Cerimonia degli auguri 2013

Cerimonia degli auguri
Sassari, 23 dicembre 2013
Intervento del Rettore prof. Attilio Mastino

Cari amici,

la cerimonia degli auguri è l’occasione per fermarci per un momento, per ricollocarci nello spazio e nel tempo, per programmare il futuro che abbiamo di fronte.

Il mio compito è reso più semplice dal fatto che solo due mesi fa, in occasione dell’inaugurazione del 452° anno accademico, abbiamo presentato un bilancio dei risultati raggiunti, grazie all’impegno degli organi accademici, dei delegati, del personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, dei nostri studenti. Tanti soggetti che ho avuto il privilegio di coordinare con passione ma anche con il senso di una comunità che cresce e affronta i suoi problemi con una maturità nuova.

Volgendoci indietro a guardare la strada percorsa, ci sembra di dover constatare che siamo riusciti a mobilitare tante forze nuove, tanti colleghi pieni di entusiasmo, di passione, di curiosità, tanti funzionari intelligenti e determinati; soprattutto tanti giovani. Lo dico con orgoglio, perché l’Ateneo è cambiato profondamente, ha recuperato ritardi storici, è diventato più aperto e più accogliente, è riuscito ad affrontare i problemi e a trovare soluzioni anche in un momento drammatico di crisi e di riduzione di risorse.

Nel prossimo anno lavoreremo fino all’ultimo giorno del mio mandato, convinti che la Sardegna merita di più, che tutti dobbiamo porci obiettivi più ambiziosi, che ci sono responsabilità specifiche degli intellettuali e del mondo universitario verso un’isola che da sempre aspetta un riscatto, merita di essere amata di più, ha necessità di una classe dirigente generosa e responsabile, che metta a frutto i talenti che ha ricevuto.

L’approvazione convinta del bilancio di previsione 2014 da parte del Senato e del Consiglio di amministrazione, avvenuta due giorni fa, gli emendamenti al nostro statuto e la discussione in corso sul piano di sviluppo del nostro Ateneo e sul piano della performance ci consentono di affrontare le nuove sfide con serenità, anche se rimane sullo sfondo la preoccupazione per la crisi che morde i bilanci delle famiglie in Sardegna e per i provvedimenti del Governo che progressivamente riducono le risorse per l’università, la scuola, la ricerca, i beni culturali. Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi con il Ministro Maria Chiara Carrozza assieme ai Rettori del Mezzogiorno il 28 novembre e nella Conferenza dei Rettori il 12 dicembre, suggerendo nuovi indicatori sulla quota premiale dell’FFO e chiedendo di conoscere in anticipo gli obiettivi e i criteri di valutazione alla base del nuovo modello di finanziamento degli Atenei, che non può prescindere da un costante aggiornamento dei dati e da una misurazione del miglioramento avvenuto negli ultimi anni in sede locale. Soprattutto deve far convergere risorse finanziarie sostenibili e capacità di ricambio del personale docente e non docente misurata in punti organico.

Ci siamo attivamente confrontati con il Presidente della Regione e con gli assessori alla Pubblica Istruzione, alla Programmazione, alla Sanità, al Lavoro. Soprattutto abbiamo ottenuto dalla Commissione regionale bilancio l’impegno per una sostanziale revisione del bilancio regionale 2014 approvato dalla Giunta. Abbiamo raccolto la solidarietà della Corte dei Conti.

Vorrei davvero fugare con il mio intervento preoccupazioni e perplessità sul bilancio finanziario, sul consueto limite di fabbisogno e sulla capacità di spesa dell’ateneo, ingenerosamente manifestate nei giorni scorsi da alcuni spregiudicati interpreti: oggi 23 dicembre, all’indomani del pagamento delle tredicesime e delle indennità assistenziali a saldo degli ultimi due anni mi è facile dire che erano evidentemente infondati i fastidiosi rumores sullo stato di salute dell’Ateneo diffusi come ogni anno da quei pochi che non si preoccupano di difendere la realtà e l’immagine della loro università. Mi limiterò a dire che la malignità provoca certo sofferenza ma alla lunga non paga ed è sconfitta.

Noi abbiamo lavorato sodo, abbiamo raggiunto un equilibrio sostenibile, abbiamo ulteriori risorse che recupereremo dal FFO, dalla premialità ministeriale dalla Regione Sarda, dalla Fondazione Banco di Sardegna, dall’attività in conto terzi, dalla ricerca, dall’Accordo con PCR, dai fondi europei e ministeriali e da una equa attribuzione della contribuzione studentesca. Abbiamo preso l’impegno di spendere tutti i punti organico disponibili per consolidare le strutture dell’Ateneo, per avviare un meccanismo concorsuale di selezione-stabilizzazione dei precari, per dare loro una prospettiva di crescita e valorizzazione professionale, per chiamare tutti gli abilitati garantendo la progressione delle carriere, per bandire nuovi posti di ricercatore, per evitare che un’intera generazione di giovani studiosi venga schiacciata dalla crisi. Resisteremo, difenderemo la storia secolare del nostro Ateneo anche di fronte alla prossima applicazione della Spending Review, respingeremo progetti di fusione o di federazione con altri Atenei che non partano dalla difesa dell’identità storica. Sono allora da mettere da parte perché assolutamente ingiustificati i timori per la sopravvivenza del nostro Ateneo: nessuna norma ci obbliga a fonderci con Cagliari e l’accordo di federazione, se lo vorremo, sarà solo l’occasione per consolidare il sistema universitario sardo nel rispetto dell’autonomia storica dei due atenei.

Vorremmo che l’università riuscisse ad essere, come si è augurato a Cagliari Papa Bergoglio, luogo in cui si elabora la cultura della prossimità, la cultura della vicinanza; luogo di formazione alla solidarietà, in cui si vive la cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi e neppure li estremizza, ma apre al confronto costruttivo. Vorremmo che l’intera isola contribuisse a sostenere e qualificare il sistema universitario sardo, definendo strategie di sviluppo e correzioni di rotta, perché dobbiamo rendere costantemente conto delle nostre azioni, dei benefici raggiunti, dei costi economici e sociali affrontati, dell’impatto della formazione sul mondo del lavoro, sulle imprese, sulla sanità.

In un quadro di forte cambiamento e competizione, il tema che continuiamo a porre come centrale è quello dell’offerta formativa che determina e contribuisce in modo fondamentale alla presenza del nostro Ateneo nel contesto regionale e in quello nazionale. Dobbiamo puntare a un forte rilancio delle iscrizioni dei giovani sardi all’Università, mettendo in campo politiche strategiche e chiari obiettivi capaci di eliminare confusione e demotivazione. Creare e diffondere un’immagine “amichevole”, “giocosa” e “accattivante” dello studio, della ricerca e dei giovani nell’ambiente universitario. Avviare un’ apposita “campagna” di promozione degli studi superiori e universitari in alleanza con le rappresentanze e con le associazioni studentesche degli studenti universitari e degli studenti medi. Spiegare tutte le opportunità che l’Università (e quella di Sassari in particolare) mette a loro disposizione con i suoi corsi, con le sue strutture, con le sue attività culturali e associative, con i suoi docenti, i suoi ricercatori e i suoi visiting, con l’eccezionale numero di “borse di studio e di tirocinio all’estero” che danno loro la possibilità di svolgere (con un sostanzioso supporto economico e didattico dell’Ateneo) diverse, qualificanti esperienze formative nei paese europei ed extra europei sia con i programmi Erasmus che con l’Ulisse.

I dati di analisi fanno emergere una riduzione delle iscrizioni, mentre reggono le immatricolazioni attorno ai 2000 studenti e si registra un crescente numero di studenti che scelgono come sede di studio atenei al di fuori della Sardegna. Dunque dobbiamo riuscire ad aumentare il numero dei diciannovenni sardi che si iscrivono all’Università, migliorare i servizi per accogliere più studenti provenienti da altre regioni e da altri paesi, dobbiamo produrre di più, firmare un contratto con i nostri allievi per aumentare gli studenti regolari, far crescere i crediti formativi registrati, innalzare il numero dei laureati.

Contestualmente, gli studenti stranieri che si iscrivono al nostro Ateneo sono ancora pochi per quanto siano in aumento gli studenti che scelgono Sassari per attività formative di breve medio periodo (Erasmus students). Dobbiamo lavorare per accrescere i flussi in entrata degli studenti stranieri che costituiscono una speciale ricchezza anche per il ruolo di stimolo che possono svolgere nel nostro ambiente di studio e nella nostra comunità

Le principali leve per introdurre questi cambiamenti sono collegate all’incentivazione e attrattività, alla logistica ed organizzazione, alla comunicazione (interna ed esterna), al placement post laurea e alla stipula di accordi per la organizzazione di corsi di laurea magistrale, di master e di dottorato congiunti.

Siamo certi che l’Ateneo con le sue forze può intraprendere azioni significative per migliorare questi ambiti solo se, a fronte del calo delle risorse statali, continueremo ad avere un supporto da parte delle istituzioni locali e regionali. Dunque è necessario rilanciare il rapporto con la Regione secondo le linee sottese dalla nota inviata al presidente della Commissione Bilancio del Consiglio Regionale Appare tuttavia importante riconsiderare la politica di relazione e collaborazione con le istituzioni facendo si che non si traduca in una più o meno articolata richiesta di risorse finanziarie ma risponda maggiormente alla definizione di strategie integrate e copartecipate che si indirizzino verso il raggiungimento di obiettivi comuni.

Ad esempio, quando l’Ateneo si impegna nell’incrementare il numero di studenti che frequentano i corsi di studio con piena soddisfazione, adotta un obiettivo che converge con le politiche regionali e nazionali e soprattutto con le indicazioni del nuovo programma settennale europeo dell’Horizon 2020 che ambisce ad aumentare il numero dei laureati. Se gli obiettivi sono convergenti, non sempre le azioni sono coerenti, perché la Regione ha spesso messo in campo strategie autonome, come a proposito degli assegni di merito che hanno fin qui premiato gli studenti che si iscrivono fuori della Sardegna. L’assegno di merito non è ancorato alla condizione economica familiare e pertanto incentiva gli studenti che, per il contesto familiare in cui sono cresciuti, sono normalmente più attrezzati per intraprendere e proseguire gli studi universitari. Allora, di fronte alla crisi, forse bisognerebbe capovolgere gli indirizzi e supportare maggiormente gli studenti che intendono svolgere gli studi nelle due sedi isolane. Vorremmo che la Regione iniziasse ad analizzare l’impatto negli anni che l’iniziativa (con copertura finanziaria rilevante) ha determinato sulle carriere degli studenti sardi.

Sarei più cauto nel valutare nuovi percorsi, quali la creazione di ITS, Istituti Tecnici Superiori scuole ad alta specializzazione tecnologica, nati per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche. La partecipazione dell’Ateneo, insieme alla Regione allo sviluppo e trasformazione di istituzioni formative di questo tipo può forse determinare una presenza significativa di studenti motivati e attrezzati per il proseguo delle attività universitarie ad esempio in campo agro veterinario, economico commerciale, chimico farmaceutico ecc. E poi la formazione continua e la formazione degli adulti.

Un aspetto fondamentale è quello della qualità dei corsi impartiti, che non può solo riguardare la predisposizione del piano formativo ma deve spostarsi in modo rilevante sulla gestione, direi professionale, del percorso dello studente, sulle competenze acquisite, sulle prospettive lavorative per una didattica “cosciente”. Non vi è dubbio che nell’Ateneo ci sono dei docenti validissimi che trasmettono conoscenza, entusiasmo e passione. Spesso questi docenti sono gli stessi che si impegnano anche nelle altre missioni che caratterizzano le attività prevalenti del docente universitario (ricerca, assistenza sanitaria e terza missione). Nel contempo vi sono colleghi che concepiscono ancora una didattica da “somministrare” al discente senza preoccuparsi del livello di crescita consapevole che si dovrebbe promuovere, senza garantire una fase di accompagnamento che non può prescindere da una valutazione del risultato raggiunto. Abbiamo seriamente bisogno di tutti per crescere in questo ambito ma non si potranno ottenere risultati significativi senza fare di tutto affinché si affermi un nuovo approccio culturale nella categoria dei docenti e del personale, partendo dall’autovalutazione dei processi.

Dopo il percorso decennale del Processo di Bologna, la nascita di uno Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore (EHEA: European Higer Education Area) ci porta nuove sfide ed obiettivi da raggiungere, sfide che in realtà abbiamo già iniziato ad affrontare anche secondo quanto indicato nel “General report of Student Participation in Higher Education Governance” del dicembre 2011.

In questi anni mi è sembrato che l’attenzione per lo studente sia maggiormente tradotta nel rispondere a singole richieste dello studente medesimo (numero di appelli, sconti di programma, dimagrimento dei carichi didattici) piuttosto che nel comunicare la valenza della formazione di qualità come strumento essenziale per la competizione che i tempi moderni richiedono. Anche in questo ambito abbiamo bisogno di riflettere e promuovere attività formative con aspetti di innovazione e che abbiano al loro interno contenuti e indirizzi che rispondano alle sfide attuali regionali, nazionali ed europee. In qualche caso la presenza di insegnamenti in lingua inglese (organizzati in “pacchetti” di 30-60 crediti per favorire l’acquisizione da parte degli studenti stranieri) potrebbe stimolare l’interesse per corsi di studio presenti a Sassari. Come anche è necessario garantire lo svolgimento di corsi lingua e cultura italiane per studenti stranieri soprattutto non comunitari. Grazie al personale segreterie studenti per quello che fanno, che sempre più vogliamo luoghi di accoglienza, ricchi di competenze diverse, capaci di dimostrare l’interesse di tutti a presentare le eccellenze che certamente esistono, a garantire una funzionalità e una efficienza che deve essere estesa.

Abbiamo quindi iniziato quel percorso che porta a ridefinire il ruolo degli studenti e delle associazioni studentesche all’interno dell’Università, dove gli studenti devono essere considerati membri a pieno titolo della comunità accademica in un processo continuo che permetta loro di dare un contributo concreto per la definizione delle questioni riguardanti la comunità accademica. È quindi importante affrontare e combattere la minaccia della percezione degli studenti come consumatori anziché come partner, poiché la partecipazione degli studenti migliora la “cittadinanza attiva” e rappresenta un indicatore della democrazia e della cultura del dialogo e rafforza quel concetto più volte espresso che studiare a Sassari è studiare in Europa. Dobbiamo aprire ad una nuova responsabilità e a un nuovo protagonismo degli studenti e delle loro associazioni nel miglioramento delle attività e delle performance dell’Ateneo (anche nella terza missione e nel rapporto con il territorio). Tenere aperte anche nella seconda metà della sera le aule e le strutture didattiche e di studio dell’Ateneo con le attività delle 150 ore o con eventuali attività volontarie delle associazioni. Avviare dei progetti di attività culturale che le associazioni studentesche possono svolgere all’interno degli spazi didattici negli orari non impegnati dalle lezioni (incontri , seminari, conferenze, musica, spettacoli).

In tutte le attività culturali, sportive e ricreative lavoreremo assieme alle associazioni studentesche impegnate in un programma di iniziative autogestite, che saranno concluse con la tradizionale festa degli universitari in piazza di Piazza Tola. E poi i Goliardi, l’Erasmus Student Network, l’Associazione dei Dottori di Ricerca, l’Associazione degli Alumni dei nostri Laureati, il CUS, il CRUS. La collaborazione con il Conservatorio di musica e l’Accademia di belle arti, con l’ERSU, per garantire nuovi servizi e tariffe agevolate, per rilanciare il servizio ambulatoriale agli studenti fuori sede, le attività culturali, divulgative e informative comuni. Soprattutto per rendere la realtà universitaria ancora più vivace, per estendere l’apertura serale delle biblioteche, per sostenere al nostro interno un dibattito democratico sul diritto allo studio, sul merito, sulle politiche sociali.

Diversi aspetti legati alla logistica andrebbero più curati dai corsi di studio e potrebbero incidere significativamente sul livello di attrattività e pubblicità positiva nei confronti dell’Ateneo. Accoglienza, semplificazione dei percorsi, agevolazioni ed eventuale definizione dei calendari delle attività didattiche in forma compattata dovrebbero essere tenute in considerazione e sperimentate quanto prima. Si deve tener conto dei giudizi negativi degli studenti.

Sul piano della comunicazione esterna dobbiamo saperci raccontare di più ed è urgente intraprendere alcune iniziative, come una presenza bilingue di tutte le informazioni relative all’Ateneo, dalla didattica, alla organizzazione complessiva, alla ricerca e cosi via. Tutte le nostre pagine che fanno capo ad Sito web dovrebbero avere le diverse bandierine, che facciano si che l’utente scelga il veicolo linguistico più congeniale.

Le attività formative presenti a Sassari (magari con una presenza significativa di insegnamenti in lingua inglese) devono poter essere presentate per via informatica presso consolati ed ambasciate, utilizzando l’indirizzario degli addetti culturali e degli addetti scientifici.

Anche nel campo della comunicazione interna è opportuno che vi sia una crescita. Mi sembra soprattutto che la velocità di trasmissione delle informazioni debba essere maggiore, così come la trasparenza debba essere sempre assicurata. A volte capita che le informazioni siano riferite a responsabili, direttori, componenti degli organi accademici e molto tardivamente arrivino a chi materialmente deve poi svolgere le azioni programmate.

Le prospettive occupazionali post laurea rappresenterebbero un driver motivazionale fenomenale per la partecipazione a corsi di studio del nostro Ateneo ma perché questo avvenga si debbono creare delle condizioni propedeutiche. I laureati che formiamo debbono rispondere alle esigenze e alle richieste del tessuto imprenditoriale presente, che poggia sulle basi delle vocazioni storiche o che può promuoversi sulla scia degli orientamenti indicati nelle programmazioni europee che dovrebbero rispondere alle ampie sfide globali. Il legame formativo tra le imprese e l’Università va incentivato e soprattutto precocemente offerto. Al contempo, i nostri laureati dovranno potersi confrontare con il contesto lavorativo europeo e in questo senso è auspicabile che una esperienza all’estero diventi parte integrante della carriera di ogni studente.

Bisogna sostenere la creazione di spin off, start up e forme di co-abitazioni tra imprese innovative e gruppi di ricerca. Ma in modo strategico e non in modo asincrono. Un esempio è Porto Conte Ricerche che pur avendo avuto una ripresa e crescita importante non appare strumento strategico dell’Ateneo ma finisce per essere un Ente Regionale che punta maggiormente ad una propria e individuale caratterizzazione tecnico scientifica e giusto accoglie nella casa dell’Università gruppi di ricerca universitari. Eppure dalle prossime settimane entrerà in vigore il nuovo accordo con Porto Conte Ricerche, che riconosce all’Ateneo un ritorno economico a favore della ricerca. Verrà liquidato il CORISA dopo quasi vent’anni di gestione straordinaria.

Abbiamo sviluppato politiche di orizzonte maggiormente ampio, alcune sembrano affacciarsi (vedi Matrica), con potenziali investitori più solidi. Ma dobbiamo assicurare una cabina di regia specifica e rispondere ad un disegno strategico generale e non ad un momentaneo interesse scientifico.

Non bisogna scordare inoltre che il nostro Ateneo sta svolgendo una attività di placement rilevante nella ricerca con i suoi oltre 400 dottorandi, oltre 300 assegnisti e quasi 70 ricercatori a tempo determinato, senza contare borsisti e specializzandi. Anche in questo caso, sarà opportuno riflettere su come meglio rendere produttiva questa platea rilevante di giovani ricercatori. Il problema dei giovani è enorme, bisogna rispondere questa emergenza in modo prioritario e in modo intelligente, anche al di là della sostenibilità. Dobbiamo avviare la stabilizzazione dei precari, varare un minimo di concorsi per il personale tecnico amministrativo finalizzati a dare una prospettiva (anche con le graduatorie degli idonei e con iniziative di qualificazione) ai molti validi giovani che hanno già superato impegnative selezioni e che stanno dando ottime prove nei moltissimi rapporti a tempo determinato tra breve non più rinnovabili. Programmare uno sforzo straordinario per presentare progetti speciali che possano attrarre finanziamenti europei nei quali possiamo valorizzare queste risorse.

Verificheremo l’efficienza delle sedi decentrate, a Olbia, a Nuoro, a Oristano, in collaborazione con i Consorzi e le istituzioni locali. Ad Alghero arriveremo alla liquidazione della Società consortile e stabilizzeremo il dipartimento di Architettura, design e urbanistica aperto verso la Catalogna e il Mediterraneo.

Sul piano della didattica, dobbiamo difendere l’accreditamento ministeriale di tutti i corsi di studio e di tutte le sedi recentemente ottenuto. Il recente alleggerimento dell’AVA da parte dell’ANVUR su richiesta del Ministro Carrozza non deve comportare un impegno inferiore.

Saranno esonerati dal pagamento della seconda e terza rata di immatricolazione gli studenti che hanno conseguito il diploma di maturità con lode e gli studenti regolari e in corso che conseguano il titolo finale con una votazione di 110 e lode entro la sessione estiva. Le Scuole di specializzazione, le Scuole di Dottorato e i Master arriveranno ad oltre 1500 iscritti, grazie alle numerose borse reperite presso la Regione Sarda, la Fondazione Banco di Sardegna, i Comuni, l’INPS.

Dopo l’esperienza del Tirocinio Formativo attivo per insegnanti, partiranno i Percorsi abilitanti speciali con il coinvolgimento di molti Istituti scolastici.

L’idea di orientamento delineata nello statuto è stata presentata nei giorni scorsi al convegno nazionale di Alma Laurea-Alma diploma. Emerge la necessità di una stabilizzazione del sistema, con un allargamento progressivo della lotta alla dispersione, che passa attraverso le nostre giornate dell’orientamento, che si svolgeranno dall’8 all’11 aprile allargandosi agli studenti delle IV liceali.

Il Centro Linguistico di Ateneo adotterà un nuovo progetto formativo e organizzativo. Ci batteremo per la promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna.

A valle del nuovo Regolamento della Commissione per le Problematiche degli studenti disabili innoveremo profondamente l’annuale concorso di sensibilizzazione sui temi della disabilità riservato agli studenti delle ultime classi delle scuole superiori.

Nel campo della ricerca, ci dobbiamo allineare alle nuove linee del Piano Nazionale della Ricerca, collaborando con il CNR e creando infrastrutture materiali e immateriali.

L’Ateneo cercherà nuovi finanziamenti europei nel programma Horizon 2020, nazionali, con i PRIN e i FIRB e nell’ambito della Legge Regionale sulla ricerca. Prenderanno forma il Centro Servizi di Ateneo per la Ricerca e il Centro Interuniversitario sulle tecnologie per i beni culturali. Dobbiamo puntare a rafforzare con un impegno straordinario la nostra capacità di inserirci nei progetti europei Horizon 2020 anche facendo leva su un rinnovato rapporto con il tessuto sociale e produttivo del territorio per contribuire con le strategie d’internazionalizzazione alla valorizzazione delle conoscenze scientifiche e allo sviluppo dell’innovazione (sviluppare il programma Erasmus Placement in Sardinia su cui contiamo di richiedere un finanziamento per un progetto speciale nell’ambito dell’Azione 2 del nuovo programma Erasmus Plus 2014-20). Al di là dei recenti risultati delle mobilità internazionali studentesche, ancor più ci inseriremo nella prospettiva del Programma Erasmus Plus verso la nuova fase del processo d’integrazione nello “Spazio europeo dell’istruzione superiore”. L’Università continuerà a distinguersi per la capacità di attrarre i finanziamenti europei per borse di studio e di tirocinio all’estero.

