Africa ipsa parens illa Sardiniae: Sabatino Moscati tra Cartagine e Sulki: Incontro su “Sabatino Moscati e la via del sole”, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Sala della Fortuna, 14 ottobre 2023
È davvero un onore grande per me intervenire a nome della Scuola Archeologica italiana di Cartagine, a questo incontro nel quale saranno premiati tra gli altri Emmanuel Anati direttore del Centro Camuno di studi preistorici, Daniele Malfitana direttore della Scuola di specializzazione in Beni Archeologici di Catania, Giuseppe Centomani, già direttore del Centro di Giustizia Minorile della Regione Campania, Eva Degl’Innocenti, direttrice del Polo Museale di Bologna (già allieva di Marco Milanese ad Uchi Maius).
Voglio ringraziare il Presidente di Archeoclub Italia Rosario Santanastasio, la Vice Fortunata Flora Rizzo, il Presidente onorario della SAIC Piero Bartoloni, il socio Federico Mazza, Giuseppe M. Della Fina, i molti rappresentanti della Famiglia Moscati.
- Cicerone e la “natio” dei Sardi arrivati dall’Africa
Mi è sempre stato caro il breve ma fulminante articolo di Sabatino Moscati (Roma, 24 novembre 1922 – Roma, 8 settembre 1997) su Africa ipsa parens illa Sardinia, pubblicato sulla “Rivista di Filologia e di istruzione classica” nel lontano 1967 (pp. 385-388), che ricalca l’espressione del “tardo” e “parziale” Cicerone (gli aggettivi sono dell’autore) dall’orazione in difesa di M.Emilio Scauro (Mastino 2015, pp. 141-181; 2021, pp. 113-139): a proposito della penetrazione di genti africane in Sardegna, dell’artigianato artistico, delle caratteristiche dello sfruttamento agricolo da parte dei Cartaginesi (penso alle più recenti posizioni di Peter Van Dommelen, 2019). Per Moscati «la Sardegna sembra esser stata considerata dai Cartaginesi piuttosto una parte integrante dello “Stato”, sia pure con organizzazione particolare e autonoma, che come semplice colonia». Come è noto l’orazione ciceroniana è influenzata dalla polemica giudiziaria, perché fu pronunciata per difendere un governatore disonesto, appartenente al partito senatorio. La testimonianza dei centoventi testimoni di accusa, tutti di origine sarda, non poteva essere accolta, perché dettata dall’avidità per i premi promessi da un console filo-popolare. Del resto l’oratore sosteneva che la “nazione” alla quale appartenevano i testimoni appariva così superficiale e vacua che tra i Sardi non c’era nessuno capace di distinguere la schiavitù dalla libertà se non per il fatto di poter mentire impunemente, per poter accusare un governatore ostile ai populares tanto amati in Sardegna: postremo ipsa natio, cuius tanta vanitas est ut libertatem a servitute nulla re nisi mentiendi licentia distinguendum putent (17,38). I testimoni sardi vestiti di pelli di capra usavano una loro unica lingua, perseguivano un loro unico scopo nascosto, non già espressione del risentimento per un abuso subito ma di simulazione, sotto l’impulso delle ricompense promesse, non delle offese effettivamente ricevute da Scauro: l’uccisione di Bostare di Nora, la violenza e l’impiccagione della moglie di Arine durante la festa dei Parentalia ancora a Nora, la riscossione di tre decime: nunc est una vox, una mens non expressa dolore sed simulata, neque huius iniuriis, sed promissis aliorum et praemiis excitata (18, 41). E qui vox potrebbe davvero assumere il significato di lingua di un popolo barbaro e riferirsi, più che alla lingua cananea dei Cartaginesi di Nora, al protosardo degli eredi dei nuragici, la lingua perduta che ha preceduto il latino, un suono indistinto, un rumore, un frastuono fatto di parole incomprensibili, ma comunque accusatorie nei confronti di Scauro, dette per il tramite di un interprete. L’accusa principale riguardava del resto i Sardi delle campagne, i Sardi Pelliti (quelli che più tardi verranno sinteticamente definiti la rustica plebs della Sardegna), in relazione alla riscossione di una terza decima sui prodotti dei campi; le altre accuse – per Cicerone meno gravi – che riguardavano fatti avvenuti a Nora, antica colonia fenicia, non sembrano richiedere l’uso della lingua cananea da parte dei testimoni che secondo l’Arpinate erano poco credibili e vestiti con la mastruca, arrivati con le ipotetiche deportazioni di popoli africani in Sardegna da parte dei Cartaginesi. Cicerone si poneva il problema e si chiedeva come fosse possibile credere ad un gruppo di testimoni sardi, in quanto hanno tutti lo stesso colorito olivastro, parlano tutti una stessa lingua incomprensibile, tutti senza eccezione appartengono alla stessa nazione (sin unus color, una vox, una natio est omnium testium ?) (9,19). Discendenti dai Cartaginesi, mescolati con sangue africano, relegati nell’isola, i Sardi secondo Cicerone presentavano tutti i difetti dei Punici, erano dunque bugiardi e traditori, gran parte di essi non rispettavano la parola data, odiavano l’alleanza con i Romani, tanto che in Sardegna non c’erano alla metà del I secolo a.C. città amiche del popolo romano o libere, mentre i Sardi erano sottoposti al pagamento dell’umiliante stipendium col quale si pagavano le truppe di occupazione. L’espressione natio è utilizzata pochi anni dopo (nel 37 a.C.) anche da Varrone, a proposito dei Sardi Pelliti della Barbaria sarda alleati di Hampsicora durante la guerra annibalica e per questo avvicinati ai Getuli africani: quaedam nationes harum (caprarum) pellibus sunt vestitae, ut in Gaetulia et in Sardinia (Varrone, De re r. II, 11, 11). Per restare agli immigrati dall’Africa, sappiamo dell’esistenza di un popolo misto, i Sardolibici isolani, che secondo gli Ioni di Lesbo fin dal V secolo a.C. in viaggio non portavano con sé altra suppellettile che una tazza per bere il vino e una spada, kulix e machaira, evidentemente ispirati da Dioniso (FgrHist. 90 F 103r; 4 F 67; Nic. Dam. Frg. 137 Müller; Mastino 2016, p. 41).
