Gerardo Severino, Storia di Nicolò Diana, Delfino 2024
28 maggio 2024
Gerardo Severino, Storia di Nicolò Diana, Delfino
Presentazione
Sassari, Circolo Diavoli Rossi
La città di Sassari deve moltissimo al Col. Gerardo Severino, amico personale e amico della Sardegna, direttore fino a pochi anni fa del Museo Storico della Guardia di finanza, infaticabile studioso del Novecento italiano: se la nuova caserma della Guardia di Finanza di Via Gavino Pinna a Sassari, inaugurata il I agosto 2018, è oggi intestata al partigiano Giovanni Gavino Tolis di Chiaramonti lo si deve soprattutto al bel volume dedicato dal Col. Severino e dall’Editore Delfino al finanziere morto nel Campo di concentramento di Mauthausen il 28 dicembre 1944, accusato di aver aiutato molti profughi ebrei a Chiasso (Il contrabbandiere di uomini, 2012). È una delle tante figure nobili, evocate con la speranza che possano far parte di un pantheon ideale di Sardi generosi e illustri, soprattutto mossi da sentimenti di giustizia e di solidarietà verso i più deboli. Sono molte le opere del Col. Gerardo Severino che ci raccontano una Sardegna diversa, fatta di combattenti sardisti identificati per il loro coraggio, di finanzieri ricordati nel giardino dei giusti come Salvatore Corrias fucilato a Moltrasio (Como) nel gennaio del 1945 dalle Brigate Nere della Repubblica sociale, di molti altri personaggi impegnati nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione. Fino a Salvatore Cabitta e Martino Cossu, nel 1966 vittime del terrorismo altoatesino. E poi tanti altri sardi, come quelli che sono alle origini della Brigata Sassari durante la prima guerra mondiale o nei reparti composti da valorosi combattenti di origine isolana: figure che emergono dalle pagine di questi bei volumi che ci raccontano l’autore, per un’attenzione, una vicinanza, una volontà di affermare la giustizia, una conoscenza del territorio, un desiderio di incontro e di amicizia.
Con questa Storia della lunga e tormentata vita di un valoroso combattente, il Generale sassarese Nicolò Diana (1811-1896), torniamo indietro nel tempo per conoscere uno dei protagonisti del Risorgimento nazionale: assieme all’amico fraterno il Generale Raffaele Cadorna fu un protagonista delle prime guerre d’indipendenza combattute dalla fanteria dell’esercito Sardo.
Dunque i Savoia, con le loro luci e le loro ombre all’indomani della “cacciata dei Piemontesi” e dei moti rivoluzionari in Sardegna, quindi la repressione guidata con ferocia da Carlo Felice (viceré a Cagliari fino al 1812), protagonista però poi di una politica di sviluppo, inevitabile dopo la triste esperienza dell’esilio sardo durante l’età napoleonica, in una terra povera e sfruttata, uscita quasi immobile a un secolo di distanza dalla dominazione spagnola, un’isola sempre uguale a sé stessa.
Dunque la vita del nostro protagonista, iniziando dal battesimo del bimbo – appartenente ad una nobile famiglia locale, nato dal notaio Antonio Maria Diana e da Maria Perantoni – battezzato il I febbraio 1811 nell’antica chiesa di santa Caterina, edificio oggi demolito in Piazza Azuni: già i nomi assegnati di Nicolò Gavino Maria che compaiono nei quinque libri ci rimandano ai santi protettori che più contano in città e testimoniano un radicamento nella città: Nicolò o Nicolao dal celebre Nicola di Myra, il santo dei miracoli, che conosciamo come titolare della pieve medievale fin dall’XI secolo (Sanctu Nicola de Thathari, CSPS 83, 1), oggi riconosciuto come il titolare della cattedrale arcivescovile di Sassari; Gavino, martirizzato da Diocleziano a Turris Libisonis e patrono dell’archidiocesi turritana; infine la Madonna, venerata dai francescani di Silki e di S. Maria di Betlem all’ingresso della città, luogo dove si conclude tradizionalmente la Faradda Unesco, la pittoresca sfilata dei Gremi.