Assumeremo 7 ricercatori a tempo determinato nel programma “Rientro dei cervelli” e 31 assegnisti del Programma Master and Back.

Utilizzeremo il Fondo Sociale Europeo per i grandi progetti di Ateneo, Dottorati di Ricerca, ricercatori a tempo determinato, assegni di ricerca nel campo della conservazione e restauro dei beni culturali e assegni di ricerca in forma associata con enti di ricerca e imprese. Realizzeremo i laboratori ad alta tecnologia innovativa. Nell’ambito della Legge regionale utilizzeremo il finanziamento dei Visiting Scientists e per posti di Ricercatore a Tempo Determinato. Lavoreremo per attivare posti di ricercatore di tipo b, destinati a stabilizzare alcuni giovani. Abbiamo 400 mila euro da spendere per gli assegni cofinanziati.

L’Ufficio Trasferimento Tecnologico sosterrà la diffusione della cultura di impresa e la tutela della proprietà intellettuale, con il sostegno alla brevettazione. Stiamo aprendo l’incubatore universitario cittadino di impresa in Via Rockfeller, autorizzando nuovi spin off e programmando la prossima edizione della start Cup. Stiamo lavorando con il Comune e la CCIA perché la nostra Università nel dicembre dell’anno prossimo ospiterà a Sassari la fase finale del Premio Nazionale dell’Innovazione 2014, alla quale parteciperanno 40 atenei.

Nell’ambito della programmazione, acquisto e gestione di tecnologie e attrezzature scientifiche e sanitarie reperiremo risorse per i 50 progetti presentati, che ci consentiranno di superare le notevoli criticità nell’adeguamento tecnologico.

Grazie alla disponibilità dei fondi FAS, l’Ateneo realizzerà il progetto di Orto Botanico, nell’Area di Piandanna, con lo scopo di garantire la conservazione della biodiversità della Sardegna nel più vasto contesto mediterraneo.

Proseguiranno le attività condotte nell’ambito della Progettazione Europea, indirizzate al consolidamento della attività formative verso i giovani ricercatori dell’Ateneo e il personale, in collaborazione con la Camera di Commercio e la Provincia di Sassari, con interventi specifici come nel settore della nautica.

L’Università continuerà a partecipare ad una pluralità di consorzi universitari, a società miste e a centri di competenza per il trasferimento tecnologico con lo scopo di sostenere un ambiente di ricerca fortemente interdisciplinare, in settori strategici quali: la diagnostica e la ricerca medica, la conservazione dei beni culturali, il trasferimento tecnologico, la prevenzione dei rischi ambientali, le biotecnologie, le agrorisorse, il settore aerospaziale.

L’attività di internazionalizzazione della nostra Università, pur condizionata dal grave nodo dei trasporti, si svilupperà attraverso la partecipazione alle reti: delle Università catalane, delle Università insulari e delle Università mediterranee (UNIMED, EMUNI e Unione per il Mediterraneo). Pubblicheremo gli Atti del Symposium “I mari delle isole” promosso da RETI ad Alghero l’anno scorso e nei prossimi giorni uscirà il volume degli Atti del convegno scientifico promosso in occasione delle celebrazioni dei 450 anni. L’Ateneo porterà avanti iniziative in Cina nell’ambito dell’Associazione Uni-Italia e della Fondazione Italia-Cina in collaborazione con il Ministero degli Esteri. In collaborazione con la Brigata Sassari, consegneremo ad Herat il diploma finale ai due dottori di ricerca in Agraria di origine afgana.

L’internazionalizzazione dell’Ateneo non deve risolversi in un “affaire” dei delegati alla mobilità e delle relazioni internazionali, ma deve essere una missione, un obiettivo strategico, una visione “europea” e mondiale che deve orientare, incidere capillarmente sulle politiche attive dell’Ateneo. Per costruire il nostro percorso di internazionalizzazione vi è la necessità dell’apporto sinergico di tutte le componenti dell’Università, delegati, dirigenti , responsabili degli uffici, docenti, studenti, associazioni studentesche.

Dobbiamo mettere in campo una politica strategica e condivisa dell’internazionalizzazione, arrivando ad elaborare un condiviso piano strategico per l’internazionalizzazione dell’Ateneo, che deve efficacemente pesare nelle politiche attive. Ora è il momento di attrezzarsi per essere pronti alle sfide molto complesse del 2014/2020.

Passando alla Medicina universitaria, il percorso di integrazione della AOU di Sassari proseguirà grazie al nuovo Organo di indirizzo e alla ormai prossima approvazione dell’Atto Aziendale da parte della Regione. Recupereremo dall’ASL 1 e dall’AOU le indennità assistenziali previste dalla legge 517 del 1999 e mai erogate in Sardegna, unica regione italiana: costretto a rimediare ai ritardi del Servizio Sanitario Regionale, l’Ateneo deve ora ottenere i rimborsi senza escludere anche un’azione legale. Riteniamo urgente favorire l’instaurarsi di un corretto rapporto tra le rappresentanze sindacali dell’Università e i Vertici Aziendali e definire la collaborazione del personale tecnico amministrativo, in servizio presso le strutture aziendali con compiti di supporto all’assistenza, secondo quanto previsto dal Contratto Nazionale di lavoro. Occorre ricollocare in ambito assistenziale l’esiguo contingente di personale universitario di area tecnica attualmente escluso. Il Ministro ci ha ricordato nei giorni scorsi che entrerà in vigore la riforma del sistema di formazione dei medici e ha promesso la fine della sperimentazione dei Policlinici (tipo A e B).

Sul piano dell’impegno dell’Ateneo per lo sviluppo socioeconomico del territorio, il network strategico INN.TE con la Camera di Commercio intende creare sinergie per cogliere le sfide e intervenire a vantaggio del tessuto imprenditoriale locale, attraverso campi comuni d’intervento, in un’ottica di sviluppo territoriale integrato. La Camera sosterrà l’Incubatore Universitario e definirà un percorso volto a creare sinergie per le start up innovative e i servizi offerti a favore delle imprese.

Aprirà la Farmacia comunale, che vede l’Università socia di minoranza. I dipartimenti continueranno ad essere in prima linea promuovendo incontri scientifici e seminari di livello internazionale, con il coinvolgimento di molte Società scientifiche.

Abbiamo definito il protocollo d’intesa con l’Istituto Zooprofilattico, in relazione alla possibilità di presentare un progetto di ampliamento edilizio nell’area di Monserrato, recuperando quasi 8 milioni di euro di risorse inutilizzate.

Proseguirà l’impegno del nostro Ateneo nel campo della Chimica Verde e della Chimica Sostenibile, attraverso i contatti con le aziende del gruppo Eni/Novamont/Matrìca, con le riunioni del tavolo tecnico, con le borse di dottorato e le bonifiche. Sosterremo lo sviluppo delle attività di ricerca e trasferimento tecnologico.

Il Sistema Bibliotecario dell’Ateneo, superate le difficoltà di carattere amministrativo, conoscerà un deciso rilancio delle 9 biblioteche, 7 di primo livello, due la Biblioteca di Scienze Giuridiche Olives e la Biblioteca di Storia, di livello specialistico.

Dopo il trasferimento della Biblioteca Universitaria nel Complesso di Piazza Fiume, definiremo col Demanio la cessione all’Università dei locali storici della Biblioteca Universitaria. Siamo protagonisti nell’attuazione del progetto della Biblioteca Scientifica Regionale. In quest’ambito, l’archivio istituzionale ad accesso aperto dell’Università di Sassari UnissResearch si consoliderà ulteriormente con grandissima soddisfazione degli utenti.

Il Museo Scientifico, con sede presso il Polo bionaturalistico dell’Ateneo, in attesa della conclusione dei lavori nella sede definitiva, utilizzerà lo spazio espositivo individuato nel locale al piano terra della struttura cupolata di Piandanna.

L’attività edilizia dell’Ateneo è in pieno sviluppo, nell’ambito del Programma triennale delle opere pubbliche dell’Ateneo. Sono previsti 14 interventi, l’edificio di Via del fiore bianco, gli impianti sportivi, Largo Porta Nuova, il Polo naturalistico di Piandanna e l’Orto botanico, il Dipartimento di Agraria in Viale Italia, le Aziende S. Quirico, S. Lucia, Surigheddu, Ottava, l’Azienda zootecnica di La Crucca, gli edifici di Monserrato per Veterinaria e Chimica e Farmacia, il polo umanistico di via Roma e Via Diaz, i Palazzi dell’Amministrazione Centrale, Estanco, Zirulia; infine la ristrutturazione della sede del dipartimento Economia.

Sono aperti numerosi cantieri ormai in fase conclusiva. Per quanto riguarda l’impianto di cogenerazione in Via Piandanna, stiamo trattando un accordo con l’AOU per evitare nuovi contenziosi.

In materia di edilizia sanitaria, arriveremo rapidamente al trasferimento del nuovo reparto di malattie infettive. Proseguiranno i lavori seguiti dall’Azienda Ospedaliero Universitaria per oltre 7,5 milioni di euro, mentre seguiremo la progettazione del nuovo ospedale con i 95 milioni dei fondi FAS che vorremmo riguardassero anche il Brefotrofio.

L’Ateneo si è dotato di un Sistema Informativo, che sarà implementato all’interno del progetto integrato U-GOV, attraverso nuovi moduli, relativi alla registrazione on line degli esami, al portale di ateneo, all’anagrafe delle ricerche.

Dopo l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale ora in linea con la programmazione di Ateneo, siamo impegnati per migliorare gli indicatori “Spese di Personale”, “Spese per Indebitamento”, “Situazione economica finanziaria”, visto che il rapporto tra FFO/Spese di personale è ancora sopra l’80% a causa degli stipendi erogati a favore del servizio sanitario regionale. Il nuovo modello di calcolo, fondato quasi interamente sui risultati della VQR, certamente ci favorirà non poco nel 2014, ma si prospetta all’orizzonte negli anni successivi l’innovazione del costo standard per studente che potrebbe essere penalizzante.

In tema di Personale e relazioni sindacali siamo consapevoli che abbiamo ancora molta strada da fare, a proposito delle stabilizzazioni, progressioni di carriera, riconoscimento dell’impegno e della professionalità di ciascuno. Per usare le parole del Papa, quando non c’è professionalità lentamente si scivola verso la mediocrità.

E’ nostro intendimento arrivare, entro i primi mesi del 2014, all’interazione dei dati del Patrimonio mobiliare e del Patrimonio immobiliare, implementandoli con l’attivazione di un sistema satellitare GIS.

 

Cari amici,

vorrei che fino all’ultimo giorno del mio mandato continuassimo a lavorare per affermare il senso etico dell’impegno personale di ciascuno di noi, il che significa distribuire le risorse con criteri condivisi, stabilire indicatori veramente imparziali, fissare obiettivi alti, e poi pesare i risultati. Affermare la continuità dell’istituzione e programmare insieme e in modo condiviso anche per i prossimi anni. Vogliamo ribadire che il nostro Ateneo ha messo e continuerà a mettere al primo posto il principio di legalità, inteso come impegno per realizzare il bene comune, che è il presupposto necessario per fare università. Su questo versante saremo davvero intransigenti.

Allora, veramente, voglio rivolgermi a ciascuno di voi, ai nostri studenti, ai nostri colleghi, alle nostre famiglie, per formulare i miei auguri.

Auguri a tutti noi, per le prossime Festività e per un vero Natale pieno di serenità e di gioia, per un anno nuovo ricco di cose che contano davvero, di emozioni, di sogni e di speranze. Auguri ai nostri amici di Olbia e degli altri comuni che sono stati colpiti dal ciclone Cleopatra del 18 novembre, con un pensiero speciale per le tante vittime, per i senza tetto, per chi ha perso le cose care. L’Ateneo si è mobilitato nella gara di solidarietà e presto saremo in grado di fornire un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà.

Auguri ai nostri colleghi che hanno superato positivamente le abilitazioni nazionali, con un successo personale che sarà anche un successo per tutto l’Ateneo. Ma auguri anche ai tanti che hanno conosciuto una battuta d’arresto determinata spesso non da loro colpe ma solo dalla casualità delle alleanze nelle commissioni nazionali e da un sistema di valutazione che è ancora in una fase di difficile sperimentazione. In qualche caso sappiamo che si sono verificate vere e proprie ingiustizie.

Voglio esprimere solidarietà e vicinanza a tutti coloro che hanno lavorato intensamente in questi anni e colgo l’occasione per annunciare che l’Ateneo si impegna ad arrivare rapidamente alla presa di servizio dei nuovi professori associati e ordinari, con l’utilizzo di tutte le risorse in punti organico disponibili, in particolare quelle provenienti dal piano straordinario libero dai vincoli di bilancio.

Affettuosi auguri ai candidati che si confronteranno nella prossima competizione elettorale per il mandato rettorale che ci proietterà verso il 2020: grazie per la vostra generosità, per la vostra passione, per l’alto senso dell’istituzione universitaria che sono certo impronterà i vostri programmi elettorali e il dibattito che disegnerà un’Università nuova, che riesca a risolvere tanti problemi che noi non siamo stati capaci di affrontare in modo adeguato. Credo che sarete capaci di mettere in campo idee nuove, strategie, progetti. Vi seguono le speranze di tutti noi, al Rettore eletto il 17 giugno non mancherà il nostro aiuto.

Auguri a ciascuno di voi, alla grande famiglia dell’Università, alla città di Sassari e a tutta la Sardegna. Il nuovo anno sia veramente un anno di svolta, positivo, ricco di salute, speriamo senza una lacrima, con tanti momenti di gioia e di felicità.

 

Sassari, 23 dicembre 2013

 

Intervento del Rettore prof. Attilio Mastino

Il Grifone del maestro Elio Pulli

Cari amici,

abbiamo il piacere di presentare il volume uscito oggi su Le origini dello studio generale sassarese nel mondo universitario europeo dell’età moderna, curato da Gian Paolo Brizzi e Antonello Mattone, con gli Atti del convegno svoltosi per i 450 dalla nascita del Collegio Gesuitico. E insieme posso annunciare che l’Ateneo ha ricevuto negli ultimi mesi una serie di doni di oggetti d’arte, tra i quali due stampe di Stanis Dessì, che sono state collocate nell’aula Milella, che ora contiene solo opere del maestro scomparso nel 1986, in particolare i tondi delle quattro stagioni perfettamente conservati. Si aggiunge ora una xilografia con un’immagine delle trincee della prima guerra mondiale, con la quale il maestro aveva vinto il premio della Regina. Inoltre una calcografia che rappresenta un paesaggio con la tecnica della vernice molle che dagli anni 50 in poi il maestro aveva particolarmente curato. Sono doni di sua figlia, la nostra Paola Dessì, artista poliedrica e sensibile, che ha voluto aggiungere due sue delicate grafiche conservate ora nell’anticamera del Rettore. Ringraziamo inoltre Francesca Grimaldi, Rosanna Meloni Tagliano, Pamela Reynolds, per i quadri che hanno voluto donare per le nuove sale dell’Ateneo dell’ex Estanco che, grazie all’impegno di Giuliana Altea, si sono arricchite anche, all’inizio del mio mandato, con le due grandi tele ottocentesche di Carl Ehrenberg (La tentazione di Sant’Agnese in Agone) e di Edmond Guillaume (Gli illuministi sulla barca della ragione).

Infine abbiamo il piacere di presentare a conclusione di questa cerimonia un’opera donata alla nostra Università dal Maestro Elio Pulli, reduce da quella straordinaria Antologica chiusa il 9 ottobre al Museo centrale del Risorgimento in Campidoglio che tanto ci ha emozionato.

Per me in particolare, che ho studiato il vicino tabularium, l’archivio del Senato romano, l’unico edificio di stato di età repubblicana arrivato fino ai nostri giorni, è stata un’emozione forte. Tante storie personali che si incontravano presso l’asylum di Romolo, sotto l’auguraculum dal quale i sacerdoti e magistrati romani scrutavano il cielo verso Alba Longa per leggere attraverso il volo degli uccelli la volontà degli dei.

Questa scultura rappresenta appunto un uccello, un grifone con tutta la sua apertura alare che trionfa su un cinghiale della Sardegna: esprime in qualche misura il tema della biodiversità, della ricchezza dell’ambiente naturale che amiamo, della varietà naturalistica della nostra isola.

I rapaci occupano da sempre uno spazio significativo nella letteratura sulla Sardegna per rappresentare un ambiente naturale, gli spazi solitari del Gennargentu, ma anche una cultura e una tradizione, frutto di osservazioni e di riflessioni che iniziano nel mondo antico con lo Pseudo Aristotele. Nel De mirabilibus auscultationibus egli racconta il mito relativo alle favolose colonizzazioni dell’isola dalle vene d’argento, la Argurofleps nesos, ricorda che questa terra fu prospera e dispensatrice di ogni prodotto: si narra che il dio Aristeo il più esperto tra gli uomini nell’arte di coltivare i campi, produrre il miele, l’olio, il vino, il latte, fosse il signore di Ichnussa, occupata prima di lui solo da molti e grandi uccelli. Come non ricordare che un’isola circumsarda, l’isola di San Pietro, era nell’antichità conosciuta da Plinio e da Tolomeo come Acciptrum insula – Hierakon nesos, l’isola degli sparvieri o dei falchi ?

Il tema dei molti e grandi uccelli che abitano i monti della Sardegna attraversa la letteratura sarda, passa per la Carta de Logu di Eleonora, tocca Francesco Cetti nel 700 per arrivare fino a Grazia Deledda, a Sebastiano Satta, ad Antonino Mura Ena, ad Antioco Casula Montanaru, fino all’ultimo libro di Antonello Monni, Il bambino dalla milza di legno. Infine esplode nelle immagini fotografiche del recente volume di Domenico Ruiu.

Per me i grifoni che volano larghi e si muovono tra le falesie di Capo Marrargiu e i canaloni vulcanici che conducono a Montresta passando per i costoni di Badde Orca continuano a ricordare una giovinezza lontana e luminosa, continuano a rappresentare un simbolo di libertà, un elemento identificativo della biodiversità della nostra isola.

Ho visitato di recente, in compagnia di Eugenia Tognotti, Maria Pina Dore, Pasquale Porcu la bottega, il laboratorio-museo che il Maestro Pulli ha messo su a Tramariglio, all’interno del Golfo delle Ninfe, a due passi dalla Falesia di Capo Caccia e dall’Isola Foradada. Accanto ai forni per la lavorazione della ceramica, oltre il campo di bocce, al di là del disordine creativo della bottega, c’è una deliziosa saletta-museo dove sono esposte molte opere di pittura, ma soprattutto le spettacolari ceramiche dalle trasparenze metalliche, con i colori immaginati dall’artista prima della cottura. Ecco, il tema dei colori è centrale per l’arte di Elio Pulli, come per i suoi Costantino Spada, Libero Meledina e Antonio Atza. Oggi, a 80 anni di età, Elio Pulli continua ad essere capace di sorprendere e di meravigliare, continua ad emozionarsi e ad emozionare.

Ho letto sul catalogo della mostra al Vittoriano che Claudio Strinati pensa ad Elio Pulli come ad un potente artigiano, robusto dominatore di tutte le cose, insieme pittore e scultore sensibilissimo, con radici popolaresche, con una creatività forte e prorompente, con un’assoluta capacità mimetica di fronte al mondo e insieme capace di dare corpo alle fantasie più spericolate. Per Strinati Pulli <<è come impastato di verità, introverso, meditativo e incantato di fronte alla bellezza delle forme che viene elaborando>>, sempre coltivando il legame, mai interrotto, con le origini artigianali e popolari, ma con un’eleganza e una sensibilità davvero finissime.

Anche al di là della pittura, con la tridimensionalità della ceramica Pulli riesce a esprimere la profondità di una realtà che spesso ci sfugge e che osserviamo con stupore: nelle immagini degli animali, nelle rappresentazioni naturalistiche sembra quasi <<che l’artista diventi un mago abilissimo che ti travolge con una raffica di trucchi inspiegabili e di veri e propri prodigi, che si stenta a spiegare razionalmente, ma che si accettano proprio per la loro fiabesca apparizione>>. Vorrei che questa scultura, capace di riassumere un mondo immaginario fatto di bellezza, di fantasia, di creatività, che ospiteremo nell’Ufficio del Rettore, riuscisse a sintetizzare un sentimento, a far riemergere tanti ambienti naturali che amiamo, tante storie dimenticate, tanti rapporti tra cielo e terra. Vorrei che riuscissimo a osservare la nostra terra dall’alto, che affrontassimo i nostri problemi con lo spirito di chi è capace di mantenere una distanza e insieme di saper vedere in profondità, al di là delle apparenze, con uno sguardo nitido e intenso, con un atteggiamento di qualità e di nobile distacco. Ho scritto da poco che seguendo il volteggiare dei grifoni abbiamo l’impressione forte di seguire il volo di un dio, di assumere per un istante magico lo sguardo di un genius loci che ancora ci parla.

Vorrei che questa scultura ricordasse a tutti noi che dobbiamo volare alto, dobbiamo pensare il futuro della Sardegna e il futuro della nostra Università in un orizzonte più ampio, con più passione, più generosità e più impegno. Auguri a tutti.




Identità latinoamericana e identità mediterranea

Attilio Mastino
Identità latinoamericana e identità mediterranea
Sassari, 29 novembre 2013

Ho l’onore di aprire questo XXXIII Seminario per la Cooperazione Mediterranea dedicato al tema Identità latinoamericana e identità mediterranea promosso dall’ISPROM, dal nostro Dipartimento di Giurisprudenza, da nostro Seminario di studi latinoamericani, con la presenza di ospiti, di studiosi, di tante persone che ci sono care. Vi accogliamo in quella sala che ospitava dell’Ottocento il Gabinetto archeologico dell’Università studiato nell’ottobre1877 da Theodor Mommsen, testé evocato da Vanni Lobrano: a giorni scopriremo una lapide per ricordare la visita dello studioso tedesco all’indomani della pubblicazione della Römische Staatrecht.

So che molti dei nostri ospiti meglio di me saranno in grado di offrire uno sguardo originale, non circoscritto e non limitato, dato che provengono da un ambiente internazionale, dall’Accademia delle Scienze di Russia, dall’Università Nazionale Scuola Superiore di Economia di San Pietroburgo, dall’Istituto di Alti studi in Geopolitica e scienze ausiliare, dall’Associazione di studi sociali latino americani che celebra i suoi 40 anni di attività, dal Grupo de Trabajo de Jurisprudencia del Consejo europeo de Investigaciones Sociales de América Latina.

Allora credo di essere la persona meno adatta ad affrontare – in quello che in modo esagerato nel programma viene definito Discorso di apertura – il tema della proiezione dell’identità mediterranea verso l’America Latina, eppure tenterò un esercizio per entrare in sintonia con la tradizione di quegli studi latino americani che sono stati coltivati in questa Università da molti di voi, qui a Sassari negli anni 70 oltre che da Pierangelo Catalano anche da Sandro Schipani, che ricordo sempre con affetto e viva simpatia, anche perché è stato capace di insegnarci un metodo partendo dal rispetto delle persone, di aprire orizzonti nuovi, di creare reti, di suscitare curiosità e passioni profonde. Del resto ci ha pensato Giovannino Massarelli ad erudirmi un po’ e a farmi un’idea dei problemi che oggi trattiamo, regalandomi qualche abbonamento a riviste latinoamericane.