Merito del nostro Maestro è quello di aver valorizzato la singolare espressione ciceroniana (45, 1) Africa ipsa parens illa Sardiniae, tanto fortunata da essere più di recente adottata per il volume di Paola Ruggeri (1999), per indicare un filone che ha potuto svilupparsi con i primi convegni de “L’Africa Romana” iniziati nel 1983, inizialmente centrati sul tema delle “relazioni” mediterrannee. In altri passi Cicerone utilizza come sinonimi gli aggettivi ‘africano’ e ‘sardo’: Etenim testis non modo.Afer aut Sardus sane, si ita se isti malunt nominari… (15);.Agmen tu mihi inducas Sardorum et catervas et me non in criminibus urgere, sed Afrorum fremitit terrere conere… (17). <<In fine, il giudizio sulle origini e i modi della frammistione afro-sarda risulta estesamente da un passo ulteriore: Fallacissimum genus esse Phoenicum omnia monumenta vetustatis atque omnes historiae nobis prodideruntt. Ab his orti Poeni multis Carthaginiensium rebellionibuss, multis violatis fractisque foederibits nihil se degenerasse docuerunt. A Poenis admixto Afrorum genere Sardi non deducti in Sardiniam atque ibi constituti, sed amandati et repudiati coloni (42)>>.
Da qui il parere di Moscati: <<Questi giudizi, per essere espressi da una fonte non storica, tarda ed evidentemente parziale, sono stati finora generalmente trascurati; e ciò tanto più in quanto essi apparivano una semplificazione ed un’alterazione evidente delle conoscenze affermate sulla presenza fenicia e punica in Sardegna. Ora, che la fonte non sia storica, che sia posteriore nel tempo rispetto alla penetrazione punica in Sardegna e che rifletta chiari intenti polemici, nessuno vorrà negare: ma il problema resta se la realtà da essa riflessa debba ritenersi sostanzialmente alterata, ovvero se, alla luce degli ultimi ritrovamenti e degli studi più recenti, la fondatezza delle affermazioni ciceroniane possa in qualche modo rivalutarsi>>. Moscati precisava che <<due sono le componenti del giudizio di Cicerone per quanto concerne l’isola, se si prescinde dalle formulazioni polemiche: l’ampia penetrazione in essa di genti africane e il carattere coatto e punitivo della colonizzazione, o meglio della deportazione>>.
Seguiva un accurato approfondimento del tema che qui non ci è possibile seguire: <<le scoperte degli ultimi tempi saldano la catena di una penetrazione che si estendeva a tutte le coste ed alla massima parte dell’interno; quanto alle poche zone non direttamente occupate, esse dovevano esser tenute sotto controllo a mezzo sia di piazzeforti opportunamente dislocate nei punti nevralgici sia di intensi scambi commerciali>>. La conclusione è davvero interessante per il ruolo svolto dalla Sardegna nell’impero cartaginese: <<Per la sua eccezionale condizione strategica, alla confluenza ed all’incrocio delle rotte marittime, sembra ormai chiaro che i Cartaginesi ne facessero una vera e propria piazzaforte nel centro del Mediterraneo, precedendovi i Greci ed impedendo loro ogni durevole conquista. Perciò, mentre altrove si limitarono ad attestarsi nelle zone costiere e sub-costiere, qui penetrarono a fondo nell’interno; mentre altrove cercarono soprattutto un controllo degli empori commerciali (succedendo in essi ai Fenici ed alla loro politica), qui esercitarono un’opera intensa di immissione e di sovrapposizione di genti africane, sicché le espressioni della Pro Scauro appaiono sostanzialmente giustificate>>.
Si arriva a dimostrare l’esistenza di una <<politica di penetrazione etnica, attraverso il trapianto in massa di popolazioni, che dovette accompagnarsi al suddetto controllo. Quanto poi al fatto che la Sardegna servisse allora, come più volte in seguito, da luogo di confino e di deportazione, esso può aggiungere una precisazione ed una determinazione ulteriore al fenomeno, senza alterarne la fondamentale sostanza. La ricorrente associazione della Sardegna alla Libia, soprattutto nel caso del secondo trattato con Roma, mostra non solo (in senso negativo) una sostanziale differenza di condizione tra questa e le altre colonie puniche, ma anche (in senso positivo) una più o meno conscia impostazione politica che richiama singolarmente, e pur con tutte le riserve che occorrono in simili paragoni, qualche situazione di epoca a noi ben più vicina>>, e torna l’osservazione sul fatto che l’isola (come l’Iberia) sembrano far parte integrante dell’impero cartaginese nella madrepatria africana.
- La Sardegna: l’artigianato popolare delle stele a specchio (I secolo a.C.).
Ho avuto modo di discutere il tema delle nuove scoperte di stele a specchio avvenuto a Viddalba con l’ultimo Sabatino Moscati e di confrontarmi con lui sul tema dell’artigianato popolare della “Scuola” del Sassarese (ricerca poi pubblicata in Mastino, Pitzalis, 2003): lo studioso nel volume su Le stele a “specchio”: artigianato popolare nel Sassarese (Moscati et alii 1992; vd. Moscati 1991 pp. 145-147; 1992, pp. 107-109; Moscati e Uberti 1984-85, pp. 37-55 e 1991) ha avuto il merito trenta anni fa di individuare, all’internodel quadro regionale, la specificità del Sassarese, che rappresenta effettivamenteun caso a sé stante. A parte i ritrovamenti di Alghero, un universo autonomo è rappresentato dai monumenti sepolcrali di Ossi, Sorso, Sennori, Castelsardo, Tergu, Valledoria, Viddalba, dunque sulle due rive del Coghinas. In quest’area sono state raccolte oltre cento stele, oggetto di un’accurata catalogazione (a firma di Fulvia Lo Schiavo, Giuseppe Pitzalis e Maria Luisa Uberti). Andrebbe decisamente superata l’interpretazione di chi considera tali gruppi di stele come semplici «sopravvivenze di una tradizione punica in età romana: sopravvivenze più o meno illanguidite e variamente alterate, di carattere tipicamente popolaresco», oppure in alternativa come «reviviscenze, sulla base di nuovi apporti etnici e culturali dall’Africa» di motivi più antichi; in particolare Sabatino Moscati tende a correggere sia chi parla di persistenze puniche come Gianni Tore (1985, pp. 135-146) sia chi invece preferisce parlare di «fenomeni di rivitalizzazione, derivanti da apporti di elementi punici nord-africani», come Sandro Filippo Bondì, per il quale proprio il rilievo lapideo isolano potrebbe testimoniare l’arrivo di nuovi e non trascurabili apporti etnici dall’area nordafricana (1988, p. 210; 1990, pp. 457-464): la «fioritura» di questa particolare categoria di stele rivelerebbe l’opera di artigiani «certo a conoscenza delle realizzazioni puniche, ma portati a rielaborarne il repertorio secondo moduli propri, ben lontani stilisticamente da quelli dei prototipi», temi che tornano nel volume Tra Cartaginesi e Romani. Artigianato in Sardegna dal IV secolo a.C. al II d.C. (Moscati 1992).