L’a. ricostruisce la storia della famiglia (originaria di Simala al piede orientale del Monte Arci, verso la Marmilla), divenuta con i Savoia tra le più attive della Baronia di Monreale, tra Sardara e San Gavino, giungendo a Sassari proprio nell’Ottocento con militari e funzionari impegnati nel notariato e nel Controllo generale di finanza al servizio della Reale Udienza. Nicolò apparteneva a una famiglia di notai, il nonno Antonio Effisio, il padre Antonio Maria, alcuni zii e cugini. Questo volume racconta tutte le tappe degli studi e di una carriera luminosa, fondata sul coraggio e la dedizione: il diploma di magistero (1829), la formazione militare come volontario delle Guardie del Corpo del Re Vittorio Emanuele I a 18 anni, poi cadetto all’interno della prestigiosa Reale Accademia Militare di Torino dalla quale uscì come sottotenente (1830), poi arruolato nel secondo reggimento della Brigata di Fanteria”Aosta” comandata dal Generale Giovanni Antonio Pagliaccio, Marchese di Planargia; in forza al secondo e poi nel 16° Reggimento fanteria della Brigata Savona (1838-46), Sullo sfondo appare evidente il contrasto tra la prima fase della vita del soldato, deciso a stroncare le cospirazioni mazziniane e repubblicane (si pensi alla fucilazione a Chambery l’11 giugno 1832 del sassarese Efisio Tola, fratello del più celebre Pasquale), e la successiva partecipazione alle fasi più significative delle Guerre d’Indipendenza, per la condivisione degli ideali risorgimentali, dopo la Fusione Perfetta della Sardegna agli stati di terraferma (1847) e l’estensione dello Statuto Albertino (1848). Il Diana continuò a frequentare la città d’origine, Sassari, inizialmente destinata a uno sviluppo edilizio davvero impetuoso: la costruzione del Palazzo di Città (il Teatro Civico), sui resti dell’antico santuario di Ercole, il nuovo Ospedale, le Carceri di Via Roma, le Scuole e le Piazze: il “piano d’ornato” ed i nuovi strumenti urbanistici consentivano ora di creare quartieri ordinati e regolari, anche arrivando però a spaventosi abbattimenti (il castello nel 1871 e parte delle mura medioevali). Qui il Diana era in sintonia con le tradizioni popolari, con le feste (come la Faradda dei Candelieri), con i progetti della famiglia.
Intanto diventava Luogotenente presso l’11° Reggimento Fanteria della Brigata Casale (1847) e veniva trasferito a Sassari – forse per punizione – presso il Deposito del Battaglione dei Cacciatori Franchi: dalla Sardegna sarebbe partito nel 1848 per partecipare alla prima guerra d’Indipendenza, lasciandosi alle spalle una città che presto sarebbe stata investita dal colera. Carlo Alberto guidò le sue truppe fino alla sconfitta di Novara, alla quale il Diana partecipò inquadrato nell’11° Reggimento Fanteria come capitano e responsabile di una compagnia di 250 uomini (23 marzo 1849). Nicolò Diana aveva preso parte da protagonista il 6 maggio 1848 alla battaglia di Santa Lucia verso Verona e il 30 maggio a quella di Goito sul Mincio, vinta dal Gen. Eusebio Bava per i Piemontesi. Sono gli episodi che portarono al Diana il grado di capitano, le decorazioni di cui andava fiero, infine il matrimonio con la figlia (Anna Maria) del commilitone – conosciuto in quell’occasione – il concittadino Antonio Vincenzo Agnesa. Per il matrimonio era possibile dunque tornare a Sassari presso il Deposito dei Cacciatori Franchi (1850), mentre in città scoppiava una sommossa popolare del Carnevale 1852 provocata dal risentimento dei Sardi della Guardia Nazionale, ostili ai Bersaglieri: sono i mesi del lungo stato d’assedio decretato da Vittorio Emanuele II, della repressione affidata ai cavalleggeri di Sardegna e ai Cacciatori Franchi, temporaneamente ospitati nel Monte Frumentario; vent’anni dopo sarebbero stati trasferiti nella Caserma La Marmora, costruita sui resti dell’antico castello. Alla fine della rivolta il Diana fu spostato a Vercelli ancora presso i Cacciatori di Sardegna, poi inquadrati nei Granatieri di Sardegna. Il Capitano partecipò con i suoi uomini al Corpo di spedizione in Crimea guidato dal Generale Alfonso La Marmora, secondo le coraggiose e imprevedibili scelte di Cavour: alla testa del Reggimento Provvisorio dei Granatieri di Sardegna, il Capitano partecipò vittoriosamente alla battaglia della Čërnaja rečka, il “fiume nero”, dove i Piemontesi il 16 agosto 1855 sconfissero rapidamente gli zaristi di Alessandro II, chiusi a Sebastopoli, ora occupata dai Francesi, afflitti a loro volta dall’epidemia di colera. Promosso Maggiore, il Diana fu trasferito al 17° Reggimento Fanteria della Brigata Acqui a Vercelli e poi tornò ai Granatieri di Sardegna per partecipare alla seconda guerra d’Indipendenza, arrivando a come comandante del terzo Battaglione del I Reggimento liberare Milano dagli Austriaci e il 24 giugno 1859 combattendo vittoriosamente al Santuario della Madonna della Scoperta tra Solferino e San Martino (a Sud del Garda): per quest’episodio egli ottenne da Napoleone III il Cavalierato della Legion d’Onore e dai Savoia il grado di Luogotenente colonnello e l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine militare dei Santi Maurizio e Lazzaro. Dal 1860 lo troviamo a Cuneo al comando del 51° Reggimento di fanteria “Brigata Cacciatori delle Alpi”, erede della tradizione garibaldina.