Vorrei portarvi per un attimo in Brasile, al Museo religioso José de Anchieta presso l’originaria colonia gesuitica di San Paolo, nel cuore della degradata città moderna, al di fuori della luccicante Avenida Paulista col ben più moderno Museo d’Arte San Paolo MASP: all’interno del Museo religioso he ricorda la originaria riduzione gesuitica, sono rimasto impressionato dall’enorme dipinto, credo poco noto, che ricorda i 40 martiri gesuiti morti nel naufragio sulle coste delle nuove Indie. E’ un’accurata raffigurazione cinquecentesca del mare in burrasca, della nave rovesciata, degli scogli inospitali, degli eroi della colonizzazione gesuitica, trasformati in tante fiammelle che ascendono prodigiosamente in cielo sotto lo sguardo della Madonna. In quelle immagini, negli oggetti di culto, nelle rozze cartine che segnano l’avanzare dell’espansione portoghese, ritorna profondissimo il senso di un sacrificio, di un impegno, di un’eredità, se si vuole anche di una solidarietà verso gli aborigeni del nuovo mondo e di una speranza, quella di trasmettere il testimone di una civiltà antica che si apriva al nuovo mondo verso le sterminate terre incontaminate del Sud America.

José de Anchieta arrivò in Brasile, chiamato dal provinciale  Manuel da Nobrega, il 13 giugno del 1553, a 20 anni di età, insieme ad altri sacerdoti, come il basco Juan de Azpilcueta Navarro. Sbarcato a Santos, nello sviluppo della sua azione missionaria al di là della catena montuosa della Serra do Mar, fondò il 25 gennaio 1554 nell’altipiano di Piratininga il Colégio de São Paulo de Piratininga, in cui fu reggente, embrione della città di San Paolo, insieme con altri sacerdoti della Compagnia di Gesù. Questo villaggio contava, nei primi anni della sua esistenza 130 persone, 36 delle quali avevano ricevuto il battesimo. Si occupò non solo di educare e catechizzare gli aborigeni nomadi  Tupi-Guarani, ma anche di difenderli dagli abusi dei colonizzatori portoghesi, che li volevano, non di rado, fare schiavi.

Al di là di ogni retorica e di ogni mitizzazione relativa alle missioni civilizzatrici dei gesuiti nel territorio della Plata già dal 1585 e poi in Paraguay o nel resto dell’America Latina, vorrei oggi ricordare che negli stessi anni i gesuiti fondavano in Sardegna a Sassari il Collegio Gesuitico, da cui sarebbe nata la nostra Università.

Due mesi fa, parlando davanti a Papa Bergoglio, il papa argentino che tanto amiamo, ho ricordato che alle origini dell’Università di Sassari c’è l’accettazione nel 1559 da parte del Generale della Compagnia di Gesù padre Diego Laínez del testamento del cav. Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V e in relazione con Ignazio di Loyola:

Nel 1562, durante il regno di Filippo II, nell’ultimo anno del Concilio di Trento, iniziavano a Sassari  le lezioni  nel Collegio gesuitico. I primi docenti che incominciarono ad insegnare a Sassari grammatica, umanità e retorica dal martedì 1° settembre 1562 furono: Juan Olmeda, di Cuenca (Castiglia), classe di mayores, poco più di 20 studenti; Juan Naval, spagnolo, classe di medianos, circa 50 studenti; Antonio Bosch, diocesi di Barcellona, classe di menores, circa 80 studenti Nei primi anni un fratello laico venne designato a insegnare a leggere e scrivere a circa 200 ragazzi.

La mortalità tra i gesuiti non abituati alla malaria della Sardegna fu alta: dei primi tre, solo uno sopravvisse entro i primi tre anni; nel secondo anno insegnò straordinariamente grammatica anche il portoghese Francisco Antonio, che poi sarebbe diventato celebre.

Pio IV aveva concesso al generale della Compagnia e ai rettori di collegi da lui designati il potere di conferire tutti i gradi accademici in filosofia e teologia anche a studenti non gesuiti, a condizione che negli stessi collegi si svolgessero i corsi di quelle facoltà, gli studenti ne avessero frequentato i corsi e ne avessero superato gli esami. Entro la fine degli anni Sessanta del 1500 a Sassari si svolgevano già quei corsi ma il generale non autorizzò il conferimento di gradi accademici se non cinquanta anni dopo. Nel corso dei decenni successivi il Collegio gesuitico di Sassari, nel quadro dell’ordinamento spagnolo del tempo, ha contribuito a formare un certo numero di studiosi e intellettuali che hanno cominciato a porsi la particolare specificità storico-culturale dell’Isola. .

Solo il 10 luglio 1612, quattrocento anni fa,  un altro Generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva autorizzò il rettore del collegio turritano (riconosciuto come università di diritto pontificio) a conferire i gradi accademici di <<bachiller, licenciado y doctor>>.  E’ lo stesso generale che promosse la colonizzazione dell’America Latina: istituendo coraggiosamente la provincia del Paraguay, egli non attribuì i nuovi territori né alla Provincia del Perù, né alla Provincia del Brasile, con le conseguenze che ben conosciamo per i successivi rapporti tra Argentina e Brasile, ma anche tra Spagna e Portogallo. Ho letto che Claudio Acquaviva aveva imparato da Cristo attraverso il Vangelo di Matteo che bisogna essere “prudenti come serpenti e semplici come le colombe”. Ma Gesù aveva anche detto: “Vi mando come agnelli tra lupi”. E agnelli tra lupi furono i missionari gesuiti in Paraguay, dove i lupi non sarebbero stati i selvaggi Guaranì, ma paradossalmente i colonizzatori civili e cristiani, decisi ad affermare un processo di colonizzazione fondato sulla schiavitù degli indigeni. Un processo che si sarebbe in qualche modo replicato più di recente nel vecchio mondo, nel corso della fase del colonialismo europeo dell’Ottocento lungo la riva meridionale del Mediterraneo, tra il Marocco e l’Egitto.

Forse agnelli tra i lupi furono anche i gesuiti inviati in Sardegna: a Sassari essi l’8 febbraio 1617 ottennero da Filippo III la carta reale de trasformava il collegio in università di diritto regio con le facoltà di filosofia e teologia, con tutte le prerogative e i privilegi degli studi generali della Corona d’Aragona.  Nel 1632 Filippo IV avrebbe concesso la facoltà di graduare anche in diritto civile e medicina.

La storia del nostro Ateneo potrebbe essere declinata da qui in avanti con un costante parallelismo con la storia delle più antiche università latino americane o con la ricerca di intersezioni e di rapporti, che non mi azzardo ad affrontare anche per rispetto alla competenza di tanti studiosi ben più preparati di me in materia. Sullo sfondo vorrei mettere però il tema dei diritti, che è stato radicato in Europa come in America Latina facendo leva sullo sviluppo delle infrastrutture della conoscenza, in particolare sulle Università, struttura portante per orizzonti di sviluppo e di modernizzazione.

Voglio dunque restare al 500 e ricordare che parlando ad Asuncion in Paraguay due anni fa ho ricostruito la fortuna che più tardi avrebbe avuto in America Latina l’idea di Roma antica, riletta attraverso la lente in parte deformante dei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio di Nicolò Machiavelli, alla base di quelle che sarebbero divenute le istituzioni politiche latino americane. Più tardi il modello romano si sarebbe affermato soprattutto dopo la rivoluzione francese, che avrebbe enfatizzato il successo della repubblica e delle sue istituzioni, la libertà dei cittadini, l’idea di impero, il cesarismo e l’anticesarismo, il tema della cittadinanza.

Restando in Paraguay, la lezione del Machiavelli, filtrata attraverso l’esperienza rivoluzionaria giacobina, sarebbe comparsa  nitidamente nel pensiero giuridico e storico dei padri fondatori della Repubblica del Paraguay e nella esperienza di codificazione del diritto, soprattutto con riferimento alla proclamazione del triumvitato del 1811, poi della nomina dei due consoli con giurisdizione e autorità identica all’indomani del secondo Congresso del I ottobre 1813, la nomina di un magistrato titolare del potere esecutivo unico, come rimedio imposto dall’emergenza militare che si doveva affrontare, un dittatore per salvare la patria dagli stranieri, spagnoli ed argentini. Da qui la nomina del dott. José Gaspar Rodriguez Francia – formatosi in un convento francescano di Cordova –  prima come dittatore temporaneo per tre anni, poi nel congresso del 1817 fino alla morte nel 1840 come dittatore perpetuo, il titolo che era stato di Giulio Cesare. Bernardino Cano Radil, in un articolo del 2001 su “Maquiavelo y la construcción del Estato Nacional Paraguayo”, ha richiamato in particolare l’influsso sui fondatori della repubblica del Paraguay del Principe di Machiavelli, che pure appare secondario, rispetto ai Discorsi, in particolare per ciò che riguarda la centralità della volontà popolare, l’esercito, il fine che giustifica i mezzi utilizzati per raggiungere un risultato. Il fecondo modello romano mediato dall’interpretazione rousseauiana non fu abbandonato, se l’anno dopo la morte del dittatore perpetuo furono nominati prima un triumvirato provvisorio poi due consoli per un triennio Mariano Roque Alonso e Carlos Antonio López, quest’ultimo poi primo Presidente della repubblica del Paraguay a partire dal 1844. L’esperimento del dott. José Gaspar Rodriguez Francia, per quanto frainteso e travisato, non sarebbe stato completamente abbandonato ma anzi ripensato con riferimento al popolo romano modello di tutti i popoli liberi.

Dimensione certamente più rilevante ebbe negli stessi anni il venezuelano Simon Bolivar, il Libertador, che dal soggiorno in Spagna e a Parigi trasse l’ispirazione per la proclamazione della repubblica nel 1811, per la sua azione rivoluzionaria e per la nascita della Gran Colombia, dissoltasi con la sua morte nel 1830.

Al di là del giudizio storico su tanti altri straordinari protagonisti, che si sono alimentati con il pensiero classico ripensato in Europa e con la vitale ripresa della prospettiva imperiale, interessa in questa sede andare alla ricerca delle ragioni per le quali il modello repubblicano romano fu assunto prima dai giacobini e poi in iberoamerica al di là del grande mare come capace di ispirare un sistema costituzionale di un paese come il Paraguay o la Gran Colombia in una situazione di emergenza militare.

Temi che hanno un’eco nella riflessione politica di Giuseppe Garibaldi che traspare nelle Memorie, a partire dai tempi di Rio de Janeiro e di Montevideo a difesa delle repubbliche del Rio Grande nella rivolta dei farrapos e dell’Uruguay (1835-46), e poi soprattutto a difesa della repubblica romana nel 1849.

Le piste da seguire sarebbero moltissime e credo sarebbe fuori luogo un mio ulteriore approfondimento su identità diverse che hanno lontane origini comuni e che si incontrano nel tempo in modo straordinariamente fecondo, se si vuole anche contraddittorio e in bilico tra cesarismo e democrazia.

Ai nostri giorni, le migrazioni europee verso le sterminate terre dell’America Latina, che il nostro Alberto Merler ha studiato in passato con la sua peculiare competenza a cavallo dei due mondi,  hanno certamente arricchito il quadro di tante storie che si incontrano, di tante reti che si consolidano, di tante affinità culturali che oggi ci sembrano preziose e vitali. La storia personale di Papa Francesco è un tassello di queste vicende che presentano convergenze ma anche profonde differenze sociali, politiche e culturali, ancorate a identità che non si sovrappongono ma che hanno avuto costantemente contatti e relazioni tra loro.

Spero vorrete perdonarmi per questa per me inusuale scorribanda attraverso i secoli.

Due giorni fa si è svolta a Roma la VI edizione della Conferenza Italia-America latina, dedicata alla relazione strategica tra Italia e America latina, promossa dall’Istituto di alti studi in Geopolitica e scienze ausiliarie, l’ISAG, attorno al tema dello sviluppo territoriale sostenibile, anche nella dimensione storica e ambientale. Una occasione preziosa per una riflessione sull’orizzonte di sviluppo che può avere anche sul piano scientifico il tema che oggi stiamo declinando sul versante economico, giuridico, culturale. Contemporaneamente la Conferenza de Rettori ha presentato a Roma presso l’Università di Roma tre la campagna per il diritto all’identità in Italia promossa dall’Ambasciata della repubblica Argentina: attraverso questa campagna le autorità argentine cercano di localizzare e restituire alle famiglie legittime i circa 500 bambini sequestrati e scomparsi durante l’ultima dittatura militare, i niňos desaparecidos, molti di loro potrebbero trovarsi oggi in Italia, come i 109 bambini recuperati dall’Associazione Abuelas de Plaza de Mayo.

Volevo ricordare che il nostro Ateneo è interessato ad estendere rapporti con le Università latino americane nell’ambito della ricerca scientifica e dei master internazionali e che intende allagare le numerose convenzioni stipulate in questi ultimi anni: in rappresentanza dei nostri Dipartimenti, di Giurisprudenza, Agraria, Architettura, Scienze Economiche e Aziendali, Scienze Politiche, Scienze umanistiche e sociali, Chimica e Farmacia, Medicina clinica e sperimentale:

Le convenzioni da me firmate dopo la nascita dei nuovi dipartimenti sono ormai più di venti:

–         in Argentina con l’Universidad Nacional de Rosario, con l’Universidad de Flores, con l’Universidad de Moròn, con l’Universidad Nacional de la Plata, con l’Universidad Catolica de Cordoba.

–         In Brasile con l’Universidad Federal de Bahia, con l’Universidade de Sao Paulo, con l’Universidade Paulista de Sao Paulo UNIP, con l’Universidade Federal de Sao Paulo UNIFESP, con la Ponitificia Universidade Catolica do Rio Grande de Sul, con l’Universidade Federal do Rio Grande do Sul, con l’Universidade de Caxias do Sul, con l’Universidade do Estado de Rio de Janeiro, con l’Universidade Federal do Espirito  Santo..

–         In Colombia con la Universidad Piloto de Colombia

–         In Paraguay con la SEAM Secretaria del Ambiente, con l’Universidad Nacional de Asuncion.

–         In Uruguay con l’Universidad de la Republica Oriental del Uruguay.

–         In Venezuela con l’Universidad Bolivariana del Venezuela. Lascio da parte Cuba.

–         Infine in Cile con l’Universidad Austral de Chile, ma vorrei ricordare il ruolo del massimo studioso di Pablo Neruda, il nostro collega Hernàn Loyola, che nell’ottobre 1973 scavalcò il muro di cinta dell’ambasciata italiana a Santiago, pochi giorni dopo la morte di Allende, rifugiandosi poi a Sassari con tanti altri esuli cileni. Una storia che dice anche molto di come nell’immaginario collettivo latino americano fosse vista l’Europa e in particolare fosse rappresentato il nostro Paese, ma anche la nostra isola e la nostra università.

Per tornare in conclusione al Brasile, nei giorni scorsi Alberto Merler ci ha messo in contatto con il Rettore dell’Università Federale dello Stato di Espirito Santo (UFES) che ha molto gradito la nostra proposta di collaborazione e ci ha scritto proponendo a sua volta una serie di programmi di attività. Merler ha svolto molto lavoro a Vitória in collaborazione col professor Reinaldo Centoduccate. E’ solo un esempio delle tante iniziative che bollono in pentola e delle tante strade che abbiamo davanti a noi.

In chiusura lasciatemi ricordare i quattro esponenti della famiglia brasiliana tra le 16 vittime del ciclone Cleopatra, morti nei giorni scorsi ad Arzachena in località Mulinu vecchiu, annegati nello scantinato che avevano adibito ad abitazione, invaso in pochi secondi da un fiume di acqua e fango alto tre metri che non ha lasciato loro scampo.
Isael Passoni e la moglie Cleide, entrambi di 42 anni, e i figli Weriston, di 20 anni e Laine Kellen, di 16, sono stati sorpresi dagli effetti della piena del rio Mannu e del rio San Pietro mentre dormivano. I soccorsi sono arrivati all’alba, quando per loro non c’era già più nulla da fare. L’Università ha aperto una sottoscrizione per aiutare i superstiti, ma rimane il sapore amaro di un’accoglienza inadeguata o addirittura rifiutata, di un degrado ambientale in Sardegna che rischia di essere anche un degrado morale contro il quale dobbiamo sempre combattere.




Intervento al Convegno Uno statuto per la Sardegna del XXI secolo.

Attilio Mastino
Rettore dell’Università degli Studi di Sassari
Intervento al Convegno: Uno statuto per la Sardegna del XXI secolo
Sassari, 29 ottobre 2010

Apriamo questo incontro con grande piacere, ringraziando la Presidente Claudia Lombardo e tutte le autorità presenti, per l’onore che fanno a questo Ateneo, alla nostra Università di Sassari, in occasione della presentazione del volume – curato da Mariarosa Cardia – su Uno Statuto per la Sardegna del XXI secolo. Un volume che sintetizza, in occasione del Sessantesimo anniversario dello Statuto  in Sardegna, i lavori dei seminari nei quali numerosi consiglieri regionali e nostri colleghi delle due Università sarde a Cagliari si sono confrontati nel corso del 2008 intorno ai problemi del nuovo Statuto della Sardegna.

Credo che la discussione che si sta sviluppando sul tema del federalismo in Consiglio regionale, nella nostra Regione e, ancora più in generale, nel Paese, può rappresentare una opportunità ma anche una incognita. Soprattutto se il federalismo viene interpretato come competizione tra Regioni sviluppate e Regioni in ritardo di sviluppo. Tutti noi avvertiamo sullo sfondo alcune minacce e alcuni pericoli che non possono certo essere quelle, ad esempio, del secessionismo della Regione Sicilia che oggi, sui giornali, è stato annunciato dal Presidente Raffaele Lombardo.

Respingiamo invece la prevalente interpretazione egoista del modello federale da parte delle Regioni settentrionali. Questo è un tema di bruciante attualità e lo vediamo anche dallo scarto che esiste tra gli atti pubblicati in questo volume, con i contenuti delle discussioni avvenute due anni fa, e il cammino che il Paese sta compiendo in queste settimane in materia di modello federale, con questa prepotente proposta che in qualche modo potrebbe non solo scardinare gli assetti che finora abbiamo conosciuto, ma prendere una strada sbagliata, che dovrebbe essere in qualche modo corretta e riorientata.

Il dibattito in Consiglio regionale ha messo in luce la necessità di affiancare alla riflessione politica anche una riflessione e un impegno da parte di studiosi e di giuristi. Porto allora, anche a nome del Rettore dell’Università di Cagliari, il saluto delle Università della Sardegna, ribadendo la disponibilità dei nostri ricercatori a mettersi al servizio degli interessi della nostra isola, in una discussione che dovrà in qualche modo approfondire tanti aspetti molto delicati, iniziando, soprattutto, da alcuni temi che richiedono una maggiore chiarezza terminologica.

In occasione di una sessione del Consiglio regionale – che si è tenuta il 5 ottobre – riguardante questi temi (anche a nome del Rettore Giovanni Melis, aiutato dalla riflessione che è stata svolta in Ateneo da Simonetta Sanna, da Vanni Lobrano, da Vanna Ledda e da altri colleghi delle due Università di Cagliari e di Sassari), ho introdotto alcune osservazioni sul dibattito riguardo alla riforma statutaria, osservando che esiste una esigenza preliminare di chiarezza terminologica, politica e scientifica delle diverse soluzioni istituzionali proposte.

Spesso la scarsa chiarezza ha inficiato questo dibattito collettivo. Quindi, i due Atenei hanno confermato l’interesse per accompagnare la discussione sui temi statutari, a sessant’anni dallo Statuto di autonomia, in questa fase nuova del dibattito federale nella quale la Sardegna entra con la sua storia, con la sua dignità, con la sua dimensione nazionale riconosciuta in età preistorica, antica e medievale.

Mi sono sentito di dire semplicemente che la riforma dello Statuto deve essere innanzitutto concepita come un momento per valorizzare l’autonomia. La chiarezza terminologica vorrebbe che i cittadini sardi si mobilitino non tanto sulla riforma costituzionale, sulla forma di governo statale, sulla quale dobbiamo intervenire e dire la nostra, ma soprattutto sulla riforma statutaria ossia sulla riforma della forma di governo regionale che costituisce l’essenza dell’esercizio fondamentale della nostra autonomia più solida e radicale.

La questione di come si autogoverna la Sardegna è sicuramente la questione centrale che dobbiamo porci; il federalismo opposto a ogni centralismo esasperato e capace di restituire al popolo sardo ogni potere nella propria Regione e nella propria casa. Abbiamo osservato che il modello che viene seguito oggi – soprattutto dalla Lega Nord – per la riforma federale è un modello che parte dalla Convenzione di Filadelfia del 1787. Questo è un modello Nordamericano e non so se le Regioni del Nord Italia potranno lucrare vantaggi da tale specifico federalismo divisionista, a scapito delle altre Regioni, ad esempio la Sardegna.

Comunque, ammesso che tra le rivendicazioni nordiste di questo federalismo possa essere ravvisata una convenienza, sia pure discutibile e di fiato corto, noi ne saremo certamente ed esclusivamente le vittime. Allora occorre valorizzare un’altra visione di federalismo, una visione più societaria e radicata più profondamente sulla storia del nostro Paese e sulla storia dell’Europa, partendo innanzitutto da quelle esperienze antiche delle comunità locali (le leghe dei koinà ellenistici, la societas di societates civium romanae, che è la repubblica a base municipale): dunque nelle rispettive dottrine giuridiche dobbiamo cercare gli elementi di un federalismo di tipo diverso. Credo che questa proposta federale si possa appoggiare anche sulla esperienza medievale moderna delle leghe intercomunali, si possa sposare con la dottrina di Tommaso e di Althusius e credo che ritorni anche nel XVIII secolo nel Progetto di Costituzione per la Corsica di Rousseau.

Tutti temi che costituiscono l’anima democratica della grande rivoluzione. È proprio questa idea federale che giunge ad innervare parte del pensiero socialista europeo in particolare nel Risorgimento italiano.

Consentitemi di fermarmi sulla soglia del nostro dibattito, ricordando che, però, in una fase storica come quella odierna, caratterizzata da uno spazio globale nel quale ci muoviamo, dobbiamo sforzarci tutti, anche a livello scientifico, di far prevalere la specialità, la diversità e le ragioni dell’autonomia che acquistano – proprio in questo quadro globale – un nuovo valore. Non possono, dunque, essere lette in un’ottica separatistica, microstatale, destinata in quanto tale a fallire, ma, al contrario, come nuova occasione che consenta di bilanciare la dimensione globale e quella locale, come occasione per collocare la Sardegna in uno spazio più ampio laddove la specialità può e deve essere strumento per rinnovare e aprire spazi nuovi per correre nel tempo.