Del resto la sintesi di Sabatino Moscati obbliga ad un rigoroso riesame critico di tutte queste posizioni, che forse possono essere articolate su base geografica, con una precisa differenziazione tra Romania e Barbaria: per Moscati il gruppo di stele del Sassarese avrebbe una sua distinzione ed una sua autonomia, che andrebbe messa in rapporto in particolare con una «precisa e caratteristica iconografia, cioè il motivo a “specchio”», che non andrebbe collegato «con la tradizione punica delle stele votive», ma che potrebbe effettivamente richiamare motivi africani, all’interno di un quadro di piena romanizzazione; ragioni tipologiche, iconografiche e stilistiche portano Sabatino Moscati a respingere decisamente qualunque influenza punica, anche in relazione alla funzione votiva delle stele puniche e funeraria delle stele sarde, come testimoniano proprio le iscrizioni; del resto che le immagini rappresentino effettivamente il defunto è dimostrato dalla scelta iconografica di rendere soltanto il viso di uno o due personaggi, raramente le figure complete, che rappresentano vere e proprie eccezioni; lo schema architettonico, il motivo vegetale stilizzato, la tipologia «a bulbo» di alcune figure, richiamerebbero le edicole funerarie romane, con un carattere popolaresco frutto di una precisa scelta stilistica talora di qualità di un gruppo di artigiani che apparterrebbero appunto alla «scuola» del Sassarese. Se l’eredità punica dovesse essere effettivamente considerata remota (anche se in realtà potremmo proporre confronti sicuramente pertinenti), l’elemento più innovativo del discorso di Sabatino Moscati sembra rappresentato dal richiamo alla «circolazione dei modelli e degli artigiani nell’area mediterranea» e soprattutto alle suggestioni africane nella Sardegna romana. Anche Piero Bartoloni ritiene significativo il relativo isolamento delle testimonianze di Viddalba nel quadro sardo, tanto che potrebbe pensarsi ad una presenza specifica di popolazione africana, magari in relazione all’attività di un reparto militare ausilario (viva voce): insomma siamo oltre quello che lo stesso Moscati ha definito “il tramonto di Cartagine”, in relazione alle nuove scoperte in Sardegna e nell’area mediterranea (Moscati 1994; vd. Moscati 1992; importante la sua comunicazione «Da Santa Gilla a Viddalba. Il tramonto della civiltà punica in Sardegna», intervento letto da S.F. Bondì nel 1990 a Cagliari al VIII Convegno de L’Africa Romana ma poi non pubblicato come tale: Atti, p. 11). Le ultime scoperte a Viddalba hanno confermato su tutta la linea questa impostazione, per la presenza di un centro urbano (Portus Tibulas sul Coghinas, poi Ampurias ?) con una necropoli attiva alla fine dell’età punica e nella prima età romana; le stele figurate sembrano appartenere al I secolo d.C., se sono state reimpiegate nelle murature di alcune tombe nel corso del III secolo d.C. La presenza del testo scritto non doveva essere sentito del tutto estraneo a questa classe di monumenti, dal momento che ora abbiamo numerosi casi inscritti in latino (una decina) e in almeno due stele conosciamo delle targhe epigrafiche realizzate ribassando la cornice, destinate a contenere un titulus (Mastino, Pitzalis 2003, pp. 657-695).
- La Sardegna fenicia e punica: la visione di Sabatino Moscati
Nella produzione di Sabatino Moscati non si può prescindere dal volume del 2005 Fenici e Cartaginesi in Sardegna, curato per la Ilisso da Piero Bartoloni, ma desidero anche richiamare alcuni temi relativi alla Sardegna nel mondo Mediterraneo, i tanti itinerari proposti, attingendo ai soli titoli posseduti dalla Biblioteca Sabatino Moscati a Cartagine: il culto di Venere Ericina (Moscati 1967 b, vd. ora Ruggeri 2023, pp. 15-58), i gioielli di Tharros (Moscati 1988; vd. anche Moscati 1987 e Acquaro Moscati, Uberti 1975), i leoni di Sulci, che tanto ricordano quelli del mausoleo di Sabratha (Moscati 1988, pp. 27-31), le terrecotte di Santa Gilla (Moscati, 1991), le figurine dell’Antiquarium Arborense (Moscati, 1969), le grandi collezioni (Acquaro, Moscati, Uberti, 1977); il bilancio sugli studi sulla Sardegna fenicio-punica firmato assieme a Piero Bartoloni e Sandro Filippo Bondì (Bartoloni, Bondì, Moscati, 1997). Poi soprattutto la grande impresa della ripresa degli scavi ad Antas, con questa straordinaria équipe mista italo-tunisina (Acquaro, Barreca, Cecchini, Fantar, Fantar, Guzzo Amadasi, Moscati, 1969) e i nuovi studi sul tempio del Sardus Pater figlio del Maceride africano (Moscati, 1968-69), tema recentemente ripreso per volontà di Mario Torelli da Raimondo Zucca (Zucca cur., 2019). Né possiamo dimenticare la lucida analisi su “La via delle isole” (Moscati 1993, pp. 87-90), i rapporti con la Sicilia, l’esperienza di Mozia (Moscati, Uberti 1981).
La presenza a Sassari del suo primo allievo Piero Bartoloni ha poi determinato un significativo sviluppo degli studi fenicio-punici sulla scia del maestro: la sua famiglia ed in particolare la moglie Anna Enrico Moscati ha determinato la nascita a Palazzo Segni nel 2005 della Biblioteca Sabatino Moscati, ora affidata a Michele Guirguis, presso la sede della SAIC, con una specializzazione fenicio-punica.