Finalmente il grado di colonnello (28 luglio 1861), all’indomani della proclamazione del Regno d’Italia: in tale veste partecipò alla repressione del brigantaggio in Sicilia, tra Palermo e Trapani, poi in Toscana. Colonnello Brigadiere dal 1864, Diana comandò la Brigata di fanteria “Puglie” con sede a Piacenza, per poi assumere pochi mesi dopo il comando della Brigata dei Granatieri di Toscana a Napoli. L’anno dopo arrivava la promozione in servizio a Maggior Generale (Generale della Brigata), il comando nella terza guerra di indipendenza con la sconfitta di Custoza (alla quale il Diana e i sodati della !7° divisione “Cadorna” non parteciparono direttamente), Grazie al ruolo svolto da Garibaldi, l’Italia con l’armistizio di Gorizia ottenne nel 1866, attraverso una delicata trattativa diplomatica, il Veneto. Mentre scoppiavano varie rivolte, anche a Sassari, in Sicilia, persino nel Napoletano dove ora si trovava, il Diana a 56 anni d’età nel 1867 si ritirava in disponibilità forse con la moglie proprio a Sassari dove il cognato Vincenzo Agnesa era diventato Sindaco. Si trasferì prestissimo definitivamente a Milano, dove sappiamo ebbe modo dio frequentare l’amico Giorgio Asproni, che lo ricorda assieme alla moglie nel suo diario. Nel 1872 fu infine promosso Tenente Generale (Generale di Divisione) della Riserva, dall’anno successivo in congedo assoluto. L’a. non esclude una successiva temporanea frequentazione sassarese dopo la morte di Garibaldi, per ragioni di famiglia oppure ad esempio quando fu posta la lapide per ricordare Efisio Tola (1880): non sappiamo si sia trattato di un tardivo ripensamento.
La scomparsa del Generale Diana a 85 anni d’età avvenne a Milano il 9 giugno 1896, seguita da un funerale solenne al quale parteciparono le autorità, i reduci, i familiari: si chiudeva davvero con molti interrogativi una vita lunga, operosa, attraversata dalle mille contraddizioni della politica del tempo.
L’abilità dell’autore è evidente: il col. Gerardo Severino riesce a seguire in parallelo tante storie diverse e alla fine arriva a riannodare i fili di tante carriere militari e di tanti protagonisti: il cugino Luigi Castelli (legion d’onore in Crimea), Raffaele Cadorna (Legion d’onore in Algeria, comandante del V corpo d’armata a Porta Pia), Tommaso Castelli, Beppe de Angioy e tanti altri.
Credo che non si possa andare oltre: trovo però necessario ricordare che siamo di fronte ad un frutto prezioso di una lunga ricerca che il col. Gerardo Severino continua a portare avanti, animato da uno straordinario amore per la Sardegna: oggi ci restituisce a tutto tondo l’immagine di un militare davvero speciale, che pure era sostanzialmente sconosciuto a Sassari e in Sardegna.
Sappiamo che questa è una terra che ha accolto l’a. e che davvero manifesta in tante occasioni riconoscenza e amicizia.
Sassari, Faradda dei Candelieri Unesco 2023