Con questo spirito offriamo la nostra collaborazione – come Università – al processo di riforma, per garantire ai due Atenei sardi un percorso di crescita del sistema formativo inserito nei circuiti internazionali, che veda la Sardegna al centro del Mediterraneo in un sistema nel quale la Regione diventi attore fondamentale in funzione della crescita dell’Università e del rafforzamento della sua autonomia (anche l’autonomia dell’Università è costituzionalmente garantita).

Per arrivare a questi obiettivi dobbiamo verificare la nostra volontà politica di riforma istituzionale nella dimensione regionale sarda e, in questo senso, ribadiamo di voler essere partecipi a tutti gli effetti di questo percorso avviato dal Consiglio regionale.




Incontro mondiale delle religioni Galtellì, 17 novembre 2013.

Intervento di Attilio Mastino
Rettore dell’Università di Sassari
Incontro mondiale delle religioni
Galtellì, 17 novembre 2013.

Autorità, cari ospiti,

sono grato ad Angelino Roych presidente del Comitato Los Milagros di Galtellì, amico da antica data, per questo invito che a distanza di un anno  mi riporta in questa chiesa del SS. Crocifisso, per questo straordinario incontro mondiale delle religioni in un prospettiva di dialogo e di comuni istanze a favore dell’umanità, nel quadro della Conferenza mondiale permanente delle religioni per l’umanità e la pace. Porto il saluto anche del collega Rettore dell’Università di Cagliari prof. Giovanni Melis, che appezza la ventennale attività della Commissione paritetica interparlamentare per i rapporti tra Cultura e politica, indirizzata all’incontro tra i grandi valori esistenziali e culturali della realtà della persona umana. Grazie al suo presidente Demetrio Marco De Luca.

Qualche settimana fa ho parlato a Cagliari alla presenza di Papa Bergoglio e ho ricordato brevemente la storia della nostra Università, partendo da quel 10 luglio 1612, quattrocento anni fa,  quando  un Generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva autorizzò il rettore del collegio turritano fondato cinquanta anni prima  (poi riconosciuto come università di diritto pontificio) a conferire i gradi accademici di <<bachiller, licenciado y doctor>>.  Negli stessi anni nasceva anche l’Università di Cagliari.

Ma il 1612 è esattamente l’anno del miracolo del crocifisso dell’antica diocesi di Galtellì avvenuto più precisamente solo qualche settimana prima, in quel 29 aprile 1612, quando il  simulacro di Gesù davanti a centinaia di persone trasudò sangue, il volto e il corpo ligneo assunsero sembianze umane, ricordandoci che il messaggio evangelico è soprattutto indirizzato all’uomo.

Va detto che questo episodio va collocato nella storia barocca del Seicento spagnolo, animato a Cagliari e a Poro Torres dalle accanite ricerche dei corpi santi e dei martiri testimoni della fede. E’ stato mons. Ottorino Alberti a ricostruire  con grande dettaglio partendo dall’Archivio arcivescovile di Cagliari nel libro Il Cristo di Galtellì, questo evento, che Mons. Mosé Marcia più di recente ha celebrato con il Iubilaeum Christi Galtellinense momento alto di riflessione, ricco di indulgenze pontificie, soprattutto di riflessione sull’uomo, collocto al centro della creazione.

Per un paradosso, la coincidenza della nascita delle Università in Sardegna e il miracolo di Galtellì è il punto di incontro di due storie lunghe, nel momento in cui si sviluppano le grandi tradizioni di pietà popolare, in un’isola aperta sul Mediterraneo e collocata al crocevia tra Europa cristiana e Africa islamica, un’isola ricca di esperienze e di contatti diversi: il culto di origine greco-bizantina della processione del 15 di agosto della Madonna domiente (Koimesis) insieme a quelli dedicati a santi del menologio greco (S. Costantino imperatore, Santi Cosma e Damiano, Sant’Antioco, la Madonna d’Itria, ecc.), ancora le barocche processioni penitenziali della Settimana Santa di tradizione iberica. Proprio alla metà di agosto attraverso i Gremi iniziò a svilupparsi a Sassari dal Seicento la festa dei Candelieri, che abbiamo celebrato anche quest’anno in onore di Maria di Betlem, quando per un momento si sono incontrate quattro storie lunghe, quattro storie parallele, la storia della chiesa, la storia dell’Università, la storia della città di Sassari e la storia della Sardegna. Una tradizione religiosa imperniata sul culto della Madonna, rinnovato nei momenti di crisi: i Gremi scioglievano il voto dopo una pestilenza e lo facevano gioiosamente, riprendendo le più antiche tradizioni pisane.

Oggi siamo qui però per un evento più alto, per un incontro mondiale delle religioni, in dialogo per l’umanità e non possiamo non ricordare l’invito che il Presidente Napolitano ha rivolto laicamente nei giorni scorsi, quello di combattere i dogmatismi, di liberare ovunque le energie morali, di promuovere il dialogo interreligioso, di favorire la cultura dell’incontro. Eppure non dobbiamo rinunciare alla storia di ciascuno e di tutti, dobbiamo partire dalla nostra identità profonda, senza dimenticare le distanze che pure esistono, visto che ereditiamo secoli di elaborazioni di processi culturali, di riflessioni, di rivelazioni.  Anche di scontri, se pensiamo alle migliaia di religiosi che hanno pagato con la vita il proprio impegno e la propria fede.

A rileggere oggi il saggio di un secolo fa su L’origine dell’idea di Dio del missionario austriaco Wilhelmen Schmidt siamo portati a ripensare alle forme diverse che la rivelazione ha assunto nel tempo e nello spazio: <<In complesso le informazioni che ci vengono dagli stessi conoscitori delle religioni più antiche, decisamente non sono in favore dell’affermazione che siano state create dall’uomo che cerca e indaga, né a questo accennano mai esplicitamente. Tutte le loro risposte positive sono al contrario in favore della rivelazione divina: è Dio stesso che ha insegnato agli uomini ciò che devono credere di lui, come lo devono onorare e ciò che debbono osservare come espressione della sua volontà>> (vd. Der Ursprung des Gottesidee del 1935):

Oggi abbiamo una percezione ancora più netta della complessità della storia dell’uomo. Sono passati più di 10 anni da quell’11 settembre 2001 che segnò drammaticamente una cesura epocale: il tema è allora quello della difficile conciliazione tra identità differenti, anche alla luce di veri e propri conflitti di civiltà stimolati da una distorta idea di religione fondata sull’aggressività e sul fanatismo e anche da forti correnti di intolleranza strumentalmente alimentate in Europa. Ma come dimenticare in passato la shoah che ha travolto gli ebrei, i nostri fratelli maggiori nella fede; oppure oggi i disagi che anche ai nostri giorni caratterizzano gli spostamenti dei tanti immigrati africani che spesso clandestinamente si muovono su imbarcazioni pericolose e instabili dalla riva Sud del Mediterraneo verso un’Europa scintillante e desiderata, ma anche insensibile e incapace di accogliere l’altro.

Siamo di fronte ad una nuova fase della storia del mondo, che non può essere solo quella del meticciamento e del biculturalismo, del relativismo e della globalizzazione che spegne ogni diversità e ogni differenza, che riduce il valore di ciascuno. Da archeologo e storico dell’antichità mi sento di dire che il recupero corretto della memoria del passato è allora il tema vero che abbiamo di fronte, una solidissima base su cui costruire un futuro fondato sul rispetto reciproco.

Ho scritto recentemente un articolo sul tema della Resurrezione, partendo dalle iscrizioni paleocristiane, tornando indietro alla Bibbia e procedendo in avanti attraverso il Corano, scoprendo una continuità che mi sembra rappresenti un valore da promuovere e da sviluppare, anche per lo scarso interesse dei custodi delle diverse ortodossie religiose a documentarsi sugli altri.

Possiamo partire addirittura dai precedenti pagani e scritturistici, ma nel Corano il riferimento alla risurrezione della carne è frequente: torna il concetto di giorno della risurrezione (p.es. Sura XI, 100), ultimo giorno (II,8), giorno estremo (IIII, 114, XXIX, 36), Ora (p.es. VI, 40; VII, 186ss; XV, 85; XXII, 1ss), giudizio universale (VI, 14; XV, 35; LI, 6, ecc.), giorno della Riunione (XLII, 6) o della Discriminazione (fasl): allora le stelle si spegneranno ed il cielo si spaccherà, i monti si sfasceranno (LXXVII, 7) e verrà soffiato nel Corno (VI, 73), sarà dato fiato alle trombe (XVIII, 100), si udrà il Grido (L, 42) e saranno usate le bilance ed i registri per la Resa dei Conti (XIV, 40). Secondo la 43° Sura dedicata ai precedenti inviati, Mosè e Gesù si precisa che Gesù è certezza dell’avvento dell’Ora., Cristo tonerà sulla terra alla vigilia della fine del mondo e e così egli costituirà, come suona letteralmente il testo, una scienza per l’Ora (XLIII, 61), quando risorgeranno i peccatori con gli occhi azzurri ed i visi neri destinati al fuoco eterno gettati verso la Geenna e l’inferno (giahîm), come bestiame verso l’abbeverata (XIX, 87) e risorgeranno anche i giusti (siddîq), i timorati, i martiri (shahîd), che dimoreranno in eterno in Paradiso (p.es. II, 81s; LVII, 13).  Anche nel Corano, l’episodio di Giona ingoiato da un cetaceo è riconosciuto come simbolo della resurrezione (XXXVII, 139 ss).

Qui a Galtellì, davanti al Crocifisso che ha sudato sangue, non possiamo dimenticare che le iscrizioni paleocristiane ricordano il ruolo di Cristo al momento della resurrezione, un ruolo che dal Vecchio Testamento è trasferito nel Nuovo Testamento ed addirittura nel Corano, se è vero che anche per i musulmani nell’ultimo giorno Gesù tornerà sulla terra alla vigilia della fine del mondo (XLIII, 61). Del resto per il Corano Gesù, col permesso del Signore, era stato in grado di far uscire i morti dalla tomba (V, 110); allo stesso modo il Signore come ha creato la vita potrà far risuscitare i morti (VII, 56; XVII, 51; XXX,50) e sono da respingere le perplessità degli increduli (L, 2ss).

Il Paradiso è immaginato dai primi cristiani come luogo luminoso di gloria e di felicità: un’immagine ben diversa da quella, decisamente più articolata, contenuta nel Corano.  La buona novella annunciata dal Profeta riguarda la salvezza (furqân) ed il premio per i Credenti, per i quali vi saranno nella dimora della salute (dâr as-salâm) cioè nel Paradiso (Firdaws), i giardini della delizia e del soggiorno ospitale, orti con pergolati irrigati da fiumi che scorrono sotto i loro alberi con frutti abbondanti, presso la sorgente chiamata Salsabîl» (LXXVI, 13ss).

Forse allora occorre conoscerci di più e occorre studiare di più. A 50 anni dal Concilio, evento di profezia e di resurrezione, Papa Francesco sta profondamente rinnovando la Chiesa: a Cagliari poche settimane fa ci ha raccontato la crisi di oggi come assenza di istruzione e di conoscenza, interpretandola anche come possibile opportunità verso un mondo nuovo: <<Penso non solo che ci sia una strada da percorrere, ma che proprio il momento storico che viviamo ci spinga a cercare e trovare vie di speranza, che aprano orizzonti nuovi alla nostra società>>. Il Papa ritiene che il ruolo dell’Università sia prezioso, come luogo di elaborazione e trasmissione del sapere, di formazione alla “sapienza” nel senso più profondo del termine, di educazione integrale della persona.. L’Università come luogo del discernimento, in cui si elabora la cultura della prossimità, la cultura della vicinanza, come luogo di formazione alla solidarietà, in cui si promuove, si insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi – uno dei rischi della globalizzazione è questo -, e neppure li estremizza facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita.  Non c’è futuro per nessun paese, per nessuna società, per il nostro mondo, se non sapremo essere tutti più solidali. Solidarietà quindi come modo di fare la storia, come ambito vitale in cui i conflitti, le tensioni, anche gli opposti raggiungono un’armonia che genera vita>>.

Parole che mi pare possano essere declinate oggi anche laicamente e rappresentare la vocazione alla formazione e alla ricerca propria della scuola e dell’università pubblica, entrambe libere da condizionamenti, rispettose del pluralismo, attente al futuro dell’umanità.

Uno scrittore laico, Umberto Eco ha recentemente osservato: <<Negli ultimi novecento anni, le Università sono state artefici dei capitoli più creativi nella storia della cultura occidentale. Nel tumulto del mondo odierno, gli unici luoghi del silenzio, accanto alle sedi di meditazione religiosa, restano le università. Sono ancora fra i pochi luoghi in cui è possibile un confronto razionale fra diverse visioni del mondo. L’università è ancora il luogo in cui sono possibili confronti e discussioni, idee migliori per un mondo migliore, il rafforzamento e la difesa di valori fondativi universali, non ordinati negli scaffali di una biblioteca, ma diffusi e propagati con ogni mezzo possibile>>.

Sono qui per dire che vogliamo essere una Forza di Pace in un mondo che diventa sempre più virtuale: perché è necessario che le persone si incontrino ancora faccia a faccia, giovani e studiosi possano capire quanto il progresso del sapere abbia bisogno di identità umane reali, e non virtuali.

Tutti insieme dobbiamo assumere la responsabilità di riconoscere i valori positivi, la sacralità della vita, la necessità che gli uomini di buona volontà  riconoscano la propria dignità e sappiano di esser stati scelti come <<custodi della creazione, custodi del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro e custodi dell’ambiente>>. Sono ancora parola di Papa Bergoglio, pronunciate il 19 marzo nell’omelia della Messa per l’inizio del suo pontificato, con una prospettiva che va ben oltre l’hortus conclusus dei cattolici o dei cristiani.

Incontri ecumenici come questo di Galtellì aprono una prospettiva indirizzata verso il comune fine della trascendenza: e questo significa realizzare la prospettiva agostiniana, indirizzata ad ottenere la grazia in quanto beneficio concesso da Dio agli uomini di buona volontà.

Colgo l’occasione per offrire al Comitato organizzatore di questo incontro il sigillo storico della nostra Università, che consegno nelle mani di Angelino Roych.




Lettera del Rettore dell’Università di Sassari all’On. Avv Sergio Milia. Il sardo un lingua “normale” di Giuseppe Corongiu.

Lettera del prof. Attilio Mastino all’Assessore Regionale alla Pubblica Istruzione sul volume di  Giuseppe Corongiu
Sassari, 27 ottobre 2013

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Caro Assessore,

negli ultimi giorni ho potuto leggere questo volume, che si presenta come un Manuale per chi non ne sa nulla, non conosce la linguistica e vuole sapere di più o cambiare idea, con l’intento sincero di capire le ragioni profonde di una polemica alimentata da Giuseppe Corongiu, direttore del Servizio Lingua Sarda della Regione Autonoma della Sardegna. Debbo dire che il libro non mantiene nessuna delle sue promesse e certamente non rivela le competenze linguistiche di chi l’ha scritto, anzi in diversi punti contiene refusi e veri e propri errori. A prescindere dai contenuti scientifici del tutto inesistenti, l’autore si ritiene costituito ufficialmente come guardiano del tempio dell’ortodossia linguistica e si dedica a dare colpi a tutti coloro che scantonano anche di pochi centimetri dal suo illuminato pensiero. Il resto è costruito tutto sulla bipartizione amici/nemici, attribuendo a questi ultimi riprovevoli e fantasiose posizioni reazionarie e di retroguardia in tema di lingua. Sorprende l’abilità di chi è convinto di rappresentare la sintesi di pensieri diversi, quello dell’Assessore Milia e del Presidente Cappellacci, come già dell’Assessore Mongiu e del Presidente Soru; prima ancora degli Assessori Pasquale Onida e Beniamino Scarpa, sempre e comunque dalla parte del potere. Trovo inspiegabili queste oscillazioni così come appare sorprendente il cambiamento di campo a proposito della Limba Sarda Comuna, dal momento che ho conosciuto Corongiu come sostenitore accanito della Limba de Mesania e in precedenza di altre soluzioni linguistiche.

Per il resto, trovo molte cose banali e perfino condivisibili, anche se la ricostruzione della “questione linguistica” in chiave anti-accademica viene fatta con molta ingenuità e con l’obiettivo scoperto di finalizzare la storia del mondo alla provvidenziale e illuminata azione di Giuseppe Corongiu, nuovo Alessandro Manzoni. Eppure proprio Manzoni è criticato per il ruolo verticistico assunto nella nascita della lingua italiana standard e a p. 156 si condannano coloro che hanno voluto normalizzare l’italiano e si apprezza la posizione più democratica a favore del multilinguismo di Graziadio Isaia Ascoli.

Trovo però del tutto inaccettabile il tono aggressivo verso <<gli accademici nichilisti e carichi – chissà perché – d’invidia>> e l’attacco frontale ai docenti dell’Università di Sassari additati come <<nemici del bilinguismo>>, con una ricostruzione dei fatti (penso alla Conferenza di Alghero del 10 dicembre 2011) decisamente scorretta. L’incontro è stato certo vivace, ma nessuna polemica si è svolta nei miei confronti, quando ho citato una frase di un mio zio poeta sardo Giovanni Nurchi, oppure quando ho ricordato il mio maestro Giovanni Lilliu oppure quando ho richiamato la mia antica appartenenza alla Sotziedade de sa limba sarda e la mia specializzazione in Studi Sardi (dove ha insegnato Antonio Sanna), infine quando ho esibito la deliberazione del Consiglio Comunale di Bosa approvata nel lontano 1976 su mia proposta, in difesa del bilinguismo.

Dunque non posso essere certo indicato come uno dei  “nemici” su cui si appunta la vis polemica di Corongiu (che ce l’ha soprattutto con i comunisti) e non si tratta di una questione personale.

La ricostruzione della “questione della lingua” tutta formulata in senso finalistico e provvidenzialistico appare ingenua e vittimistica, oltre che del tutto autoreferenziale. Soprattutto sullo sfondo c’è un giudizio disastroso e non condivisibile sulla lingua sarda, <<che ha avuto solo brevi momenti storici di ufficialità e secoli bui di considerazione esclusivamente dialettale di natura antropologica e folclorica, compreso l’attuale>>. E’ ovviamente un patriota che parla delle cose che ama, con quello che lui stesso definisce un <<livore e una foga antiaccademica>>.

Semmai trovo pericolosissime alcune posizioni assunte da Corongiu su diverse questioni e mi sembra vada ribaltata l’accusa rivolta agli <<assassini del sardo>>, che a mio avviso sono quelli che vogliono abbandonare la difesa della ricchezza linguistica e della profondità storica di una lingua che non può essere disprezzata per la sua immaginaria storia di <<frammentazione linguistica dialettale>>..

Innanzi tutto l’autore si propone intelligentemente di amputare la letteratura sarda, cancellando le opere di coloro che hanno scritto anche in italiano (penso a Grazia Deledda), anche in latino (penso alla Divi Gavini tragoedia attribuita proprio a Gerolamo Araolla, erroneamente citato come vescovo di Bosa), in castigliano, in catalano, in altre lingue. Penso anche a Los diez libros de Fortuna de amor, un’opera di Antonio Lo Frasso tra castigliano, catalano, italiano e sardo.

Infine appaiono francamente inaccettabili i plotoni di esecuzione e le raffiche di mitragliatrice utilizzate per scomunicare gente come il canonico Giovanni Spano, Emilio Lussu, Michelangelo Pira, fino all’<<amletico>> Antonio Sanna e a Eduardo Blasco Ferrer.

Mi ha però colpito l’idea di relegare ad ambito dialettale la lingua di Bitti o quella di Bonorva o quella di Quartu, alla ricerca di una ipotetica LSC standard e normale, più autorevole della tradizionale <<accozzaglia di dialetti>> visti con disprezzo e superiorità davvero coloniale. La Limba Sarda Comuna nascerebbe solo a condizione di rinnegare quelle che Corongiu terroristicamente considera <<le 377 parlate isolane>> e soprattutto di respingere la bipartizione della lingua sarda <<biforcuta>> tra Logudorese e Campidanese. La strada sarebbe quella di immaginare una LSC con più espressioni “meridionali” (termine con il quale si fa rientrare dalla finestra l’odiato ampi danese), rispetto a quante non fossero presenti nella originaria proposta di Limba de mesania o nella Limba Sarda Unificada.

Non fa parte della nostra cultura accettare espressioni irrispettose nei confronti della lingua sarda. Non è nella nostra educazione culturale l’autolesionismo e la politica della esclusione nei confronti di chi la pensa diversamente, sia pur impegnato verso obiettivi comuni. Ho trovato poi offensivi i giudizi rivolti verso i premi letterari (p. 72), che sarebbero voluti dalla <<cultura egemone>> per solleticare <<il poeta dopolavorista>>, che <<non ha pretese di politica linguistica, è un subalterno, uno che vive ai margini del mondo culturale>>, uno che <<si auto-ghettizza da sé, senza bisogno di intervento dall’alto>>.

Espressioni che hanno il sapore amaro dell’intolleranza e del disprezzo e che sono in contraddizione con le politiche regionali.

Si può concordare con l’esigenza di difendere l’unitarietà della lingua sarda, ma senza stringerla in un abbraccio mortale, uccidendo la diversità e la profondità della storia: il Suo Assessorato ha fatto intelligentemente molto attraverso gli sportelli linguistici e la presenza diffusa sul territorio proprio in questa direzione.

L’Università di Sassari ha collocato la difesa della lingua sarda nel nuovo statuto e ha inteso operare positivamente con il Progetto di formazione ‘Il Sardo a scuola’ per gli insegnanti, finalmente approvato dal Suo Assessorato in quanto <<congruo con le linee guida del Piano triennale 2008-10>>. Eppure sappiamo quanti ostacoli sono stati frapposti, tanto che le somme destinate a tale attività, relative all’esercizio finanziario 2008, sono cadute in perenzione; il capitolo al momento non è stato ripristinato, per via del Patto di stabilità. Nella relazione per l’inaugurazione dell’Anno Accademico dirò che <<in rapporto a recenti polemiche, l’Ateneo ribadisce la volontà di battersi in difesa del bilinguismo e per la promozione della lingua sarda>>. Credo ci sia necessità di una maggiore integrazione tra politiche universitarie e politiche linguistiche regionali. L’Università è una risorsa. Non c’è futuro senza l’Università per la Sardegna e per il Paese. L’Università è innanzi tutto al servizio della Sardegna.

Eppure Corongiu insiste e sostiene a p. 133 che <<l’Università di Sassari, nel 2011, ha preso posizione contraria all’uso della lingua veicolare nella formazione degli insegnanti, bloccando di fatto la programmazione regionale e la creazione di un albo di docenti in materia di lingua minoritaria>>. Tali affermazioni sono state smentite proprio dal Suo Assessorato.

Anche nel citato incontro di Alghero avevo precisato: <<Al di là delle dichiarazioni di principio, voglio ribadire anche in quest’occasione che l’Università di Sassari è fortemente impegnata per la difesa della lingua sarda come lingua dell’oggi e del domani, come segno di identità e come elemento distintivo per le culture della Sardegna. L’Università di Sassari prende l’impegno per difendere e qualificare l’insegnamento delle lingue minoritarie e della lingua sarda nel nostro Ateneo al servizio della scuola sarda. L’Università non si sottrae all’impegno e alle responsabilità che si è assunta votando nell’Osservatorio il piano triennale, ma naturalmente chiede che la Regione abbia la piena consapevolezza della complessità dei problemi e dello specifico apporto dell’Università, che impone un metodo scientifico, una competenza, un’accertata autorevolezza ma anche una passione e un interesse forte. Sullo sfondo si muovono altri problemi che  vanno ben oltre la lingua e la cultura della Sardegna.