- Il Nord Africa: M’hamed Fantar e Ferruccio Barreca
Se passiamo al Nord Africa ed a Cartagine, avremmo mille cose da raccontare sulle attività di Sabatino Moscati a Cartagine ed a Capo Bon, il suo interesse per la cultura islamica, ma basterà citare il discorso inaugurale svolto a Tunisi nel 1991 per l’apertura del IIIe Congrès international des études phéniciennes et puniques, con gli atti curati da M. H. Fantar e M. Ghaki (Moscati 1995), dove rifletteva sulle origini della cultura occidentale, sulla necessità di superare gli studi biblici, di avviare nuove ricerche archeologiche, di estendere l’indagine a metodi innovativi per la comprensione dell’epigrafia fenicia e punica dal Libano a Cipro, da Kerkouane a Malta, da Mozia e Monte Sirai fino a Cadice. Le nuove generazioni di studiosi che allora si affacciavano, le cattedre universitarie, le riviste scientifiche e divulgative come Archeo. Infine i congressi internazionali, da Roma nel 1979 e nel 1987, poi a Tunisi nel 1992, a Cadice nel 1995; una iniziativa che prosegue, passando per Marsala-Palermo nel 2000, Lisbona nel 2005, Hammamet nel 2009, Carbonia-Sant’Antioco nel 2013, Oristano nel 2017, fino ad Ibiza nel 2022.
Il punto di contatto tra la Sardegna e il Nord Africa passa su due versanti, quello tunisino con M’hamed Fantar (laureato ad honorem a Sassari il 22 febbraio 2008) e quello sardo con Ferruccio Barreca (Soprintendente a Cagliari) oltre che col collega Vincenzo Tusa (a Palermo), con i quali aveva lavorato per anni dal 1966 nelle prospezioni archeologiche sul Capo Bon e dal 1971 sul Capo Zebib, con l’aiuto di una équipe di ricercatori dell’Università di Roma e dell’Institut National d’Archéologie et d’Art de Tunis; da qui la serie Collezione di Studi Fenici con i volumi pubblicati tra il 1973 e il 1983. Sabatino Moscati ha promosso in parallelo numerose ricerche volte alla pubblicazione e alla catalogazione di classi di materiali conservati nei musei della Tunisia: i rasoi punici (Enrico Acquaro), le stele arcaiche del tophet di Cartagine (Piero Bartoloni), e, incluso nel Corpus delle Antichità Fenicie e Puniche dell’Unione Accadémica Nazionale, il lavoro di Zohra Cherif, Terres cuites de Tunisie, pubblicato a Roma nel 1996. Infine, possiamo ricordare l’impresa archeologica a Zama Regia concepita e promossa da Moscati nel 1977 e realizzata tra il 1999 e il 2012 da Piero Bartoloni e Ahmed Ferjaoui (vd. Guirguis, Mastino, Solinas, Ganga, 2016, pp. 176-191).
Moscati aveva dedicato un limpido ricordo del suo rapporto con il Soprintendente Ferruccio Barreca appena scomparso sul nostro IV volume de “L’Africa Romana”, dove scriveva: <<In lunghi anni di ricognizioni e scavi scoprì nuovi centri, come quello di Monte Sirai, e ne esplorò altri, come quelli di Sulci e di Tharros. Non meno importanti furono le prospezioni archeologiche da lui effettuate nell’interno della Sardegna, che hanno posto in luce un imponente sistema di fortificazioni puniche nell’entroterra. La sua genialità nelle ricognizioni lo portò ad importanti scoperte di fortificazioni cartaginesi in Tunisia ed in Algeria, nell’ambito di una serie di missioni italiane>> (Moscati 1987, p. 22). Del resto ci aveva sempre seguito con messaggi o interventi come a Sassari nel 1989 per il VII convegno de L’Africa Romana (Atti, p.17) oppure a Cagliari per l’VIII congresso del 1990 con una comunicazione di nuovo sul tramonto della civiltà punica in Sardegna (intervento scritto letto da S.F. Bondì, Atti, p. 11).
Le sue imprese in Africa furono condotte da posizioni diverse: l’Università “La Sapienza”, la seconda Università di Roma Tor Vergata (dagli anni Ottanta, dove ne ricordo nitidamente l’ufficio in un motel riutilizzato per la Facoltà di Lettere e Filosofia, a fianco a quello di Lidio Gasperini), l’Istituto per l’Oriente e dall’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente durante la sua presidenza(1978-79), il Centro di Studio per la Civiltà Fenicia e Punica del CNR fondato nel 1969 e legato all’Istituto di Studi del Vicino Oriente dell’Università romana(dal 1993 al 2002 Istituto per la Civiltà Fenicia e Punica e poi Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico – ISMA; oggi Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale – ISPC) Ancora voglio ricordare il progressivo allargamento di orizzonti con la sua presidenza dell’Accademia Nazionale dei Lincei (che arriva fino a giugno 1997) o il ruolo presso l’Enciclopedia Archeologica e l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, con la fondazione della rivista Archeo (1985). Moscati è stato fra i principali promotori della serie di mostre a tema archeologico di Palazzo Grassi a Venezia, in particolare di quella celeberrima sui Fenici del 1988. L’Accademia Nazionale dei Lincei ha istituito il “Premio Moscati” per gli studi sulle civiltà del Mediterraneo.
Per riscoprire la figura di Sabatino Moscati attraverso la Scuola archeologica italiana di Cartagine nata nel 2016, la Famiglia Moscati ha avviato i contatti con RAI – Teche per la realizzazione di una sezione di documentazione multimediale, dove potrà essere possibile visionare video di valore educativo, di ambito culturale. Con la collaborazione di Paola e Laura Moscati saranno selezionati una serie di frammenti di trasmissioni televisive, relative a rubriche quali “Le pietre raccontano” e “Sulle orme degli antenati”, ma anche interviste su tematiche e scoperte specifiche dell’archeologia orientale e fenicio-punica che hanno come protagonista il compianto Maestro.
- Il Nord Africa: Cartagine nel patrimonio mondiale UNESCO
Ho avuto modo di ricostruire in passato il ruolo svolto da Antonino Di Vita, Sabatino Moscati, Andrea Carandini nelle attività propedeutiche all’inserimento del sito archeologico di Cartagine 40 anni fa nella lista del patrimonio mondiale immateriale dell’UNESCO (Mastino 2019); avevano svolto un ruolo particolarmente attivo e significativo Azedine Beschaouch, direttore dell’INAA, l’Institut National d’Archeologie et d’Art de Tunisie dal 1973 al 1982 e Abdelmajid Ennabli, che ha coordinato le diverse équipes di ricerca internazionali e reso conto costantemente dei risultati raggiunti sul CEDAC Carthage, Bulletin du Centre d’études et de documentation archéologique de la Conservation de Carthage, Tunisie (cf. Caputo, 1978, pp. 210-217).