C’è , in particolare, il tema della sovranità della Sardegna, una sovranità che non può che partire dalla difesa e dalla valorizzazione del patrimonio culturale, in particolare delle lingue delle minoranze che raccontano, specie il sardo, di una millenaria tradizione linguistica che parte dall’età romana, attraversa l’età bizantina, l’età giudicale, l’età catalano‑aragonese, l’età spagnola per arrivare ai giorni nostri: con moltissimi problemi e anche, se mi consentite, con un progressivo impoverimento interno e con un ampliamento della complessità dei rapporti con le altre lingue che si  sono succedute in Sardegna e  con quelle che  fanno parte del nostro bagaglio di uomini di oggi. La lingua sarda è stata pensiero, riflessione, strumento per intendere la realtà, per entrare in comunicazione con gli altri sardi, in una comunicazione orizzontale profonda>>.

E ancora: <<La commissione lingua sarda della Università di Sassari si mette al servizio della Sardegna e può contribuire a radicare delle competenze diffuse sulle quali si deve costruire una politica linguistica per il futuro. Per quanto concerne le posizioni scientifiche sulle quali l’Università di Sassari si sta attestando, sono convinto che non siano di retroguardia, tutt’altro: penso anzi che il lavoro linguistico che si è fatto in Sardegna in questi anni ci metta ai primi posti in Europa come laboratorio di soluzioni fondate sulla problematicità del territorio. Occorre quindi partire dall’orgoglio per il livello fin qui raggiunto dagli studi universitari, ma anche dalla riflessione di taluni appassionati, nel campo della tutela delle lingue minoritarie. Questo anche grazie all’attività della Regione, che pure è arrivata in ritardo a confrontarsi su questi temi. Anche il tentativo di rappresentare i sardi come pocos, locos e malunidos è un modo gravissimo di svalutare la cultura della Sardegna che dobbiamo assolutamente abbandonare. Dobbiamo dunque partire dal rispetto per i sardi, dal rispetto per le persone, pronti a confrontarci con chiunque, senza rinunciare però al valore aggiunto che ha l’Università, soprattutto un Ateneo storico come il nostro, che compie quest’anno 450 anni di vita e che si mette al servizio dei sardi. C’è un ultimo aspetto che ci sta a cuore. Il nostro bacino di utenza, assai più di quanto accade per l’Università di Cagliari, include studenti che provengono da aree sardofone, ma anche di espressione sassarese, gallurese e catalana. Insomma, ci troviamo a offrire i nostri servizi a un’area tradizionalmente caratterizzata dalla compresenza di lingue e varietà di lingue, circostanza che ai nostri occhi rappresenta una ricchezza da esaltare e valorizzare. Come Rettore dell’Università di Sassari, poi, vorrei tranquillizzare tutti sulla volontà dell’Ateneo che rappresento di fare quanto possibile per preservare e valorizzare una simile ricchezza linguistica che la storia ci ha consegnato>>.

Il nostro Ateneo vanta una tradizione di studi in materia di Lingua Sarda: penso a Massimo Pittau, Nicola Tanda, Giulio Paulis, Giovanni Lupinu, ma anche a tanti altri, più o meno strutturati e incardinati nell’Accademia (a p. 118 l’autore cita anche Dino Manca, Fiorenzo Toso, Carlo Schirru). Di conseguenza non posso accettare, in qualità di Rettore, giudizi offensivi che l’immagine e il prestigio dell’Ateneo ci autorizzano a rifiutare.

Credo che ciascuno sia libero di scrivere e di pubblicare quello che crede: il rischio è però che la posizione di Corongiu direttore del Servizio Lingua Sarda venga confusa con la posizione dell’Assessore e della Regione Sarda, che vorrei venisse precisata in sede ufficiale.




Inaugurazione del 452° Anno Accademico. Sassari, 8 novembre 2013.

Inaugurazione del 452° Anno Accademico
Sassari, 8 novembre 2013
Relazione del Rettore prof. Attilio Mastino

Autorità, cari colleghi, cari studenti,

nei giorni in cui un decreto ministeriale prospetta una fusione o una federazione regionale condizionata alla costituzione di un unico consiglio di amministrazione, nei giorni in cui il Governo blocca il turn over dei ricercatori negli Atenei italiani in particolare nel Mezzogiorno e cade l’incremento del FFO sulla premialità, vorrei affrontare il problema a viso aperto ed entrare in medias res. Ma veramente due Università sono necessarie per la Sardegna?

Guardano  in questa aula magna il quadro di Mario Delitala di settanta anni fa, che si richiama al motto di Benito Mussolini Libro e Moschetto, fascista perfetto, viene da pensare ad una affermazione   riportata nel recente volume di Alberto Vacca sull’Ovra in Sardegna. L’ispettore Dino Fabris,  nella relazione inviata al capo della polizia il 3 febbraio 1941, dopo i primi mesi di guerra argomentava: <<Nei piccoli centri urbani [della Sardegna] (quali Macomer, Bosa, Lanusei, Oristano, ecc.) è necessario rilevare un fenomeno proprio di quest’Isola.

In Sardegna, con una popolazione che appena supera il milione di abitanti, vi è un numero eccessivo di scuole superiori di ogni genere (tra cui due Università) e quindi un quantitativo di laureati assolutamente sproporzionato alle necessità locali. Di conseguenza nei piccoli centri urbani diecine e diecine di persone con titoli superiori per necessità di cose diventano critici, ascoltando la radio inglese [Radio Londra] e, in genere, contribuiscono a formare un’atmosfera non favorevole al regime [fascista]. Le classi lavoratrici, che devono lottare con la vita, risentono dell’influenza di cui sopra>>.

Oggi leggiamo con fastidio questi giudizi sull’alto numero di laureati e diplomati, sproporzionato alle esigenze della nostra isola e semmai constatiamo il fenomeno opposto, quello di un basso numero di diciannovenni che si iscrivono all’Università in Sardegna. Nell’anno accademico 2012-13 non più del 23% dei diciannovenni sardi si è iscritto all’Università in Sardegna. Il numero dei laureati rimane basso, perché solo la metà delle matricole arriva alla laurea.

Nella fascia di età dai 25 ai 64 anni, sono in possesso di laurea il 15,7% degli italiani, solo il 13,9% dei Sardi, circa la metà della media OCSE. Eppure dovremmo affrontare ritardi storici, preparare al lavoro medici, architetti, scienziati, giuristi, umanisti capaci di innescare finalmente lo sviluppo della Sardegna. Lo spirito critico del quale ci si rammaricava nella relazione dell’oscuro funzionario dell’OVRA è stato e ancor più può essere la molla per costruire una Sardegna diversa.

Nell’articolo Perché le Università ? Umberto Eco ha recentemente osservato: <<Negli ultimi novecento anni, le Università sono state artefici dei capitoli più creativi nella storia della cultura occidentale. Nel tumulto del mondo odierno, gli unici luoghi del silenzio restano le università. L’università è una Forza di Pace! Basta pensare al progetto Erasmus, che prevede la creazione di una nuova rete internazionale di clerici vagantes, i quali spesso si sposano fra di loro, preparando così, almeno in Europa, una nuova generazione di cittadini bilingui, immuni alle seduzioni di qualsivoglia nazionalismo>>.

A Cagliari , durante la visita in Sardegna di papa Bergoglio abbiamo ascoltato con emozione il pontefice  spiegare la crisi di oggi come assenza di istruzione e di conoscenza, interpretandola anche come possibile opportunità verso un mondo nuovo: <<Prezioso è il ruolo dell’Università, come luogo di elaborazione e trasmissione del sapere, di formazione alla “sapienza” nel senso più profondo del termine, di educazione integrale della persona. L’Università come luogo in cui si elabora la cultura della prossimità, la cultura della vicinanza; come luogo di formazione alla solidarietà, in cui si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi e neppure li estremizza, ma apre al confronto costruttivo>>.

Parole che mi pare possano essere declinate oggi anche laicamente e rappresentare la vocazione alla formazione e alla ricerca propria dell’università pubblica, libera da condizionamenti, rispettosa del pluralismo, attenta al futuro dell’umanità.

Eppure l’istituzione universitaria in Italia e in Europa attraversa una grave crisi, dominata da una retorica dell’eccellenza e da una logica aziendalistica che ne hanno snaturato le finalità universalistiche, giocate nel breve periodo, che rischiano di portare alla catastrofe. Sono parole di Pierre Macherey dell’Université de Lille, allievo di Louis Althusser, nel recente volume La parole universitaire. L’Università soffre attualmente di mali che mettono in pericolo la sua stessa esistenza: <<le soluzioni oggi proposte ai suoi problemi, soluzioni che rivelano per la maggior parte una negazione della realtà, tendono solo ad aggravarli ulteriormente>>. La proposta di far uscire l’Università dal vicolo cieco in cui lentamente scivola giorno dopo giorno <<non può essere quella di investire ancora di più nella ricerca dell’”eccellenza”, che si nutre di una cultura basata sulla competizione spinta al parossismo, cosa che finisce per esasperare la logica inegualitaria di divisione che ne fa anzitutto una macchina che respinge e sanziona, tutta pensata per produrre fallimenti >>.

Credo sia nota da tempo la mia opinione sulla Grande Riforma in Italia, che ha seriamente compromesso l’autonomia degli atenei: il risultato è oggi quello di una drastica riduzione di risorse e di un progressivo indebolimento delle Università del Mezzogiorno e delle isole, in quella che il Ministro Maria Chiara Carrozza ha definito una spirale negativa.

Eppure, nonostante i tagli indiscriminati e l’imponente trasferimento di risorse verso gli Atenei del Nord, noi siamo decisi ad affrontare i pericoli per la sopravvivenza del nostro Ateneo a viso aperto, convinti che l’Università è un bene comune, un fattore di crescita e sviluppo, una leva per superare la debolezza economica del territorio attraverso la conoscenza, la trasmissione del sapere, l’innovazione: un suo ridimensionamento rappresenterebbe un moltiplicatore della crisi della nostra isola, arrivata a livelli drammatici come testimonia il quadro fosco tracciato negli ultimi due Rapporti sull’economia della Sardegna della Banca d’Italia e di Crenos.

Sappiamo dei valori raggiunti dalla disoccupazione giovanile, della povertà testimoniata dal basso reddito degli under 25, del precariato, del disagio sociale, della crisi del mercato del lavoro, della situazione finanziaria delle imprese, del crollo dell’export, dalla riduzione del credito, della scarsa efficienza dei servizi pubblici e in particolare dei servizi sanitari. Non dimentico il tema dell’inquinamento e degli investimenti speculativi, le mancate bonifiche. Infine il tema dell’insularità e dell’isolamento, lo spopolamento delle aree interne, una catena da spezzare per crescere, per ridare speranza ai giovani, alle donne, per combattere la perdita di competitività.

Nel suo intervento del 6 giugno in Parlamento il Ministro ci ha ricordato che l’impatto del capitale umano sulla crescita economica passa anche per il suo effetto sulla disuguaglianza economica e sociale, nella parte più povera del Paese riducendo la mobilità sociale e la percezione di vivere in un contesto fruttuoso di pari opportunità. Sono parole che condividiamo e che non debbono restare solo parole, se poi ci si chiede di triplicare come potremmo le tasse studentesche: è in discussione la credibilità delle politiche dell’istruzione che contrastano con la logica dei tagli lineari che ha ispirato anche gli ultimi provvedimenti, che bloccheranno il reclutamento in atenei generalisti come il nostro e che colpiranno pesantemente il Mezzogiorno, perché il Governo sembra tradire il principio di equità. La discussione in corso sul piano di sviluppo del nostro Ateneo può rappresentare un’occasione preziosa per indicare obiettivi alti e ambiziosi per tutti, sottolineando i temi indicati dalla Conferenza dei Rettori: l’autonomia responsabile, la semplificazione, la competitività, il nuovo modello di finanziamento delle Università.

Il crollo del FFO dagli 82,4 milioni di cinque anni fa ai 69,2 milioni del 2013 rappresenta un campanello d’allarme che non possiamo ignorare,  legato com’è  al taglio del parametro di ponderazione per gli Atenei sede di corsi di laurea di Medicina e Chirurgia, che finanziano il Servizio Sanitario e pagano gli stipendi agli infermieri, ai biologi, ai tecnici. Con gli organici congelati, i punti organico restituiti al nostro Ateneo non superano il 7%, una quantità ridicola che rischia di tagliar fuori un’intera generazione di giovani, anche se abbiamo lavorato davvero con impegno per rispondere agli indicatori ministeriali, migliorando enormemente la produttività.

Siamo pienamente in sintonia con l’amico Rettore Giovanni Melis quando scrive che <<Governo e Regione debbono investire sull’Università>>, con l’obiettivo di sostenere la crescita economica. Ma noi non cerchiamo pure e semplici compensazioni per gli svantaggi territoriali, bensì miriamo a modificare profondamente le strutture, a promuovere investimenti, a creare stabili infrastrutture della conoscenza. Dunque ci vogliono ancora due Università in Sardegna, perché non solo c’è la tradizione e lo spazio, ma c’è davvero l’esigenza e la necessità.

Ben venga la collaborazione tra i due Atenei regionali e abbiamo definito un patto di federazione, espressamente previsto nel nuovo statuto del nostro Ateneo, per la nascita di un sistema integrato delle Università di Cagliari e di Sassari, che preveda una consultazione periodica tra i Senati Accademici e che riduca il numero dei corsi di laurea, eviti le duplicazioni, programmi le attività formative e di ricerca, favorisca le novità e l’arrivo di nuove idee anche sul piano tecnologico. Il patto di federazione che il Ministro Profumo era disponibile ad approvare riconosceva l’autonomia dei due atenei storici, che rivendicano una dimensione internazionale costitutiva e fanno risalire le loro origini al XVI secolo e ad ambiente iberico. Vogliamo oggi ribadire che il prezioso rapporto di prossimità con l’Ateneo di Cagliari (a 220 km di distanza) non può in nessun modo esaurire la spinta verso relazioni internazionali più estese e significative.

Abbiamo lavorato sodo anche in quest’ultimo anno accademico per consolidare i nostri dipartimenti, i nostri Centri di ricerca, le nostre Scuole, per metterci al riparo da pericoli, per migliorare la produttività e la valutazione, per estendere le iniziative edilizie e completare tutte le incompiute.

Ho avuto il privilegio di guidare in questi quattro anni un consistente gruppo di delegati e di presiedere assieme al Prorettore Vicario Laura Manca la Giunta, il Senato accademico e il Consiglio di Amministrazione contando su una collaborazione larga e davvero senza condizioni: volgendomi indietro a guardare la strada percorsa, mi sembra di dover constatare che siamo riusciti a mobilitare tante forze nuove, tanti colleghi pieni di entusiasmo, di passione, di curiosità, tanti funzionari intelligenti e determinati; soprattutto tanti giovani. Lo dico con orgoglio, perché l’Ateneo è cambiato profondamente in questi anni, ha recuperato ritardi storici, è diventato più aperto e più accogliente, è riuscito ad affrontare i problemi e a trovare soluzioni anche in un momento drammatico di crisi e di riduzione di risorse.

Nel prossimo anno lavoreremo fino all’ultimo giorno del mio mandato, convinti che la Sardegna merita di più, che tutti dobbiamo porci obiettivi più ambiziosi, che ci sono responsabilità specifiche degli intellettuali e del mondo universitario verso un’isola che da sempre aspetta un riscatto, merita di essere amata di più, ha necessità di una classe dirigente generosa e responsabile. Grazie per il ruolo intelligente svolto dal Collegio dei Revisori dei conti, dal Nucleo di Valutazione, dal Comitato Unico di Garanzia, dal Consiglio del personale tecnico amministrativo, dal Consiglio degli studenti, dal Garante degli studenti.

Il momento più emozionante del mio mandato è stato il 10 maggio scorso, quando i colleghi del dipartimento di Medicina veterinaria hanno appreso in diretta dalla bocca della Commissaria finlandese Riitta-Mari Tulamo di esser stati promossi dall’European Association of Establishments for Veterinary Education. La visita ispettiva si e conclusa con un giudizio pienamente positivo sulla qualità di un dipartimento che consideriamo strategico. Per un attimo vorrei portarvi nell’aula consiliare Manunta, nel pomeriggio, alla presenza del Sindaco Gianfranco Ganau, quando nella platea di docenti e studenti è scoppiato l’entusiasmo, la commozione, anche la tensione per un risultato che è stato frutto del lavoro svolto da tutti. Fondamentale è stato anche il ruolo del personale tecnico e amministrativo per l’impegno profuso. All’indomani della visita i giovani ricercatori dello Junior staff hanno trasmesso una nota per descrivere le principali criticità dell’Ospedale Veterinario che ci siamo impegnati a risolvere. Sentiamo molto i ritardi nella realizzazione dell’Azienda zootecnica che presto colmeremo. Proprio nella giornata di ieri abbiamo ricevuto la decisione finale dell’EAEVE, nuovamente positiva.

E poi il difficile ma emozionante confronto con il Comune di Alghero per le aule di Santa Chiara per il dipartimento di Architettura, quando siamo stati sostenuti anche da S.E. il Prefetto Salvatore Mulas. I passi in avanti compiuti ogni giorno dall’Azienda Ospedaliera Universitaria diretta da Sandro Cattani. La soddisfazione espressa dai nostri studenti attraverso i questionari di valutazione sulla qualità degli insegnamenti.

Eppure abbiamo affrontato tante prove, dopo la nascita dei nuovi dipartimenti e la costituzione degli organi accademici. I problemi di spazio, la sofferenza del dipartimento di scienze economiche e del dipartimento di Architettura,. i disagi di studenti e pazienti in alcuni dipartimenti medici. La tormentata approvazione del bilancio di previsione, ma anche il successo ottenuto con il consuntivo 2012, chiuso in modo straordinariamente positivo, anche grazie al sostanzioso contributo della Fondazione Banco di Sardegna. Non sempre i risultati sono stati soddisfacenti a causa dei limiti imposti dal Ministero e voglio ricordare che rientrava negli indirizzi strategici del Rettore l’attivazione di alcuni corsi di laurea, la triennale in Sistemi di elaborazione e tecnologie dell’informazione, il corso magistrale di Archivistica e Etnografia, il potenziamento di Lettere classiche.

Il 19 luglio ero a Roma con Donatella Spano per la presentazione dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca, che ha fatto emergere tante aree di eccellenza. Non è affatto semplice sintetizzare una valutazione che ha suscitato molte critiche e diffidenze, ma che pure a partire da oggi dovrà costituire il nostro punto di riferimento per capire e per decidere. In estrema sintesi possiamo dire che i risultati del nostro Ateneo appaiono buoni, anche se ci manteniamo sostanzialmente nella media, collocandoci in 21° posizione su 31 medi atenei, però nella parte più alta della zona rossa. Sassari è in testa in Italia in numerosi settori scientifico disciplinari, in Agraria, in Chimica, in Fisica, in Veterinaria, in Lettere, in Biologia. L’indicatore delle eccellenze è massimo per Agraria, Chimica e Farmacia, Scienze della Natura. Il nostro Ateneo ha una qualità della ricerca superiore alla media nazionale in ben otto delle quattordici aree scientifiche. Infine, sul piano del trasferimento tecnologico abbiamo risultati in qualche caso doppi rispetto alla nostra potenzialità.

Se dovessimo fare una classifica tra i dipartimenti, dovremmo citare nell’ordine il Dipartimento di architettura e il Dipartimento di scienze economiche, che superano la mediana nel coefficiente sui prodotti della ricerca in due aree. A medicina, buoni i risultati del dipartimento di Scienze biomediche e del dipartimento di Medicina clinica nell’area delle scienze mediche, il secondo anche in scienze biologiche. Il dipartimento di scienze politiche, della comunicazione e ingegneria dell’informazione si segnala in tre aree. Ottimo il risultato del dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione e del dipartimento di scienze umanistiche nell’area delle scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico artistiche. Positivo anche il dipartimento di Agraria, nell’area delle scienze agrarie.

Nella classifica Censis-Repubblica, più aggiornata, in quanto ha il vantaggio di misurare anche i risultati degli ultimi tre anni, l’Università di Sassari avanza dal quarto al terzo posto tra i medi Atenei, con un punteggio di 98,9 punti che ci pone al terzo posto tra tutti i 59 atenei italiani, con Architettura che avanza dal secondo al primo posto. Medicina Veterinaria passa addirittura al secondo posto, recuperando decine di posizioni. Medicina e Chirurgia è in sedicesima posizione su 37 università, guadagnando 10 posti. Odontoiatria è ottava su 33 Atenei. I linguisti sono al 12° posto su 41 concorrenti. Giurisprudenza si colloca in 16° posizione su 47 atenei.

Per un Ateneo generalista come il nostro, il successo appare dunque su quasi tutta la linea. Nell’incontro del 15 ottobre, la comunità universitaria ha discusso i risultati e si è interrogata sugli spazi di miglioramento esistenti, sulle scelte strategiche da portare avanti in tema di reclutamento, sugli effetti che la valutazione deve produrre a tutti i livelli, sugli impegni che i dipartimenti si propongono di assumere per individuare le criticità in molti settori scientifico disciplinari. Siamo convinti che occorra una riflessione approfondita, senza indulgenze e di forte autocritica da parte delle Università, ma anche del Ministero in rapporto ai criteri utilizzati nelle singole aree, qualche volta discutibili e contraddittori, anche a causa dell’eterogeneità dei dipartimenti.

Ma siamo qui per costruire e saremo aiutati in questo sforzo dal nuovo Presidio di qualità e dal Nucleo di valutazione, impegnati con le Commissioni paritetiche dei dipartimenti con lo scopo di migliorare gli indicatori di performance relativi alla formazione, di razionalizzare l’offerta formativa, di definire le modalità di accreditamento delle sedi e fissare i criteri per la istituzione dei corsi di dottorato, di migliorare e potenziare le attività di ricerca.

Non posso soffermarmi  qui sugli obiettivi raggiunti nel corso di questo anno intenso, pieno di risultati, che ha visto il coinvolgimento di tanti attori: il Ministro Barca, il Rettore Carrozza, il Ministro Profumo. Abbiamo incontrato autorità e rappresentanze di sindacati, associazioni, istituzioni, decine di delegazioni internazionali, ci siamo battuti in Consiglio Regionale, in Commissione bilancio, in Commissione cultura, dove abbiamo raccolto solidarietà e comprensione.

Al centro della vita dell’Ateneo vanno le politiche di pari opportunità, definite attraverso il Comitato Unico di Garanzia e il Codice di condotta, ma anche in numerosi incontri scientifici, come il convegno su “Il vecchio e il nuovo del mobbing” svoltosi il I marzo 2013, che porteranno a profonde modifiche statutarie.

È proseguita la strategia di sviluppo delle sedi decentrate, ad Olbia, a Nuoro, a Oristano, in collaborazione con i Consorzi e le istituzioni locali. Ad Alghero arriveremo alla liquidazione della Società consortile e stabilizzeremo il dipartimento di Architettura, design e urbanistica aperto verso la Catalogna e il Mediterraneo, con una dimensione sempre più internazionale.

Rimando alla relazione scritta, articolata in sei aree strategiche caratteristiche, in tre aree di supporto e in due aree generali, ricalcando il piano della performance che misura l’impegno di tutti. Nel settore della didattica, dell’orientamento e dei servizi agli studenti si segnalano i risultati delle mobilità internazionali studentesche, inserite nella prospettiva del Programma Erasmus e orientate verso la nuova fase del processo d’integrazione nello “Spazio europeo dell’istruzione superiore”. L’Università si è distinta per la capacità di attrarre i finanziamenti europei per borse di studio e di tirocinio all’estero. In particolare per l’Erasmus Placement l’Ateneo ha confermato anche quest’anno il suo primato nazionale.

In tutte le attività culturali, sportive e ricreative abbiamo lavorato assieme alle associazioni studentesche impegnate in un programma di iniziative autogestite, concluse con la tradizionale festa degli universitari in piazza di Piazza Tola. E poi i Goliardi, l’Associazione dei Dottori di Ricerca, l’Associazione degli Alumni dei nostri Laureati. La presenza di Antonello Mattone e Gavino Mariotti  ai vertici del Conservatorio di musica e dell’Accademia di belle arti rappresenta un’opportunità per promuovere sinergie e azioni comuni.

Dopo la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, dobbiamo riprendere positivamente i rapporti con l’ERSU, per arrivare rapidamente alla realizzazione del nuovo campus universitario e al completamento del progetto della Brigata Sassari; per garantire nuovi servizi e tariffe agevolate, per rilanciare il servizio ambulatoriale agli studenti fuori sede, le attività culturali, divulgative e informative comuni.

Sul piano della didattica, l’anno accademico appena trascorso è il primo nel quale il nuovo assetto organizzativo stabilito dallo Statuto con i 13 dipartimenti ha trovato piena attuazione. Sono attivi attualmente 51 corsi di laurea, di cui 27 lauree triennali, 6 lauree a ciclo unico e 18 lauree magistrali. Si deve aggiungere la magistrale di Agraria interateneo e quella internazionale di pianificazione e politiche per la città attivata con università spagnole e portoghesi. Per la prima volta l’iter di attivazione ha comportato la compilazione delle schede SUA, con l’esperienza di autovalutazione attraverso i Rapporti di Riesame. Al termine dell’intera procedura, tutti i corsi di studio e le relative sedi hanno ottenuto l’accreditamento da parte del Ministero.

Nell’ultimo anno si sono iscritti ai corsi di studio 14.237 studenti, circa 600 in meno rispetto all’anno precedente. Poiché si mantiene stabile la percentuale di matricole che accede al sistema universitario per la prima volta (poco più di duemila) la riduzione degli iscritti deriva dalla consistente riduzione di studenti fuori corso. Mediamente i laureati sono 2.200 l’anno, dunque più numerosi delle matricole e aumenta gradualmente la percentuale di coloro che concludono gli studi nei tempi canonici. Nel nuovo anno, l’andamento delle iscrizioni lascia presumere che il numero degli studenti rimarrà sostanzialmente invariato.

Nell’ultimo anno le 51 Scuole di specializzazione, le 11 Scuole di Dottorato e gli 11 Master hanno avuto 1.380 iscritti. Nel 2013 hanno conseguito il titolo 131 specializzati e e 96 dottori di ricerca, molti stranieri. Cinque master internazionali di secondo livello e due di primo sono stati finanziati dalla Regione.

Sono esonerati dal pagamento della seconda e  terza rata di immatricolazione gli studenti che hanno conseguito il diploma di maturità con lode e gli studenti regolari e in corso che conseguano il titolo finale con una votazione di 110 e lode entro la sessione estiva. Nella giornata di ieri abbiamo premiato per la quinta volta con il rimborso della prima rata delle tasse i nostri studenti migliori.

Abbiamo portato rapidamente a conclusione il corso di Tirocinio Formativo attivo per insegnanti, per 45 unità, con il coinvolgimento di molti Istituti scolastici. Per i dottorati di ricerca, abbiamo reperito quasi 50 nuove borse presso la Regione Sarda, la Fondazione Banco di Sardegna, i Comuni, l’INPS. Il risultato finale va oltre ogni previsione, in termini di risorse disponibili in base alla premialità con un forte impegno dei direttori delle scuole.

L’idea di orientamento promossa dall’Ateneo parte dalla centralità della persona. L’esperienza pluriennale maturata in questo campo dal Centro Orientamento, dal Servizio di counseling psicologico e di coaching OrientAzione, dal progetto STUD.I.O. e dal Servizio di Job Placement è parte integrante del modello e fa emergere la necessità di una stabilizzazione del sistema, con un allargamento progressivo della lotta alla dispersione, che passa attraverso le nostre straordinarie giornate dell’orientamento.

Il Centro Linguistico di Ateneo adotta un nuovo progetto formativo e organizzativo, che prevede l’allestimento di tre poli didattici oltre alla sede centrale del CLA e alle sedi decentrate. Ci battiamo per la promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna, soddisfatti per la sia pur tardiva approvazione da parte della Regione del nostro Progetto di formazione rivolto agli insegnanti.

Il nuovo Regolamento della Commissione per le Problematiche degli studenti disabili ha imposto una profonda revisione del servizio di tutorato, che è stata possibile grazie all’impegno del delegato e degli uffici. Si è svolto l’annuale concorso di sensibilizzazione sui temi della disabilità riservato alle classi degli ultimi anni delle scuole superiori. La Commissione ha lavorato a migliorare l’offerta dell’Ateneo nei confronti degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento.

Lo sport diventa sempre più una componente della formazione universitaria: d’intesa con il CUS, circa 700 studenti universitari hanno praticato, presso gli impianti di S. Giovanni, numerose discipline. Uguale sviluppo hanno avuto le attività musicali e il Coro, che ha partecipato a manifestazioni celebrative e congressuali in campo locale e nazionale.

Imponente sviluppo hanno conosciuto le attività di ricerca e trasferimento tecnologico, indirizzate al miglioramento del posizionamento dell’Ateneo anche attraverso un sistema di autovalutazione che ha coinvolto l’Università di Roma “Tor Vergata”, arrivando all’analisi bibliometrica dei prodotti della ricerca del quinquennio nelle aree scientifico-sperimentali. È stata effettuata disdetta del contratto di comodato d’uso del Centro di Tramariglio con scadenza al 2014 e si è approvato il nuovo accordo con Porto Conte Ricerche, che riconosce all’Ateneo un ritorno economico a favore della ricerca. Il CORISA viene liquidato in questi giorni. Anche il testo dell’accordo quadro tra Università di Sassari e CNR sarà rivisto, attraverso il coinvolgimento della Regione e dei centri di ricerca.

L’Ateneo ha ottenuto consistenti finanziamenti nazionali, con i PRIN e i FIRB: ne cito uno solo in Futuro in ricerca, assegnato la settimana scorsa a due giovani ricercatori di Agraria, Alberto Atzori e Francesco Fancello, per 356 mila euro sulla pecora da latte. Nell’ambito della Legge Regionale sulla ricerca, abbiamo superato i 19 milioni di euro per i progetti di ricerca di base e un milione e mezzo per i bandi tender, più la convenzione sulla premialità. Con 6.,3 milioni sono stati finanziati il Centro Servizi di Ateneo per la Ricerca e il Centro Interuniversitario sulle tecnologie per i beni culturali.

Nell’ambito del finanziamento per il rientro dei cervelli, stiamo assumendo 7 ricercatori a tempo determinato. Il recente bando del Programma Master and Back dell’Università di Sassari prevede l’attribuzione di complessivi 31 assegni di ricerca.

Sono stati definiti gli ambiti di intervento del Fondo Sociale Europeo per i grandi progetti di Ateneo, Dottorati di Ricerca con 20 posti aggiuntivi, 21 ricercatori nell’area scientifica, 8 nell’area umanistica e delle scienze sociali, con un investimento di 4,3 milioni; 14 assegni di ricerca nell’ambito della conservazione e restauro dei beni culturali. Inoltre 20 assegni di ricerca in forma associata con enti di ricerca e imprese. Abbiamo ottenuto finanziamenti per i laboratori ad alta tecnologia innovativa con 3,5 milioni di euro e per il Laboratorio per le prove meccaniche sui materiali tradizionali per l’edilizia con 750.000 euro. Nell’ambito della Legge regionale sono inoltre disponibili 600 mila euro per il finanziamento dei Visting Scientists e una cifra analoga per 4 posti per Ricercatore a Tempo Determinato.

L’Ufficio Trasferimento Tecnologico si occupa della diffusione della cultura di impresa e della tutela della proprietà intellettuale, con il sostegno alla brevettazione.. L’ufficio gestisce circa 8 milioni di euro del progetto INNOVARE. È in fase di avvio un incubatore universitario cittadino di impresa in Via Rockfeller. L’Ufficio coordina 11 spin off e ha partecipato al 1° Salone dell’Innovazione in Sardegna, tenutosi a Cagliari.  Il 1° ottobre è si è svolto l’evento finale della start Cup regionale, presso la Camera di Commercio di Sassari, che ha premiato l’idea di un dispositivo elettronico in grado di leggere le vibrazioni nel polso. Nei giorni scorsi a Genova la nostra Università è stata indicata come sede per la fase finale del Premio Nazionale dell’Innovazione 2014, alla quale parteciperanno 40 atenei.

Nell’ambito della programmazione, acquisto e gestione di tecnologie e attrezzature scientifiche e sanitarie si è emanato il secondo Bando, che ha raccolto 50 progetti e ha evidenziato notevoli criticità nell’adeguamento tecnologico del nostro Ateneo rispetto alle esigenze di una attività di ricerca e assistenziale al passo con i tempi.

Grazie alla disponibilità dei fondi FAS, l’Ateneo ha disposto l’affidamento del progetto preliminare di Orto Botanico, nell’Area di Piandanna, con lo scopo di garantire la conservazione della biodiversità della Sardegna nel più vasto contesto mediterraneo.

Chiudiamo il Programma quinquennale di Cooperazione Italia/Francia “Marittimo” con un finanziamento di 1,4 milioni di euro e il Programma transfrontaliero ENPI col progetto ARCHEOMEDSITES, finanziato con due milioni di euro.

Le attività condotte nell’ambito della Progettazione Europea si sono indirizzate al consolidamento della attività formative verso i giovani ricercatori dell’Ateneo e il persona ???, in collaborazione con la Camera di Commercio e la Provincia di Sassari, che hanno sostenuto il Centro interuniversitario sulla nautica con Pisa e Genova.

L’Università partecipa ad una pluralità di consorzi universitari, a società miste e a centri di competenza per il trasferimento tecnologico con lo scopo di sostenere un ambiente di ricerca fortemente interdisciplinare, in settori strategici quali: la diagnostica e la ricerca medica, la conservazione dei beni culturali, il trasferimento tecnologico, la prevenzione dei rischi ambientali, le biotecnologie, le agrorisorse, il settore aerospaziale.

I ricercatori dell’Ateneo hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, che sono in dettaglio ricordati nella relazione scritta.

L’attività di internazionalizzazione della nostra Università, pur condizionata dal grave nodo dei trasporti, si è sviluppata attraverso la partecipazione alle reti: delle Università catalane, delle Università insulari e delle Università mediterranee. L’Assemblea annuale del Reseau d’excellence des Universités insulaires e l’elezione del nuovo comitato di governo RETI si è tenuta il 21 Giugno a Porto Conte, in coincidenza con il: Symposium “I mari delle isole”.. L’Ateneo aderisce all’ Associazione Uni-Italia, con un progetto, promosso e gestito dalla Fondazione Italia-Cina e realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri.

Passando alla Medicina universitaria, il percorso di integrazione della AOU di Sassari ha raggiunto molti degli obiettivi prefissati. È in atto con i Vertici Aziendali un proficuo rapporto che mira ad ottenere i migliori risultati nell’ambito delle attività assistenziali nel rispetto della integrazione delle funzioni della AOU: assistenza, didattica e ricerca, anche se il quadriennio di sperimentazione a livello nazionale ha superato il decennio senza che si sia affermato un modello aziendale unico pure previsto dal legislatore.. L’Organo di indirizzo ha incominciato ad espletare le sue funzioni istituzionali. L’approvazione dell’Atto Aziendale da parte della Regione dopo un anno di attesa consentirà all’AOU di confermare la propria struttura e identità.

L’Ateneo ha liquidato in questi giorni le indennità assistenziali previste dalla legge 517 del 1999 e mai erogate in Sardegna, unica regione italiana: la ASL 1 e l’AOU hanno riconosciuto un debito di 4,2 milioni per i medici che hanno vinto la causa al Consiglio di Stato. Nel frattempo l’AOU sta liquidando gli arretrati del 2012 e ha messo a regime il 2013. Anche in questo caso l’Ateneo è stato costretto a rimediare ai ritardi del Servizio Sanitario Regionale.

Riteniamo urgente favorire l’instaurarsi di un corretto rapporto tra le rappresentanze sindacali dell’Università e i Vertici Aziendali e definire la collaborazione del personale tecnico amministrativo, in servizio presso le strutture aziendali con compiti di supporto all’assistenza, secondo quanto previsto dall’art. 64 del Contratto Nazionale di lavoro. Occorre ricollocare in ambito assistenziale l’esiguo contingente di personale universitario di area tecnica attualmente escluso.

Molti gli obiettivi conseguiti nell’ambito delle nuove attrezzature sanitarie: è stata installata ed è funzionante la PET/TC a 128 strati. questo traguardo finalmente raggiunto permetterà ai malati del territorio, affetti da patologie oncologiche, neurologiche e infettive, di evitare viaggi della speranza. Sono stati installati e sono funzionanti un nuovo apparecchio radiologico digitale localizzato nella sezione del palazzo Clemente, tre ecografi ad alta fascia, ed è stata conclusa la gara per la TAC simulatore per la radioterapia. È stata inaugurata la Terapia intensiva neonatale, unico Centro di riferimento del Nord Sardegna.

Riguardo  all’area strategica relativa allo sviluppo socioeconomico del territorio, il network strategico INN.TE con la Camera di Commercio intende creare sinergie per cogliere le sfide e intervenire a vantaggio del tessuto imprenditoriale locale, attraverso campi comuni d’intervento, in un’ottica di sviluppo territoriale integrato. La Camera sosterrà l’Incubatore Universitario e definirà un percorso volto a creare sinergie per le start up innovative e i servizi offerti a favore delle imprese.

Numerose le iniziative portate avanti con la Provincia e il Comune di Sassari, che ha disposto nel suo bilancio le risorse necessarie alla costituzione della Società Farmacia comunale, con la partecipazione dell’Università al 49%. Si è attivata una convenzione con l’ATP e il Comune per il Progetto Brincus che ha visto l’attuazione di una linea riservata agli studenti dalla città verso le strutture sportive del CUS a San Giovanni, all’interno del più ampio progetto Unicittà cofinanziato dall’ANCI. Più in generale apprezziamo l’intensacollaborazione con il Comune, anche se occorre  rilevare i ritardi nella concessione delle Autorizzazioni edilizie richieste, in merito alle opere finanziate e in attesa di appalto.

La lista delle presenze dei delegati sul territorio per convegni e dibattiti ma anche per cerimonie è molto estesa, su temi che riguardano le politiche di sviluppo. I dipartimenti sono stati in prima linea promuovendo incontri scientifici e seminari di livello internazionale, con il coinvolgimento di molte Società scientifiche. Siamo arrivati alla firma del Protocollo d’intesa sugli appalti pubblici con gli Stati generali delle Costruzioni della Provincia. Si è avviata la trattativa per un nuovo protocollo d’intesa con l’Istituto Zooprofilattico, in relazione alla possibilità di presentare un progetto di ampliamento edilizio nell’area di Monserrato.

Nel corso dell’anno accademico, l’impegno del nostro Ateneo nel campo della Chimica Verde e della Chimica Sostenibile si è concretizzato in una serie di contatti con le aziende del gruppo Eni/Novamont/Matrìca, con le riunioni del tavolo tecnico dove abbiamo svolto una funzione critica ma costruttiva. La Regione non ha ritenuto opportuno inserire tali tematiche all’interno dei Tender. Tra le principali iniziative, il Master Internazionale “Chimica Verde” e una serie di convegni in collaborazione col Consorzio Industriale, con la Divisione di Chimica Organica e col CNR.

Il Sistema Bibliotecario dell’Ateneo ha portato a compimento il complesso processo di riassetto strutturale e organizzativo avviato un anno fa. Le difficoltà di carattere amministrativo, che avevano portato alla sospensione degli acquisti di libri e dei rinnovi degli abbonamenti ai periodici cartacei ed elettronici, sono state finalmente superate: la macchina ha ripreso a funzionare a regime. Le Biblioteche rimangono aperte mediamente 60 ore per settimana, erogano annualmente oltre 125.000 prestiti al pubblico e più di 5.000 prestiti interbibliotecari e gestiscono 1.350 abbonamenti. È stata restituita l’autonomia funzionale alla Biblioteca di Scienze Giuridiche Olives. Contestualmente la “Pigliaru” è stata ridenominata Biblioteca delle Scienze Sociali.

Abbiamo partecipato a incontri col Ministero per i Beni Culturali per favorire il trasferimento dei 300.000 volumi della Biblioteca Universitaria nel Complesso di Piazza Fiume. Nelle prossime settimane si prospetta la cessione all’Università dei locali storici della Biblioteca Universitaria da parte del Demanio, che contiamo di occupare a gennaio. Siamo protagonisti nell’attuazione del progetto della Biblioteca Scientifica Regionale. In quest’ambito, l’archivio istituzionale ad accesso aperto dell’Università di Sassari UnissResearch diventa un fiore all’occhiello che si consolida nei contenuti.

La riflessione sul patrimonio storico, culturale, materiale e immateriale, dell’Università è andata maturando in questi ultimi anni, anche grazie alle idee e agli studi scaturiti dalle celebrazioni dei 450 anni e in generale agli studi storici sul contesto urbano e territoriale sassarese. Il Museo Scientifico, con sede presso il Polo bionaturalistico dell’Ateneo, in attesa della conclusione dei lavori nella sede definitiva, utilizza lo spazio espositivo individuato nel locale al piano terra della struttura cupolata di Piandanna. Entro le prossime settimane sarà trasferita dai locali di via Vienna la nostra Collezione di Fisica.

L’attività edilizia dell’Ateneo è in pieno sviluppo, nell’ambito del Programma triennale delle opere pubbliche dell’Ateneo. Un importante evento per il territorio è stata la acquisizione dei fondi FAS del Piano per il Sud: l’Ateneo ha predisposto il Programma Operativo per un importo totale di oltre 80 milioni. La Regione deve rapidamente procedere alla predisposizione di un Accordo di Programma Quadro che conterrà la tempistica di realizzazione delle opere. L’Ateneo ha provveduto ad aggiornare la sua programmazione interna con invio delle schede di cantierabilità e con una rimodulazione del cronoprogramma che eviti la perdita del finanziamento. Sono previsti 14 interventi, l’edificio di Via del fiore bianco, gli impianti sportivi, Largo Porta Nuova, il Polo naturalistico di Piandanna e l’Orto botanico, il Dipartimento di Agraria in Viale Italia, le Aziende S. Quirico, S. Lucia, Surigheddu, Ottava, l’Azienda zootecnica di La Crucca, gli edifici di Monserrato per Veterinaria e Chimica e Farmacia, il polo umanistico di via Roma e Via Diaz, i Palazzi dell’Amministrazione Centrale, Estanco, Zirulia; infine la ristrutturazione della sede del dipartimento Economia.

Lascio da parte le numerose iniziative edilizie portate a conclusione nell’ultimo anno, ricordando che sono aperti i seguenti cantieri: nuove aule biblioteca del Dipartimento di Agraria, con il parcheggio di Via dei Mille; facciate Palazzo Ciancilla; Ufficio SPPIS in Via Vienna; aula negli spazi ex Matematica e Fisica; nuovi spazi di Via Vienna e di Via Muroni per il trasferimento dei dipartimenti. Tra le principali iniziative manutentive, di risparmio energetico e di sicurezza, risultano eseguiti nell’ultimo anno circa 500 interventi sugli edifici e sulle aree verdi da parte dell’Ufficio Tecnico, a cui si è fatto fronte con oltre 2,5 milioni di euro.

Tra le ulteriori iniziative in avvio o programmazione: parcheggi nell’area di Igiene, piano per l’adeguamento normativo antincendio degli edifici universitari, piano per l’abbattimento di barriere architettoniche, piano per il contenimento dei costi di gestione e manutenzione degli edifici. Inoltre contenimento dei costi delle utenze elettriche, mediante ricorso al mercato dell’energia e ad una politica di certificazione energetica degli edifici; avvio del piano delle aree verdi, ludiche e sportive. Per quanto riguarda l’impianto di cogenerazione in Via Piandanna, si è in attesa di ricevere la bozza della convenzione in relazione alla nuova normativa.

In materia di edilizia sanitaria, si sono quasi conclusi i procedimenti edilizi della Facoltà di Medicina e Chirurgia, seguiti direttamente dall’Ufficio Tecnico: l’auspicio è quello  di poter rapidamente arrivare al trasferimento del nuovo reparto di malattie infettive.

Sono seguiti invece dall’Azienda Ospedaliero Universitaria lavori edili per oltre 7,5 milioni di euro, di cui solo 2,5 effettivamente erogati. È urgente la ristrutturazione del piano secondo della palazzina della Clinica Neurologica da destinare all’istituto di Neurologia e i lavori per il reparto di terapia radio metabolica, i nuovi laboratori per il dipartimento di scienze biomediche.

Nell’ambito dell’area strategica di supporto Innovazione tecnologica e strumentale, particolare sviluppo hanno avuto le Piattaforme informatiche, telematiche, diffusione di conoscenze. Risultano già realizzati: il trasferimento del CED in Via Rockfeller e l’installazione di nuovi server, con l’utilizzo della fibra ottica per il collegamento tra gli insediamenti universitari. Sta partendo il servizio telefonico supportato dalla rete (VOIP); viene attivato il collegamento con Alghero e la rete GARR per Tramariglio.

L’Ateneo si è dotato di un Sistema Informativo, sia sotto il profilo contabile che amministrativo, capace di rispondere in maniera efficace alle molteplici sollecitazioni provenienti sia dall’interno della comunità universitaria, a supporto dei processi decisionali legati alle attività di pianificazione, programmazione e controllo di gestione, che dai vari stakeholders istituzionali. Il risultato più evidente, all’interno del progetto integrato U-GOV, è quello relativo all’introduzione del sistema ESSE3 per la gestione degli Studenti e della Didattica in sostituzione del precedente sistema GISS, ormai tecnologicamente superato.

L’area della programmazione, bilancio e innovazione manageriale nell’anno trascorso è stata caratterizzata dallo svolgimento delle attività necessarie per adeguare il sistema amministrativo-contabile alle novità previste dalla legge 240. Nello specifico, l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale in linea con la programmazione di Ateneo ha richiesto un’intensa attività di formazione generale e operativa diretta al personale amministrativo, l’introduzione di nuovi meccanismi contabili, la predisposizione del regolamento. L’encomiabile sacrificio al quale il personale amministrativo tutto si è sottoposto ha già dato primi risultati in termini di miglioramento dell’affidabilità e della tempestività delle informazioni.