Come ho scritto (Mastino 2019): << Le fort engagement des Universités, du Governement, de l’Institut National de l’Archéologie et d’Art pour obtenir la prestigieuse reconnaissance et l’action de coordination, de promotion et de mise en valeur de l’identité de Carthage antique par l’UNESCO a représenté pour la ville et pour la Tunisie le moteur du développement, l’élément décisif d’un relecture de l'héritage à la lumière d'une approche qui devait absolument surmonter et vaincre la phase coloniale, la reconnaissance de la valeur des cultures des phases classiques mais sourtout la valeur historique de la futuhat, l'ouverture à l’Islam. La declaration de l’UNESCO a eu le mérite de modifier la perception de l'histoire de Carthage en tant que grande capitale de la Méditerranée, directement liée à l'est avec le Liban et la ville de Tire à l’Est et à l'océan occidental jusqu’à Gades et à Tanger: capitale à l'époque phénicienne, dans la phase punique, mais aussi à la longue période romaine qui a suivi la fondation de Gaius Graccus, César et Auguste, avec un territoire qui s’étend sur plusieurs kilomètres au-delà de celui qui avait été la frontière avec l’ancien royaume numide. Mais aussi une capitale vandale et une capitale byzantine, enfin l’arrivée de la dynastie des Omeyyades et le retour à être une grande capitale internationale à nos jours. La solemne declaration UNESCO de 1979 venait aprés l’article de Giacomo Caputo qui présentait l’activité des archéologues italiens à Carthage, en particulier celles conduites par le Centre National de la Recherche Scientifique et particulierment par le Centro di Studio per la Civiltà Fenicia e Punica (Caputo 1978, pp. 2010-217)>>. Avevo insistito a Tunisi sul ruolo svolto da Sabatino Moscati in quell’occasione, quando spese il suo prestigio, le sue conoscenze, le sue competenze per aiutare la Tunisia a ottenere il riconoscimento UNESCO per Cartagine, perché egli <<n'était pas seulement un grand philologue, érudit des langues sémitiques comparées, mais aussi un grand connaisseur des hommes, qui a su comprendre les talents des savants qu'il a rencontrés et a décidé de les enrichir>>. E ancora: <<Les relations amicales et scientifiques de Sabatino Moscati avec le monde de la culture tunisienne ont toujours été marquées par une grande estime et un respect mutuel des prérogatives nationales, comme ce fut le cas pour toutes les entreprises internationales promues au cours des décennies entre 1961 et 1997. La preuve en est la volonté que, dans toutes les entreprises menées en Tunisie, la direction scientifique a été la prérogative des chercheurs de l'Institut du Patrimoine la partageant avec les universitaires italiens>> (Mastino 2019).
- Il Nord Africa: La biblioteca Sabatino Moscati a Tunisi ed a Cartagine
Come è noto la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine è nata il 22 febbraio 2016 (all’indomani dell’attentato del Bardo), proponendosi di favorire con le sue attività forme di coordinamento tra iniziative che caratterizzino la cooperazione italiana in Tunisia, e più in generale nei Paesi del Maghreb, in ambito scientifico-culturale. La Società Scientifica intende configurare interventi organici, collegiali e articolati, capaci di favorire opportunità di ricerca, formazione e diffusione delle conoscenze sul patrimonio relativo alle civiltà preistoriche e protostoriche, preclassiche, classiche, tardo-antiche, islamiche, moderne; e insieme valorizzare gli apporti di ogni singola iniziativa in questo campo, mantenendo una visione ad ampio spettro e un coordinamento funzionale; infine contribuire attivamente al dialogo interculturale e alle politiche di sviluppo nel Maghreb.
Grazie alla donazione della Famiglia Moscati a favore della SAIC e all’impegno di Piero Bartoloni si è realizzata la « Bibliothèque Sabatino Moscati» in Tunisia. Essa è stata inizialmente collocata con i suoi più di 6000 volumi, nei nuovi locali dell’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle, Rue Chott Meriam – Tunis Montplaisir, poi dal 2019 al piano terra del Musée National de Carthage, Place de l’UNESCO – Colline de Byrsa (Carthage). La Biblioteca è diventata un faro per i progetti comuni dell’Italia in Tunisia, un laboratorio di ricerca, di formazione e di valorizzazione.
Nell’ambito della SAIC Academy è stato organizzato un ciclo di decine di seminari pubblici tenuti sulla piattaforma Zoom da vari specialisti italiani e stranieri, con molti partecipanti, prevalentemente tunisini, algerini, francesi, spagnoli, rumeni, italiani. Il seminario di apertura si è svolto sabato 24 luglio 2022 sul tema: La figura di Sabatino Moscati; la relazione e stata tenuta da Piero Bartoloni, Presidente onorario della SAIC e fra i primi allievi del compianto Maestro. A Sabatino Moscati si devono un’intesa attività di ricerca in tutto il Mediterraneo e la scoperta, in collaborazione con l’allora Soprintendente alle Antichità della Sardegna Ferruccio Barreca, di un sito archeologico di grande rilievo a Monte Sirai (Carbonia), dove attualmente le indagini sono dirette dal Socio SAIC Michele Guiguis che ha ereditato la direzione da Piero Bartoloni.
Come è noto, la nascita della Biblioteca Sabatino Moscati in Tunisia risale al 29 gennaio 2017, quando Laura e Paola Moscati in qualità di eredi hanno fatto pervenire una dichiarazione con la quale formalizzavano la donazione della biblioteca personale del grande studioso a favore della Scuola archeologica italiana di Cartagine perché fosse conservata e resa fruibile in una sede a Tunisi presso l’Agence Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle (Direttore Generale Ridha Kacem). Piero Bartoloni, Presidente Onorario della SAIC, ha seguito personalmente le operazioni di spedizione delle 215 casse contenenti circa 6.000 volumi del peso di 4 tonnellate che dalla residenza romana della famiglia Moscati sono partite alla volta di Tunisi-Dogana di La Goulette dove sono state ritirate dai funzionari dell’AMVPPC. Come è registrato anche sul II numero di “Caster” (2018) il Consiglio Scientifico all’unanimità ha proposto e l’Assemblea ha deliberato in modo unanime di accogliere i familiari di Sabatino Moscati tra i Soci Benemeriti della SAIC, secondo quanto previsto dallo Statuto, con la formula associativa: “Famiglia Sabatino Moscati”e con la seguente motivazione: “per il dono generoso alla SAIC di circa 6.000 volumi della biblioteca del prof. Sabatino Moscati, che vengono posti a disposizione degli utenti nella sede tunisina della SAIC”.