Ogni sforzo sarà fatto per migliorare gli indicatori “Spese di Personale”, “Spese per Indebitamento”, “Situazione economica finanziaria”, che sono in netto miglioramento, anche se il rapporto tra FFO/Spese di personale è ancora all’84% circa, collocandoci agli ultimi posti in Italia a causa del taglio del FFO. È paradossale che nel calcolo il Ministero non riconosca lo scorporo per gli stipendi al personale sanitario e non utilizzi in modo adeguato i dati della valutazione ANVUR sulla qualità della ricerca.

In tema di Personale e relazioni sindacali abbiamo fatto molta strada: nel testo concordato in sede di contrattazione collettiva integrativa il 7 maggio sono state disciplinate le posizioni organizzative, le funzioni specialistiche e di responsabilità, sono stati individuati i requisiti essenziali per poter ricoprire tali posizioni e funzioni, sono state determinate le risorse appositamente dedicate, sono state assunte decisioni in merito al lavoro straordinario e altre indennità accessorie.

Un significativo passo in avanti è stato compiuto in tema di patrimonio: è nostro intendimento arrivare, entro i primi mesi del 2014, all’interazione dei dati del Patrimonio mobiliare e del Patrimonio immobiliare, implementandoli con l’attivazione di un sistema satellitare GIS.

L’attività dell’Avvocatura di Ateneo ha registrato una riduzione dell’instaurazione di nuovi giudizi, mentre hanno trovato positiva soluzione stragiudiziale numerosi contenziosi – in atto o potenziali – anche in ragione di una costante attività consultiva assicurata alle Strutture e agli Uffici investiti di funzioni amministrative e gestionali.

Autorità, cari colleghi, cari studenti,

a giorni conosceremo i risultati delle abilitazioni nazionali: Voglio rivolgere un affettuoso in bocca al lupo ai nostri colleghi che hanno partecipato a questa sorta di rito iniziatico, con la speranza di un successo personale che sarà anche un successo per tutto l’Ateneo. Siamo vicini anche a tutti coloro che subiranno una battuta d’arresto determinata spesso non da loro colpe ma solo dalla casualità delle alleanze nelle commissioni nazionali e da un sistema di valutazione che è ancora in una fase di difficile sperimentazione. Voglio esprimere solidarietà e vicinanza a tutti coloro che hanno lavorato intensamente in questi anni e colgo l’occasione per annunciare che l’Ateneo si impegna ad arrivare rapidamente alla presa di servizio dei nuovi professori associati e ordinari, con l’utilizzo di tutte le risorse in punti organico disponibili, in particolare quelle provenienti dal piano straordinario.

Rivolgo un grazie speciale ai docenti, agli amministrativi, ai tecnici e ai bibliotecari che con il I novembre sono andati in pensione: con loro continuerà un rapporto che non sarà solo di riconoscenza e di amicizia ma di collaborazione e di impegno. Infine consentitemi un pensiero per coloro che ci hanno lasciato, il Rettore emerito Giovanni Palmieri, Maurizio Longinotti; alcuni anche in giovane età, come i nostri Francesco Farace e Laura Morelli.

Con oggi si apre l’ultimo anno del nostro mandato e si dà avvio alla campagna per l’elezione del nuovo Rettore, che dovrà affrontare difficoltà e problemi giganteschi causati dalle politiche distruttive e di disfacimento fin qui proposte a livello nazionale: il dibattito che si sta sviluppando sulla stampa a proposito dell’autoriforna del sistema universitario sardo può essere salutare. Nel formulare gli auguri a tutti noi, volevo rinnovare un impegno, quello di continuare a lavorare fino all’ultimo minuto assieme ai delegati e al personale tecnico e amministrativo, per risolvere i problemi concreti giorno dopo giorno. Volevo allora invitare tutti noi a un ulteriore sforzo a favore dei nostri studenti e del nostro Ateneo. Con la passione e l’impegno di sempre.

Dichiaro aperto il 452° anno accademico dell’Ateneo.




Saluto introduttivo all’VIII Congresso internazionale di studi fenici e punici.

Attilio Mastino
Saluto introduttivo all’VIII Congresso internazionale di studi fenici e punici
Carbonia 21 ottobre 2013

Cari amici,

può apparire paradossale che a partecipare ai Mysteria iniziatici, ai sacra di questo Ottavo Congresso internazionale di studi fenici e punici (Dal Mediterraneo all’Atlantico: uomini, merci e idee tra Oriente e Occidente) sia stato ammesso anche un profano come me che si occupa di storia imperiale romana: debbo questo onore all’amico Piero Bartoloni, al quale mi legano sentimenti di simpatia, di amicizia di stima che vanno ben oltre il piano professionale.

Lasciatemi esprimere in apertura l’ammirazione per la sua straordinaria attività scientifica, per le tante imprese archeologiche nazionali e internazionali da lui dirette, per la sua scuola schierata in prima fila con gli allievi Michele Guirguis, Gabriele Carenti, Sara Muscuso, Rosanna Pla Orquin, Elisa Pompianu, Antonella Unali. Mi ha sempre colpito la sua fedeltà al Maestro Sabatino Moscati, che ha fondato la serie dei vostri Congressi a Roma nella Sede centrale del CNR tra il 5 e il 10 novembre 1979, dieci anni dopo la nascita del Centro di studio per la civiltà fenicio punica del CNR.  Piero Bartoloni ha voluto che a Palazzo Segni a Sassari presso il nostro Dipartimento di Storia venisse ospitato il Centro di studi interdisciplinari Sabatino Moscati, con la preziosa donazione dei volumi del Maestro. Qui coltiviamo insieme tanti progetti per il futuro.

Lasciatemi allora portare il saluto dei colleghi dell’Università di Sassari in occasione di questa solenne cerimonia inaugurale, che vuole innanzi tutto segnare la continuità tra gli studiosi, anche il debito di riconoscenza per chi ci ha preceduto. E insieme il senso di gratitudine per chi ha scelto la Sardegna per questa ottava sessione dei vostri incontri, per il Comitato Scientifico internazionale presieduto da M’hamed Hassine Fantar, laureato ad honorem nel nostro Ateneo, per il Comitato Scientifico Nazionale, per il Comitato d’onore, per la Segreteria organizzativa, per tutti i partecipanti, provenienti da oltre venti  paesi.  Benvenuti in Sardegna.

Fu proprio Fantar a organizzare a Tunisi nel novembre 1991 il terzo Congresso, dopo il secondo di Roma del 1987. Da allora in poi i successivi congressi si sono celebrati ogni quattro anni nelle sedi di Cadice, di Palermo, di Lisbona e di Hammamet. Proprio ad Hammamet nel 2009, Maria Eugenia Aubet presentava al VII Congresso Internazionale di Studi Fenici, la sintesi sui Fenici e i Cartaginesi nel Mediterraneo curata da Sandro Filippo Bondì in cui la Sardegna occupa un posto rilevante; nello stesso anno usciva il volume di Piero Bartoloni su I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna; l’anno dopo quello di Paolo Bernardini su Le torri, i metalli, il mare. Storie antiche di un’isola mediterranea. Ma, soprattutto, il 2009 è segnato dalla monumentale edizione degli scavi del Foro di Nora, opera d’eccellenza per il rigore e la completezza documentari, curata da Jacopo Bonetto, che ha riaperto, con i dati straordinari sull’insediamento fenicio e punico nell’area del foro,  la riflessione sugli itinerari di ricerca che rappresentano il cuore dell’indagine sui Fenici.

In tutti questi anni si era più volte ventilata l’opportunità di celebrare il Congresso proprio in Sardegna, ma non vi era mai stata la possibilità concreta di riuscirci davvero. Finalmente quest’anno è stato possibile, grazie all’impegno di Piero Bartoloni, di realizzare quello che per alcuni è stato un sogno. Ma Sabatino Moscati, Ferruccio Barreca, Gianni Tore e altri studiosi a noi tutti cari, ma ormai scomparsi, sono comunque accanto a noi e gioiscono di questo evento.  Nei giorni scorsi ho ricordato con rimpianto proprio Gianni Tore ad Alghero in occasione del XX Convegno de L’Africa Romana, a quindici anni dalla scomparsa

Grazie allora a quanti hanno consentito che questo evento potesse concretizzarsi, grazie a Tore Cherchi, già presidente della Provincia di Carbonia Iglesias e a Marinella Grosso assessore al turismo. Grazie a Roberto Neroni, commissario della Provincia. Grazie ai Sindaci di Carbonia Giuseppe Casti, di Sant’Antioco Mario Corongiu, di Calasetta Antonio Vigo e di Villamassargia Francesco Porcu.

Cari amici,

l’Università di Sassari vi accoglie con orgoglio in Sardegna, sperando che questa settimana di incontri, di relazioni, di dibattiti, sia anche un’occasione feconda per conoscere nel profondo quella che un commentatore di Platone chiamava l’isola dalle vene d’argento. Voi studierete le fasi di formazione e di sviluppo degli insediamenti fenici in stretta relazione con le problematiche di interrelazione tra i fenici e le comunità autoctone della Sardegna e con i momenti di trapasso e di trasformazione dalla fase fenicia a quella cartaginese. Parlerete di abitati e vita quotidiana, di arte e di artigianato, di interazioni culturali, sostrati e adstrati, di necropoli e riti funerari, di religione e archeologia del sacro, di epigrafia, di filologia,  di numismatica, di storia in una dimensione che è insieme interdisciplinare e davvero mediterranea. In questo orizzonte vorremmo che dedicaste una particolare attenzione alla Sardegna, a Nora, la città più antica dell’isola per Pausania e Solino, che la vogliono fondata da Norace proveniente da Tartesso, figlio di Ermes e Erizia, la ninfa di Gades. Bondì ha parlato di un rimbalzo dei fenici dall’Iberia, arricchitisi con il commercio dell’argento iberico e quindi defluiti verso la Sardegna meridionale, per fondare la loro prima colonia, Nora, utilizzata come una vera e propria base di partenza per l’ulteriore colonizzazione dell’ Occidente, in un quadro davvero mediterraneo. E poi gli altri insediamenti costieri fenici: a iniziare da Sulky, dove un solido impianto urbano coloniale pare attestato fin dall’VIII sec.a.C..

Vorrei ricordare che l’Ateneo sassarese è impegnato a Sant’Antioco (e nella vicina Monte Sirai) a partire dal 2000; il cantiere di scavo aperto nel sito del Cronicario, diretto da Piero Bartoloni, fiore all’occhiello delle ricerche fenicio-puniche in Sardegna, prosegue ininterrottamente fornendo dati, documenti e studi di sintesi su particolari tematiche e classi di materiali di cospicuo interesse, puntualmente editi.  Accanto a Sulky vi sono Karalis e Bitia,  Tharros, Othoca e Neapolis, per le quali da più parti, inizia a sostenersi una fisionomia di fondaco o enoichismòs sviluppatosi all’ombra degli assetti organizzativi indigeni e a stretto contatto fisico con le comunità nuragiche, come potrebbe verificarsi nel giacimento oggi più significativo sotto questo particolare aspetto: Sant’Imbenia, nel golfo di Alghero, altro “faro” della ricerca dell’Università sassarese sotto il coordinamento magistrale di Marco Rendeli

Non posso qui né mi compete addentrarmi nella complessità della tematica che ho evocato; ma vorrei ricordare in questo contesto della ricerca almeno il caso di Tharros e di Othoca.  Nel primo sito le indagini dell’Università di Sassari curate da Raimondo Zucca hanno prodotto un completo rovesciamento della nostra percezione del primo insediamento fenicio nel sito, postulando su solide basi documentarie l’esistenza di un primitivo approdo emporico ai margini dell’attuale laguna di Mistras e a ridosso del moderno borgo di San Giovanni di Sinis.  Nel secondo, l’Ateneo sassarese, rappresentato da Raimondo Zucca, Pier Giorgio Spanu e Paolo Bernardini, ha avviato gli scavi nell’area di Is Olionis, sede dell’abitato fenicio, dove, a giudicare dai dati preliminari, un centro di tipo urbano non sembra precedere momenti di fine VII sec.a.C.

Credo sia prudente per me fermarmi sulla soglia del vostro incontro, anche se mi preme osservare come la problematica dell’interrelazione tra Fenici e indigeni si allarga ora ad una valutazione più matura della cultura indigena che si sviluppa tra l’età del Ferro e l’età orientalizzante grazie ad una nuova rilettura dei principali ripostigli e complessi di bronzi di votivi legati agli insediamenti di santuario, al ritrovamento di significativi contesti chiusi in aree cruciali per il tema dell’interrelazione, come, di nuovo, Sant’Imbenia, alla scoperta di alcuni peculiari oggetti “esotici” in contesti indigeni come l’anfora iscritta fenicia di Arcu Is Forros o lo spillone con problematica iscrizione da Antas, alle riflessioni sulla componente orientale presente sulla notissima produzione della statuaria di pietra di Monte Prama in territorio di Cabras; si inserisce in questa trama il recente studio di Raimondo Zucca sulla circolazione di segni scrittori di origine cipriota, fenicia e greca nelle comunità indigene della prima età del Ferro.

Non meno determinanti sono i progressi della ricerca sulla fase di trapasso e di trasformazione dalla fase fenicia a quella cartaginese e che impongono una lettura più articolata e duttile dell’avvio della presenza punica nell’isola che supera progressivamente i tradizionali concetti di interventismo e invasione militare.  Mentre si sono imposti, in via generale, i concetti di fluidità e di permeabilità come caratteristica antropologica e culturale degli stabilimenti fenici almeno a partire dal VII sec.a.C. e il dato della circolazione di materiali e “merci”  di origine cartaginese tra il Mediterraneo e l’Atlantico, gli studi sulla ceramica, soprattutto nel distretto sulcitano, sottolineano il fenomeno di forte continuità piuttosto che di rottura tra le rispettive tradizioni artigianali fenicia e  punica e indeboliscono il presunto orizzonte traumatico e violento di passaggio alla dominazione punica in Sardegna.

Oggi queste posizioni trovano un importantissimo riscontro archeologico nella documentazione emersa dalle recenti ricerche in area sulcitana e, in particolare, nel sito di Monte Sirai e della sua necropoli, nella quale si sono individuati i sepolcri di personaggi di etnia cartaginese a partire dal secondo quarto del VI sec.a.C.; molti di essi mostrano di appartenere a ceti socialmente elevati. Alla presenza di elementi di spicco della aristocrazia cartaginese nell’isola in momenti ben precedenti le fasi della conquista militare, nota dalla tradizione storica e dalle fonti testuali, si accompagna il quadro di un V secolo in Sardegna che non può più leggersi in modo univoco come momento di crisi e di trauma successivo all’invasione militare: la situazione di Tharros, ma anche le acquisizioni recentissime di Paniloriga, centro fiorente in questa fase cronologica, o le aggiornate riletture di alcuni complessi funerari della stessa Sulky restituiscono quadri di maggiore complessità.  In quest’ottica di rinnovamento sarà certamente interessante una iniziativa di studio che coinvolge la Soprintendenza Archeologica di Cagliari e l’Università di Sassari e di cui è promotore e hegemon il Professor Mario Torelli e che riguarda la rilettura delle fasi storiche e archeologiche del santuario di Sid Sardus Pater ad Antas, da molti ritenuto il luogo celebrativo della c.d. “pacificazione” punica tra il V e il IV sec.a.C.

Emerge da questi studi una nuova percezione dell’interrelazione tra città e territorio rurale nella Sardegna tardopunica ed ellenistica che vuole fare a meno, in primo luogo, di una tradizionale visione imperialistica e che viceversa scopre l’assenza sul territorio di strutture coloniali impegnate nello sfruttamento sistematico delle risorse, una articolata variabilità insediativa rurale che procede in continuità in età punica e punico-ellenistica senza nessuna cesura significativa legata all’intervento cartaginese.

Sembrerebbe che, per descrivere il fenomeno con le parole di un giovane studioso, Andrea Roppa, <<nel corso della fase punica le comunità indigene parteciparono attivamente nel più ampio mondo punico alla definizione di nuovi rapporti e alla rinegoziazione di nuovi assetti sociali e culturali …>>; un approccio, come è evidente, che porta in sé un altissimo potenziale di novità nella percezione dei fenomeni storici, artigianali ed economici che coinvolgono la Sardegna alle soglie del primo e medio ellenismo e che conduce a ridimensionare in modo cospicuo anche il concetto di resistenzialità tradizionalmente applicato alle fasi del passaggio al dominio romano in ambito sia urbano che rurale.

Mi ha sempre colpito la vicenda di Amilcare che abbandona con le truppe mercenarie il Monte Erice per trasferirsi a Cartagine e poi in Spagna, furibondo per la perdita di tutti gli interessi cartaginesi in Sardegna, dopo l’occupazione romana di Tiberio Sempronio Gracco, che già Polibio riteneva ingiusta.

Concludendo, la Sardegna fenicia e punica si presenta come un laboratorio vivo e stimolante di sperimentazione e di elaborazione, una formidabile officina di ricerca legittimamente titolata, per il suo spessore e il suo ruolo scientifici, per la sua caratteristica di vero e proprio scrigno della memoria della cultura fenicio-punica e di memoria storica degli studi della disciplina, ad ospitare questo vostro importante congresso internazionale. Auguri di buon lavoro.




Verso una comunità relazionale. Dal progetto europeo Freedom Wings: buone pratiche di giustizia riparativa

Saluto del Rettore

10 ottobre 2013 ore 15.30
Aula Magna

Verso una comunità relazionale.
Dal progetto europeo Freedom Wings: buone pratiche di giustizia riparativa


Do il benvenuto a tutti i presenti al convegno, proposto in occasione della Settimana del benessere psicologico promossa dall’Ordine degli psicologi della Sardegna: Verso una comunità relazionale. Dal progetto europeo Freedom Wings: buone pratiche di giustizia riparativa.

In particolar modo voglio ringraziare le Autorità qui presenti:

il Presidente del Consiglio dell’Ordine Forense di Sassari, l’Avv. Francesco Milia;  Il Presidente della Camera Penale di Sassari l’Avv. Gabriele Satta; il Presidente  del Tribunale per i Minorenni di Sassari il Dott. Gavino Casu.

Il Provveditore regionale della Amministrazione Penitenziaria della Sardegna il  Dott. Gianfranco De Gesu è stato trattenuto a Cagliari per un rilevante impegno istituzionale intervenuto in questi ultimi giorni. È in ogni caso rappresentato da uno dei relatori, il Dott. Giampaolo Cassitta.

Ringrazio l’On. Federico Palomba, uno dei padri e maggiori interpreti della normativa processuale per i minorenni che alla tutela delle persone di età minore, alla promozione del loro benessere e superiore interesse ha dedicato e continua a dedicare tutto il suo impegno, nei diversi, importanti incarichi istituzionali: da Presidente del Tribunale per i Minorenni di Cagliari, da Capo della Giustizia Minorile, la Vice-presidente della Commissione giustizia nella precedente legislatura. L’On. Palomba terrà una lectio magistralis dal titolo “Per una comunità promozionale: quali prospettive di giustizia riparativa?”

Questo convegno è occasione per presentare i risultati del progetto Freedom Wings, attivato nell’ambito del programma europeo  “Criminal Justice”, che ha inteso contribuire al dibattito scientifico internazionale sui temi della Restorative Justice, coinvolgendo oltre alla nostra Università, nel ruolo capofila, il Comune di Lemba, quello di Cipro e l’European Regional Framework for Co-operation (ERFC) della Grecia.

I tre partner europei hanno lavorato insieme per l’elaborazione e implementazione di un progetto finalizzato alla rilevazione, promozione e divulgazione di buone pratiche riparative a livello transnazionale partendo dal sistema giudiziario per orientarsi poi in una più ampia visione di comunità.

Ciò è stato possibile grazie alla costruzione di un network internazionale di operatori della giustizia, socio-sanitari, giuristi, rappresentanti della formazione, del mondo dell’associazionismo e del cooperativismo sociale che hanno contributo alla riflessione sul tema nelle diverse fasi del progetto e per l’elaborazione e lo sviluppo delle azioni di ricerca, interrogandosi sulle modalità per conoscere e diffondere le pratiche riparative nella comunità.

Molti di loro sono qui presenti e li ringraziamo per aver contribuito ai risultati raggiunti.

A partire dai risultati di questa ricerca e in prospettiva di una giustizia che diventi sempre più “giustizia di comunità” interverranno l’Avvocato Vittorio Campus; Giampaolo Cassita, Direttore dell’Ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria della Sardegna; Antonio Turco, Direttore d’Area pedagogica della Casa di Reclusione di Rebibbia e Responsabile delle politiche sociali dell’AICS – Associazione Italiana Cultura e Sport; Carla Ciavarella, Direttrice della Casa di Reclusione di Tempio Pausania-Nuchis. La Presidente Maria Antonia Vertaldi, già Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Sassari con la quale abbiamo attivato importanti progettualità, interverrà via Skype dalla sua attuale sede del Tribunale di Sorveglianza di Salerno.

Ringrazio tutti per la vostra partecipazione e per il contributo che darete ai lavori.

Mi sembra opportuno ricordare che il tema della giustizia riparativa è per l’Ateneo molto importante. In questi anni abbiamo attivato rilevanti collaborazioni interistituzionali e progettualità sui temi delle giustizia.

Dal 2004 l’Ateneo di Sassari sostiene progetti e interventi finalizzati al reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti nell’ambito di: 1) un Protocollo d’intesa con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che coinvolge gli istituti di Sassari, Alghero, Nuoro e Tempio, le cui finalità sono quelle di favorire lo sviluppo culturale e la formazione universitaria delle persone detenute e promuovere la ricerca scientifica per migliorare le condizioni di vita all’interno delle strutture di pena; 2) una Convenzione con il Comune di Sassari per iniziative progettuali nell’ambito delle tematiche relative alla prevenzione di attività criminose recidivanti e per il sostegno di inserimenti in borsa lavoro di persone ex detenute e appartenenti alle “povertà estreme”.

Nel 2010 è stata siglata una Convenzione quadro con il Tribunale di Sorveglianza di Sassari  per riflettere su potenziali soluzioni in materia di organizzazione del lavoro e della funzionalità degli uffici, nonché per una più attenta analisi delle prospettive di evoluzione del sistema di esecuzione delle pene al fine di acquisire una maggiore consapevolezza della centralità della fase esecutiva ove il recupero del condannato alla società civile sia piena attuazione dei principi costituzionali che governano la pena. Specifica attenzione della convenzione con il Tribunale di Sorveglianza è rivolta proprio alle iniziative in materia di giustizia riparativa per rispondere all’esigenza di coinvolgere la cittadinanza, incentivare tra gli operatori del diritto la diffusione della cultura di una diversa “gestione del conflitto”, nonché per sensibilizzare la popolazione detenuta ai temi della richiesta del perdono, del risarcimento del danno cagionato, della comprensione del dolore arrecato alla vittima, prospettando percorsi diversi di approccio al conflitto e alle sue possibili soluzioni.