Il Consiglio Scientifico ha deliberato la creazione di una apposita commissione per la gestione della biblioteca stessa, che nell’ultima versione prevede la presenza del Presidente e del Presidente onorario della SAIC, del Direttore Generale dell’INP, del Direttore Generale dell’AMVPPC e dell’avv. Giulio Donzelli per la Famiglia Moscati.
Nel corso del 2017 grazie anche ad un contributo della Fondazione di Sardegna è stata la nuova sede a Tunisi della Scuola e della Biblioteca Moscati presso l’AMVPPC a Tunisi-Belvedere; il 6 ottobre 2017 alla presenza delle autorità italiane e tunisine e delle rappresentanze delle Associazioni locali che lavorano per la valorizzazione di Cartagine si è svolta l’inaugurazione a Tunisi della Biblioteca Moscati, nel ventesimo anniversario della scomparsa del prof. Sabatino Moscati (24 settembre 1997). La biblioteca è specializzata in Archeologia, Scienze dell’Antichità e Tecnologie applicate ai Beni Culturali, Storia dell’Arte. Cinque studenti della Scuola di specializzazione in archeologia Nesiotikà di Oristano (Anna Lucia Corona, Ernesto Insinna, Davide Fiori, Donatella Bilardi, Alessandro Madau) hanno passato, grazie ai fondi del progetto Ulisse-Erasmus, tutto il mese di marzo 2017 a preparare l’allestimento della Biblioteca, che poi è stato effettuato ad agosto da Nesrine Nasr, Salvatore Ganga e Raymond Ganga. I volumi sono stati infine ordinati e disponibili sugli scaffali a settembre. In rapporto all’apertura della Biblioteca, sono pervenuti numerosi messaggi di congratulazioni per il successo della iniziativa e di auspicio per il suo futuro sviluppo (invitato l’Ambasciatore di Tunisia in Italia S.E. Naceur Mestiri).
Il Magnifico Rettore dell’Università di Cagliari, prof.ssa Maria Del Zompo, ha così scritto:
<<È con vero piacere che, come Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari, colgo la gradita occasione di poter far giungere alle Autorità presenti, agli Illustri Colleghi e a tutti i convenuti i migliori saluti da parte di tutto l’Ateneo. L’inaugurazione di una biblioteca è particolarmente
importante. La grande scrittrice francese Marguerite Yourcenar faceva dire all’Imperatore Adriano dei Mémoires d’Hadrien (1951): Fonder des bibliothèques, c’était encore construire des greniers publics, amasser des réserves contre un hiver de l’esprit qu’à certains signes, malgré moi, je vois venir. Al di là dello studiato pessimismo – profetico ex post – che la scrittrice assegna ad Adriano, l’immagine è potente e positiva; e dice della essenzialità della cultura per nutrire lo spirito e la coscienza. D’altro canto, una iniziativa così meritoria quale quella dell’inaugurazione della biblioteca della Scuola Archeologica italiana di Cartagine, luogo di ricerca e di formazione avanzate, trova una ideale consonanza con l’intitolazione a uno studioso del livello di Sabatino Moscati, che ha dominato con pari e straordinaria maestria i campi della ricerca archeologia e antiquaria, epigrafica, filologica e linguistica, lasciando in eredità agli Studiosi opere che ancora costituiscono sicuri e imprescindibili riferimenti scientifici (si pensi solo all’opera An Introduction to the Comparative Grammar of the Semitic Languages del 1964). Come Rettore di un Ateneo sardo, non posso poi non ricordare gli intensi legami di Sabatino Moscati con la Sardegna, ovviamente e prima di tutto in ragione dell’importantissima presenza fenicio-punica, che studiò e conobbe profondamente in un fecondo intreccio di collaborazioni con gli Studiosi locali. Nel rinnovare un caloroso saluto, mi è dunque per molte ragioni davvero gradita l’occasione di formulare i migliori auspici per le attività della Scuola e per un prospero futuro della sua Biblioteca.>>
Gli organismi della Scuola hanno espresso il più vivo apprezzamento per le figlie dell’illustre
studioso, Laura e Paola Moscati, che hanno generosamente fatto dono del patrimonio librario costituente la biblioteca stessa, nonché per il Presidente onorario Piero Bartoloni, che molto si è adoperato in proposito, e per tutti coloro che, con il proprio impegno, la propria abnegazione, il proprio contributo hanno progettato, sviluppato e realizzato un obiettivo che appare con evidenza di grande significato, un passo concreto per lo sviluppo delle attività di formazione della Scuola, nel segno della collaborazione tra l’Italia e la Tunisia. Sergio Ribichini ha ricordato la memoria di Anna Enrico in Moscati, che con passione e dedizione ha curato negli anni l’ordinamento della Biblioteca. Su proposta di Piero Bartoloni i soci della SAIC hanno iniziato a contribuire all’incremento della Biblioteca Moscati, per renderla viva e darle un futuro prestigioso nel tempo e nel nome dell’illustre e comune Maestro, al quale sono stati dedicati gli Atti dell’ultimo Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici, che sono stati presentati nell’occasione a Tunisi. I contributi della Fondazione di Sardegna al progetto La Biblioteca “Sabatino Moscati” a Tunisi e le pubblicazioni della SAIC: formazione, documentazione e promozione archeologica e culturale in Tunisia sono stati più volte destinati all’incremento del patrimonio librario e al potenziamento delle dotazioni (in particolare informatiche) della Biblioteca Moscati a Tunisi.
Sul “Corriere della Sera” il 2 gennaio 2018 veniva presentato il progetto intitolato Un ponte di libri. La Biblioteca Sabatino Moscati a Tunisi e le pubblicazioni della SAIC: formazione, documentazione e promozione archeologica e culturale in Tunisia.
Nel mese di luglio 2019 sono state prese le decisioni da parte dell’Institut National du Patrimoine, dell’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et de Valorisation Culturelle e della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine per il trasferimento da Tunisi sulla Byrsa della Biblioteca Moscati, con lo scopo di rendere più facile l’accesso agli studiosi in un luogo altamente evocativo e simbolico: alcuni membri del Consiglio Scientifico della SAIC hanno seguito con Samir Aounallah i lavori per la realizzazione al piano terra del Museo di Cartagine della sala riunioni SAIC, della Biblioteca Moscati, dell’ufficio del bibliotecario, per l’acquisto delle attrezzature informatiche necessarie e di parte della scaffalatura ed i mobili. A fine novembre, Salvatore e Raymond Ganga hanno contribuito a trasferire i volumi della Biblioteca Moscati nella nuova sede presso il Museo archeologico di Cartagine dalla sede dell’AMVPPC a Tunisi. È stato formalizzato l’accordo con l’Association Historique et Archéologique de Carthage – AHAC (Samir Aounallah e Fathi Béjaoui). È pervenuta alla Scuola la proposta di collaborazione da parte del Direttore del Dipartimento di Lingue Europee, dell’Institut Supérieure des Langues de Tunis – Université de Carthage, prof. Abdelmonem Khelifi, per l’accesso alla Biblioteca Sabatino Moscati da parte degli studenti di tale Istituzione e l’avvio di una collaborazione anche più stretta, finanche per la schedatura del materiale librario. In proposito è stato firmato un protocollo di cooperazione tra la SAIC e l’ Institut Superieur des Langues de Tunis, Université de Carthage per l’accesso degli studenti. I volumi sono stati trasferiti a fine novembre 2019 e quindi catalogati da personale qualificato nell’estate 2022. La SAIC si è occupata della formazione del personale bibliotecario e dell’arricchimento con ulteriori volumi, per donazione o acquisto. Nel settembre 2019 i rappresentati della SAIC hanno incontrato Samir Aounallah a Cartagine per visitare i locali della Biblioteca Moscati in via di organizzazione al piano terra del Museo di Cartagine.
Già da un anno completamente arredata, la Biblioteca “Sabatino Moscati” allestita dalla SAIC, in collaborazione con l’AMVPPC e l’INP è stata aperta a Cartagine nel 2022 all’interno del Museo sulla Byrsa con la presenza degli uffici di Samir Aounallah e di Nesrine Nasr, entrambi dell’INP, grazie all’impegno di Salvatore e Raymond Ganga. La Biblioteca, a causa dell’emergenza sanitaria, e stata inaugurata il 16 maggio 2022 anno del centenario della nascita del compianto Maestro al quale è dedicata. Terminata la schedatura delle opere possedute è stata effettivamente aperta al pubblico il 14 dicembre 2022.
Grazie all’impegno della Commissione di vigilanza sulla Biblioteca e al contributo della Fondazione di Sardegna con borse di studio per studenti, grazie all’accordo con la Biblioteca universitaria di Sassari (Giovanni Fiori e Davide Deiana), di Samir Aounallah, di Nesrine Nasr, di Salah Ghad e di Salvatore Ganga, si è proceduto nel corso del 2022 alla schedatura delle opere della biblioteca: al momento la biblioteca ha avuto schedate 4884 monografie, 606 periodici (105 titoli differenti), 115 opuscoli inseriti nel Sistema Bibliotecario Nazionale come sezione della Biblioteca Universitaria di Sassari con il software SEBINA NEXT. Catalogazione descrittiva (ISBD consolidate e REICAT con aggiornamenti 2017) e semantica, compresa di stringhe di soggetto, scelte attraverso il Nuovo Soggettario BNCF aggiornato nel marzo 2022 e di CDD. Il 14 ottobre 2022 sono iniziate le operazioni di sistemazione delle etichette sui 6000 libri della Biblioteca Moscati a Cartagine, curate da Silvia Bullo e quattro studenti tunisini, seguiti a distanza dai colleghi italiani: ogni libro ha ora la sua collocazione definitiva. Il lavoro si e concluso nei primi di novembre. La borsista SAIC Ons Inoubli ha svolto la sua attività in Biblioteca. La Biblioteca è stata aperta ogni martedì, mercoledì e giovedì.
Il 14 dicembre la Biblioteca è stata aperta al pubblico con una lezione di Piero Bartoloni: Sabatino Moscati et la Méditerranée à l’occasion du centenaire de sa naissance (Rome, 24 novembre 1922 – Rome, 8 septembre 1997). Il giorno dopo si è svolta l’inaugurazione del XXII Congresso de L’Africa Romana (Sousse, 15-20 dicembre). Questo nuovo centro culturale sulla cima della collina di Didone è destinato a diventare un prezioso punto di riferimento per numerosi eventi nel prossimo futuro e la SAIC si è impegnata a farlo diventare un polo di alta formazione. Varie visite alla Biblioteca Moscati dei partecipanti alle ricerche archeologiche ed epigrafiche a Kerkouane, Numluli, Thuburbo Maius e Thignica si sono svolte per tutto l’anno 2022 e nel 2023, seguite dalla visita di Sergio Ferdinandi vicepresidente ISMEO, che ha firmato una convenzione con la SAIC il 14 dicembre 2022.
Nell’incontro del 17 maggio 2023, al quale ha partecipato il nuovo direttore dell’IICTunisi prof. Fabio Ruggirello, è stato anche predisposto un accordo tra la SAIC, l’INP e l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi e l’Association Historique et Archéologique de Carthage per la mostra su Luigi Balugani e le antichità romane nel Maghreb «Du crayon au clic» (curata da Luigi Vigliotti), aperta il 26 giugno 2023 alla Biblioteca Moscati nella Byrsa di Cartagine fino ai primi di ottobre. La mostra è stata inaugurata dall’ambasciatore italiano Fabrizio Saggio e dall’addetto culturale che ha concesso un contributo finanziario, dell’AMVPPC Daouda Sow e da un rappresentante del Direttore Generale dell’INP Boutheina Maraoui, dai presidente dell’AHAC e della SAIC. Erano presenti molti direttori di missione (Antonella Coralini, Paola Ruggeri Pier Giorgio Spanu e altri rappresentanti delle 17 missioni tuniso-italiane finanziate dal MAE), rappresentanti della Famiglia Moscati, la collega Silvia Bullo che segue la Biblioteca Moscati, Salvatore Ganga che ha progettato la sistemazione dei 20 pannelli per le circa 50 bellissime immagini, la borsista SAIC Ones Inoubli. L’avvenimento è stato centrale sulla stampa locale anche per la posizione strategica che la Tunisia sta assumendo per l’Italia e le relazioni con l’Europa, ora col Piano Mattei. <<Queste missioni archeologiche in Tunisia – ha rimarcato l’ambasciatore Saggio – sono una parte importante della politica di approccio globale che il governo italiano ha sulla Tunisia. Un approccio che non è solo energetico, con il progetto Elmed, che non è solo questione migratoria, che non è solo investimenti (l’Italia è il primo partner commerciale della Tunisia, con oltre 900 imprese presenti), ma è un approccio che comprende davvero tutti i settori e quello archeologico è sicuramente uno di questi>>. Di ciò l’Ambasciatore italiano ha parlato spesso con la Ministra della Cultura Hayat Guettat ed è proprio per questo che si potrebbe organizzare l’anno prossimo, insieme al direttore dell’Istituto Ruggirello, una giornata di tutte le missioni archeologiche italiane in Tunisia, per valorizzare ancor di più l’importante lavoro che viene fatto in questo settore. A proposito dell’investimento europeo per il Museo di Cartagine (12 milioni di euro), ANSAMed ha scritto: «Alla fine del progetto, il museo avrà tre volte più spazio espositivo (2.200 m2) rispetto a prima, un ristorante e spazi esterni completamente rinnovati. All’interno degli spazi del museo ha anche sede la Biblioteca Sabatino Moscati della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC) che organizza insieme all’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, in collaborazione con l’Istituto nazionale del Patrimonio e l’Agence de Mise en Valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle, la mostra “Du crayon au clic.” Le antichità del Nord Africa di Luigi Balugani, oggi. Fotografie di Luigi Vigliotti”>>. Per ottenere questo risultato si è utilizzato un finanziamento dell’Istituto Italiano di Cultura e della Fondazione di Sardegna. È stato finanziato l’acquisto di nuovi scaffali per la biblioteca e due borse per l’apertura della Biblioteca per tutto l’anno per tre giorni a settimana.
Il 1 ottobre Salvatore Ganga ha smontato la mostra della SAIC su Luigi Balugani e le antichità della Tunisia e dell’Algeria nel 700 curata da Luigi Vigliotti (Du crayon au clic). La mostra (pannelli, foto e disegni) è ora conservata dall’AMVPPC e sarà esposta al Museo del Bardo oppure nei sotterranei del Campidoglio di Uthina. Dal I novembre 2022 una identica mostra poi è stata aperta alla Biblioteca Universitaria di Sassari.
Accompagnato da alcuni soci della SAIC il Presidente ha incontrato il 10 ottobre 2023 il nuovo direttore generale dell’Institut National du Patrimoine Tarek Baccouche e il nuovo Direttore Generale dell’AMVPPC Daouda Sow: erano presenti Samir Aounallah, Youssef Lachkhem, Paola Ruggeri, Imed Ben Jerbania. Il Direttore Generale aveva già visitato la Biblioteca Sabatino Moscati e la mostra su Balugani nei locali della Byrsa di Cartagine, ricavandone un’impressione molto positiva sull’attività della SAIC ma ha comunicato che l’Association Historique et archéologique de Carthage, non sarà più ospitata nei locali nel Museo di Cartagine (ex seminario francese), a breve sottoposto a un consistente lavoro di restauro per i prossimi tre anni. I locali della Biblioteca Moscati non sono interessati dal cantiere, ma si renderà necessario un ingresso dal retro (Hotel Reine Didon), in alternativa una chiusura per tre anni oppure – con molto rammarico – un temporaneo spostamento della biblioteca nel palazzo di Beit al Hikma sul mare accanto allo scavo tedesco diretto da Rakob. La SAIC rifiuta categoricamente di occuparsi di qualunque trasferimento della biblioteca. Se dovesse esser necessario, sarà l’AMVPPC ad occuparsene, magari con un accordo specifico con l’UE. Come è noto la SAIC ha comunque un accordo con l’AHAC del 5 dicembre 2020.
Non ci nascondiamo che esistono problemi organizzativi ancora aperti: il ruolo da attribuire ai singoli soggetti (INP, AMVPPC, SAIC, AHAC), la nomina di concerto con la famiglia Moscati di un conservatore provvisorio della Biblioteca, preferibilmente un ricercatore dell’INP specializzato sull’antichità, per controllare l’accesso dei lettori; gli orari di apertura al pubblico; l’utilizzazione della grande sala esclusivamente per attività scientifiche e non amministrative; la verifica che ciascun soggetto rispetti gli impegni presi; l’allargamento della biblioteca con i nuovi ingressi e le nuove donazioni; le misure necessarie per garantire l’integrità del fondo bibliografico a seguito dei problemi recentemente verificatisi nella nuova sede della Biblioteca (Gavini 2019, 2020, 2021; Mastino 2016-17, 2017, 2022, 2023).
Infine, nelle more della pubblicazione a stampa del presente contributo, il direttore generale dell’INP ha comunicato che, a causa dei lavori al Museo di Cartagine, si rendeva necessario e urgente il provvisorio trasferimento della Biblioteca in altra sede entro il 15 luglio 2024. Nel frattempo è stata informato l’ambasciatore d’Italia Alessandro Prunas e, in occasione della visita del Ministro Gennaro Sangiuliano a Tunisi il 27 aprile 2024, una ventina di alti esponenti del Ministero ha visitato la Biblioteca, guidati da Massimo Osanna, direttore generale Musei del Ministero della cultura. A seguito della risposta della SAIC, la nuova direttrice dell’AMVPPC Rabiaa Belfguira ha riconosciouto la piena validità della convenzione tripartita del 21 agosto 2018 e ha ribadito che si intende trovare una soluzione provvisoria d’intesa con la SAIC, l’INP e la famiglia Moscati perché la Tunisia vuole <<assurer le mantien du fonds Moscati>> e desidera <<projecter sur le devenir de ce bel écrin de la recherche sous la tutelle du Ministère des Affaires Culturelles, toujours dans la même disposition d’esprit de contribuer fortement à la mise en place au rayonnement de cette bibliothéque, vitrine de cette coopération culturelle exemplaire entre la Tunisie et l’Italie>>. Insomma, gli sviluppi positivi ci saranno.