Progettualità rafforzate anche mediante l’ultima convenzione siglata nel 2013 tra il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, il PRAP – Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e l’UEPE – l’Ufficio di esecuzione penale esterna, e diversi comuni della Sardegna per la realizzazione di un progetto di recupero e reinserimento sociale e lavorativo delle persone condannate, nell’ambito della quale l’Università di Sassari offre un importante supporto  scientifico e di supervisione. Infine a breve sigleremo un protocollo con il PRAP per favorire e sostenere la formazione universitaria delle persone detenute.

Per concludere, ringrazio sinceramente e con affetto la Prof.ssa Patrizi per il tutto il lavoro svolto in questi anni con il suo staff come Delegata nelle attività inerenti la giustizia minorile e ordinaria e come Delegata nell’ambito dell’orientamento universitario. Ieri infatti proprio su questo ultimo tema si e svolto un importante convegno nazionale promosso dal Centro Orientamento e dal suo Servizio di counseling psicologico e di coaching: L’idea di Orientamento dell’Università di Sassari. L’esperienza del Servizio OrientAzione: Scuola, Università e Territorio.

Entrambi i convegni, e le relative attività di ricerca promosse, vanno in un’unica direzione: coinvolgere la comunità e il territorio. La prospettiva di una comunità in grado di facilitare l’accesso alla conoscenza e l’avvicinamento al mondo del lavoro da una parte e la gestione del conflitto con nuove prospettive di inclusione sociale dall’altra in vista del benessere personale e sociale.

Buon lavoro a tutti!

IL RETTORE     
(Prof. Attilio Mastino)




L’idea di Orientamento dell’Università di Sassari. L’esperienza del Servizio OrientAzione: Scuola, Università e Territorio.

Saluto del Rettore

9 ottobre 2013 ore 9.30
Aula Magna

L’idea di Orientamento dell’Università di Sassari.
L’esperienza del Servizio OrientAzione: Scuola, Università e Territorio

Signore e Signori, Autorità, colleghi, cari studenti,

do il benvenuto a tutti i presenti al convegno: L’idea di Orientamento dell’Università di Sassari. L’esperienza del Servizio OrientAzione: Scuola, Università e Territorio.

Ringrazio le Autorità intervenute. Rappresentano Istituzioni con le quali la nostra Università ha instaurato da tempo proficui, rilevanti accordi per lo sviluppo di comuni linee di azione.

Nel dare avvio ai lavori vorrei ricordare che come università abbiamo accolto con sincera partecipazione e interesse la possibilità di organizzare questo convegno all’interno della Settimana del benessere psicologico promossa dall’Ordine degli Psicologi della Regione Sardegna. In particolare ringrazio la prof.ssa Patrizia Patrizi, Delegata per l’Orientamento, per aver promosso questa iniziativa.

In questa giornata, oltre a presentare i risultati di alcune specifiche progettualità realizzate dal nostro Ateneo, confronteremo il nostro modello di orientamento con altre realtà universitarie italiane, per questo ringrazio personalmente il prof. Salvatore Soresi e la prof.ssa Laura Nota (Università di Padova), la prof.ssa Elisabetta Camussi (Università Bicocca di Milano), che non ha potuto essere presente a causa di un serio problema familiare e che è rappresentata dalla dott.ssa Chiara Annovazzi.

Sono davvero lieto di poter ospitare in questa occasione i massimi esponenti dell’orientamento. Con la SIO, qui rappresentata dalla Vicepresidente prof.ssa Laura Nota, dal Past president prof. Soresi, e con il LaRIOS (Laboratorio di Ricerca ed Intervento per l’Orientamento alle Scelte), diretto da Laura Nota, abbiamo costruito un rapporto importante, entrando nel Network Formazione Universitaria in Orientamento e, più di recente, partecipando alla fondazione del Network Universitario per il Counseling.

Ma oggi, come dicevo, è anche occasione per condividere i progetti che abbiamo realizzato: l’azione continuativa svolta presso le scuole per il supporto alla scelta, un progetto che abbiamo avviato fin dall’inizio del 2010 e che nelle sue evoluzioni  ha interagito e si è integrato con il progetto AlmaOrièntati-AlmaDiploma promosso dal Consorzio AlmaLaurea; l’azione di contrasto al fenomeno dei fuori corso, attraverso una sperimentazione che ha consentito la modellizzazione dell’intervento; nella medesima direzione va la ricerca dall’evocativo titolo Giovani orientati al successo; il servizio di sostegno e supporto alle matricole fin dal loro ingresso con “Benvenute matricole” presso tutti i Dipartimenti e tutti i Corsi di Studio; il Come sopravvivere all’Università, un incontro peer to peer fra associazioni studentesche e matricole; l’idea di istituire un osservatorio per l’allineamento delle competenze fra scuole e università.

All’interno di queste progettualità, di questa rete, degli appuntamenti istituzionali e scientifici ai quali abbiamo partecipato con continuità, la nostra Università ha promosso un’idea di orientamento che si è misurata con il dibattito più attuale. Tale concezione è entrata a far parte dello Statuto per l’autonomia con l’inserimento di un articolo specifico. Voglio condividere con voi questo articolo, che sintetizza i nostri criteri ispiratori e le finalità che ci poniamo:

Articolo 9 – Orientamento

1. L’Ateneo considera l’orientamento come un processo continuo, volto a favorire l’acquisizione di competenze lungo tutto l’arco della vita e la piena realizzazione della persona, garantendo servizi e adeguate competenze di sostegno durante la carriera universitaria, di indirizzo per i percorsi di formazione continua e di inserimento lavorativo e promuovendo collaborazioni con il sistema dell’istruzione scolastica e della formazione professionale, con le istituzioni e gli enti territoriali, con i sistemi del mondo del lavoro e delle professioni.

Fin dall’inizio del mio mandato ho considerato e interpretato l’orientamento come un core project del nostro Ateneo sostenendo esperienze che potessero consentire agli studenti di scuola secondaria di secondo grado di fare scelte consapevoli già durante gli anni del liceo. Scelte consapevoli in grado di sostenere la prospettiva universitaria e/o professionale. Scelte che avvieranno percorsi caratterizzanti la loro futura vita personale e professionale. OrientAzione va a scuola ha promosso proprio questo tipo di iniziative e oggi ne verranno condivisi i risultati.

Abbiamo interpretato l’orientamento a partire dalla centralità della persona e dei suoi sistemi di vita, elaborando un piano di sviluppo pienamente sintonico con le attuali linee programmatiche del MIUR. Non soltanto, quindi, un sistema di servizi dell’orientamento, ma una comunità orientante, una Smart Community, secondo i più recenti sviluppi dell’appellativo “smart” con cui vengono identificate comunità inclusive e che assicurano una migliore qualità della vita nei vari contesti di appartenenza delle persone. L’università può e deve interpretare un ruolo centrale in questo senso sia per quanto riguarda strettamente la vita accademica, sia per quanto concerne l’intero percorso formativo e professionale delle persone, offrendo la disponibilità di mettere in campo risorse, competenze e professionalità per prendersi cura degli studenti in chiave di lifelong learning.

In questo senso credo che il nostro compito sia quello non solo di sollecitare saperi e competenze specialistiche, ma di accompagnare lo studente nell’assegnare valore a quelle competenze trasversali che, nel corso della vita, potrà utilizzare come strumenti per costruire nuovi saperi e competenze, per individuare-consolidare-usare strategie di nuovo apprendimento e mettere a frutto la propria esperienza (di studio e di lavoro, ma anche di vita quotidiana). In altre parole favorire quell’apprendere ad apprendere che sembra, ancor di più in questo momento di forte crisi, uno strumento validissimo in grado di migliorare la capacità di adattamento delle persone al proprio contesto sociale, politico, economico ecc.

In questi anni abbiamo lavorato all’estensione dell’esperienza del counseling psicologico e del coaching. Un counseling psicosociale che ha inteso favorire lo sviluppo di credenze, atteggiamenti e competenze in grado di accrescere negli studenti la consapevolezza di poter affrontare situazioni di incertezza, proiettandosi in modo positivo nel futuro. Abbiamo assunto una prospettiva tesa a promuovere benessere. Migliorare i livelli di benessere degli studenti significa raggiungere risultati in grado di sostenere i livelli di qualità del nostro Ateneo, come ad esempio ridurre la dispersione universitaria analizzandola non solo sul piano concreto del successo del percorso universitario, ma estendendo il suo senso al costo (non solo finanziario) che ha per le persone, le famiglie e le istituzioni, insomma per l’intera comunità. Infatti, la dispersione dei talenti crea malessere non solo sul piano individuale, ma anche su quello sociale.

Una nuova frontiera nella quale ci siamo impegnati con forza è quella dell’orientamento in uscita, il Job Placement. Come Ateneo abbiamo cercato di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Questo può diventare un settore nel quale l’Università si mette veramente al servizio dell’intero territorio e diventa parte attiva di quella Smart Community in grado di far dialogare le diverse componenti: sociali, politiche e produttive/organizzative secondo il modello della Tripla Elica.

In conclusione, augurandovi buon lavoro, voglio porgere un saluto e ringraziamento a tutte le persone che collaborano al COS, alle associazioni studentesche dell’Ateneo che in questi ultimi anni hanno collaborato attivamente con il Centro Orientamento e con i Dipartimenti per l’accoglienza delle matricole, ai delegati per l’Orientamento e ai referenti amministrativi per la Didattica di tutti i Dipartimenti, ai Dirigenti scolastici e ai Referenti per l’orientamento delle scuole secondarie per aver accolto i nostri consulenti nelle loro sedi. Infine, un ringraziamento speciale agli Studenti tutti, che con i loro suggerimenti, le loro critiche, la loro partecipazione e i loro risultati pongono le basi per un nuovo futuro.




Presentazione del volume Epi oinopa ponton. Studi sul Mediterraneo antico in ricordo di Giovanni Tore, a cura di Carla del Vais.

Attilio Mastino

Presentazione del volume Epi oinopa ponton.
Studi sul Mediterraneo antico in ricordo di Giovanni Tore, a cura di Carla del Vais.

Ho trovato straordinarie queste pagine di Studi sulla storia e l’archeologia del Mediterraneo antico in ricordo di Giovanni Tore, a cura di Carla del Vais, che nel titolo (Epi oinopa ponton) richiamano il tormentato viaggio di Ulisse “sul mare del colore del vino verso uomini di altre lingue” descritto da Omero e insieme raccolgono tante altre suggestioni, dai lirici greci ad Euripide, con sullo sfondo la cultura simposiaca, i vasi destinati al vino, la miscela di vino e di acqua nel cratere, come facevano i Sardolibici isolani, che secondo Ellanico di Mitilene nel V secolo a.C. e poi Nicolò Damasceno nell’età di Augusto  in viaggio non portavano con se altra suppellettile che una tazza per bere il vino ed un corto pugnale, kylix e machaira, ispirati da Dioniso.

Forse occorre arrivare fino al recente libro di Leonardo Sciascia Il mare colore del vino, edito da Adelfi, per capire che tutto si tiene e che un libro come questo finisce per essere anche un <<sommario>> di una lunga e feconda attività, rappresentata <<con una circolarità che non è quella del cane che si morde la coda», perché da queste pagine emergono reti di relazioni, rapporti, piani di indagine, curiosità sempre nuovi e diversi.

Non so se Gianni Tore amasse davvero il vino e usasse il corto pugnale per colpire gli avversari che diligentemente coltivava e contrastava lucidamente sul piano scientifico: certamente amava il viaggio per mare verso uomini di altre lingue, come sulle navi Tirrenia per raggiungere il porto di La Goulette in Tunisia oppure per sbarcare a Minorca nelle Baleari o a Bonifacio e Propriano in Corsica o a Trapani in Sicilia o in Libano; infine per attraversare le Colonne d’Eracle in direzione del Marocco. L’ho visto occuparsi di viaggi in mare già raccontando Tharros con la sua tesi di laurea discussa nel 1969 con Ferruccio Barreca e poi nel lontano e burrascoso seminario su Delos promosso da Mario Torelli l’anno dopo, quando l’isola sacra ad Apollo è divenuta per un attimo campo di scontro ma anche strumento per spiegare la complessità del mondo antico, fino al porto franco e al mercato degli schiavi nell’agorà degli italici.

 

Sono stati tanti i momenti di confronto, come quando alle pendici del colle di San Giuseppe di Padria, mi presentava i risultati dagli scavi che nel 1973 lo hanno portato a scoprire, assieme a Vincenzo Santoni, la stipe votiva di Gurulis Vetus, che ha restituito le più preziose testimonianze del culto di Eracle nella Sardegna interna, nella vallata del Temo, un’incredibile riscontro dei miti classici relativi alla saga di Iolao e ai gemelli fondatori Ippeus e Antileone.

Tra i suoi lavori più lontani (già del 1976) ci sono anche due articoli dedicati alle origini di Bosa e alla localizzazione di Bosa arcaica, che gli avevo suggerito per i due numeri della rivista Il Convegno degli amici del libro di Cagliari da me curati per conto di Nicola Valle. Aveva iniziato a regalarmi i suoi estratti, come quello sulle stele funerarie sarde di età punico-romana su Latomus del 1975, con una bella dedica che mi è cara; estratti che poi avrei continuato a ricevere sempre diligentemente rilegati a mano, con copertine trasparenti e ironiche dediche sulle mie origini bosane e dunque fenicie.

Poi la Scuola di specializzazione in Studi Sardi, i viaggi in Gallura, in Ogliastra, in Barbagia, in Planargia, con tante persone che ci erano care. A Roma, mi aveva messo in contatto con Michel Gras (col quale aveva pubblicato nel 1976 il suo lavoro sull’antica Bithia), che ci aveva ospitato a pranzo sulla terrazza della casa che si affacciava su Piazza Navona. Voglio ricordare la sua amicizia con le mie maestre Giovanna Sotgiu e Renata Serra, con le quali aveva compiuto un avventuroso viaggio in Algeria nel 1972, che ricordava sorridendo per le critiche e i commenti scandalizzati dei benpensanti locali, che non apprezzavano il fatto che viaggiasse con due graziose signorine senza velo.

Nel 1982 eravamo stati a Cartagine, sulla collina della Byrsa, all’Hotel Reine Didon, assieme ad Alfonso Stiglitz e Franco Satta, perché doveva studiare per un mese le brocchette con orlo a fungo, un tema lontanissimo dai miei interessi, noiso, ripetitivo, mai concluso. Ma allora avevano conosciuto gli amici dell’Institut National d’Archéologie et d’Art di Tunisi, il giovane Mustapha Khanoussi, avevamo visitato la collina di Dougga, la città romana forse troppo chiassosa per le torme di turisti europei, collocata alle sorgenti di quel fiume, l’oued Arkou, che solca la vallata di Uchi Maius e che attraversa i fertili campi della Numidia un tempo occupati dai coloni del console Gaio Maio e dalle fattorie dei Pullaieni. Eravamo partiti all’alba su un pullmino dell’INAA, fino ad arrivare molto più a Sud, fino a Mactaris dove Colette e Gilbert-Charles Picard trascorrevano uno dei loro ultimi soggiorni tunisini, dirigendo gli scavi all’interno della Villa di Venere.

In quei giorni, Marcel Le Glay teneva per noi a Cartagine le sue lezioni e i suoi seminari di epigrafia all’interno dello straordinario palazzo di Beit al Hikma, in riva al mare, con sullo sfondo la montagna sacra a Baal-Saturno, il Djebel Bou Kornine. Qualche giorno dopo eravamo arrivati all’alba al confine con l’Algeria, fino ad Haidra in compagnia di Rahmouni Lotfi che tornava a casa dai suoi con emozione vera. La vecchia nonna, tatuata come i berberi del medioevo, ci aveva offerto un uovo sodo per colazione, prima che ci tuffassimo tra le incredibili rovine di Ammaedara.

E poi il viaggio in Marocco nel 1986, il difficile incontro con Joudia Hassar Benslimane e Abdelaziz Touri, la trafila burocratica presso l’Institut National des Sciences de l’Archéologie et du Patrimoine, la visita ai siti archeologici, Tamuda, Thamusida, Banasa, Lixus, Sala Colonia a Chella. L’emozionate incontro con René Rebuffat e Aomar Akerraz a Volubilis.

In Sardegna aveva continuato a scavare a Pani Loriga di Santadi, a Othoca presso Santa Giusta con la tomba a camera costruita contesa a Raimondo Zucca, a Nora, a Uselis, a S’Uraki di San Vero Milis, a Matzanni di Vallermosa, avviando e dirigendo il Museo di Cabras.

Negli ultimi anni aveva accettato a Sassari la supplenza di Archeologia fenicio punica che come Preside della Facoltà di Lettere gli avevo proposto assieme a Peppina Tanda.

Quindici anni fa, quando ci ha lasciato, a soli 52 anni di età, il 17 novembre 1997, abbiamo provato un dolore vero, una pena profonda, soprattutto abbiamo avvertito un vuoto, per i tanti progetti in corso, per i tanti propositi non portati a compimento, per un filo spezzato, per una perdita irreparabile soprattutto nel cuore delle sue allieve e dei suoi allievi: voglio dire grazie a Carla Del Vais che rimedia in qualche modo pubblicando in testa a questo volume un articolo inedito di Gianni su Karales fenicia e punica che ricostruisce la storia degli studi e rimette al centro del dibattito dei giorni nostri il colle di Tuvixeddu, con il suo valore identitario e la sua straordinaria forza evocativa che sopravvive a dispetto degli scempi e degli abusi.

Dunque il nome stesso di Karales, le fonti, la storia degli studi, la cronologia, la topografia e l’urbanistica, il porto, le fortificazioni, i santuari, fino al tempo di Venere a capo Sant’Elia. Un prezioso recupero di un’opera scritta assieme a Lluís Plantalamor Massanet è anche il lavoro sulle stele di sa Cudia Cremada Vella (Maó), che rimanda alla presenza punica a Minorca.

Ecco allora il senso di una gratitudine e di un rimpianto che emerge da tanti lavori presentati in questo volume, in totale 54 articoli, al quale hanno collaborato molti suoi colleghi e amici, oltre 70, che testimoniano una fedeltà ad un amico e insieme un rapporto con uno studioso con il quale si è avviato un dialogo che si vorrebbe proseguire oltre la morte. Anthony Bonanno presenta le figurine femminili e l’arte preistorica a Malta. Joseph Cesari (con Franck Leandri, Paul Nebbia, Kewin Pếche-Quilichini) che ci porta su un’altra isola, la Corsica, illustrando il neolitico cardiale di Campu Stefanu presso Sollaccaro. Michel Gras studia le anfore corinzie arcaiche, indicando le linee per indagini seriali più ampie.

Sebastiano Demurtas Lucia Manca Demurtas e Lluís Plantalamor Massanet indagano le connessioni tra la Sardegna e Minorca a proposito della tecniche costruttive dei protonuraghi e dei talaiots. Proprio Lluís Plantalamor Massanet torna sulla ceramica talaiotica a decorazione geometrica di Minorca. Maria Eugenia Aubet ci porta al Libano, studiando la variabilità e le sequenze funerarie nella necropoli di Khaldé. Anthony J. Frendo riprende la celebre iscrizione di Biblos.

Ad Alicante e più precisamente al giacimento fenicio di La Fonteta ci conduce Marina Escolano Poveda, con un’analisi di sette amuleti egiziani.

A Ibiza Joan Ramon Torres studia i materiali, piatti, giarre, anfore del pozzo punico di Es Rafal del V secolo. Benjamí Costa e Jordi H. Fernández studiano il culto di Melqart attraverso le iscrizioni fenicie e puniche.

Mansour Ghaki affronta il tema delle città del regno di Numidia e del regno di Mauretania, studiando le diverse vocazioni delle principali città, il tessuto ubanistico, i rapporti di dipendenza, gli scambi.

Alle stele figurate puniche, un tema tanto caro a Gianni Tore per la Sardegna, ci conducono Nicholas C. Vella che studia i rituali funerari di Medina a Malta e Rossana De Simone, con una nuova stele da Mozia nella Sicilia occidentale.

Mari Luisa Famà studia il Bes del Museo Pepoli di Trapani. Carmela Angela Di Stefano presenta i materiali etruschi arcaici della necropoli di Palermo, in particolare le coppe etrusco-corinzie e gli alabastra decorati.

Antonella Spanò Giammellaro e Francesca Spatafora presentano gli insediamenti rurali e i centri produttivi nel territorio punico della Sicilia nord-occidentale.

Gli studi siciliani di Luigi Pareti sono ridiscussi da Pietro Giammellaro a proposito dei rapporti tra indigeni, Greci e Fenici.

Aldina Cutroni Tusa studia i ripostigli siciliani di monete puniche in oro ed elettro tra Trapani e Catania, prevalentemente lungo la costa meridionale della Sicilia. Elisabetta Gaudina aggiorna il repertorio numismatico relativo al “segno di Tanit” nelle monete di età punica inizialmente di zecca siciliana.

Marco Giuman, Andrea Cannas e Piero Mura studiano la saga di Asterione il Minotauro generato da Pasifae, dal mondo classico alla divina Commedia.

Il capitolo “sardo” rappresenta oltre la metà di questo volume e testimonia la vivacità di una scuola fondata da Sabatino Moscati e Ferruccio Barreca alla quale Gianni Tore ha appartenuto fin dalle origini. L’amico di sempre Vincenzo Santoni ridefinisce il neolitico di Capo Sant’Elia; Riccardo Cicilloni affronta gli aspetti cronologici del megalitismo preistorico della Sardegna; Salvatore Sebis presenta nuove testimonianze di cultura Monte Claro nel Sinis e nel Campidano di Oristano.

Anna Depalmas traccia le linee di sviluppo delle strutture urbanistiche della civiltà nuragica dall’età del bronzo medio fino all’età del ferro. Paola Basoli ci porta in comune di Ittireddu a Monte Zuighe per presentare un bracciale in lega d’argento decorato a treccia. Giuseppa Tanda utilizza la fibula di bronzo del nuraghe Costa di Burgos per tracciare le linee dei rapporti tra mondo villanoviano e mondo nuragico attraverso le principali vallate fluviali dell’isola. Giovanni Ugas presenta il complesso quadro delle importazioni greche, fenicie ed etrusche a Monte Olladiri di Monastir, nella fase tardo nuragica dell’orientalizzante finale.

Paolo Bernardini affronta il tema della musica, delle danze e dei canti documentati nella Sardegna nuragica, fenicia e punica.

Piero Bartoloni presenta un’anfora commerciale fenicia rinvenuta nel tofet di Sulky, che illumina il rituale funebre fenicio e punico. Antonio Forci studia i bracieri ellenistici figurati dalla necropoli di Is Pirixeddus di Sant’Antioco.

Carla Del Vais presena la tomba ad inumazione di età arcaica dalla necropoli di Santa Severa, presso l’antica Othoca, con lo straordinario corredo che comprende una coppetta etrusco-corinzia.

Raimondo Zucca studia la maschera ghignante da Tharros conservata nell’Antiquarium Arborense di Oristano proveniente dalla collezione Pischedda. Ancora a Tharros e alla collezione Cara ci conduce Maria Luisa Uberti, che studia alcuni bronzi al Museo Nazionale di Cagliari. Enrico Acquaro e Daniela Ferraru studiano gli amuleti egiziani della collezione Garovaglio arrivati a Tharros, oggi conservati a Como.

Peter Van Dommelen, Carlos Gómez Bellard, Carlo Tronchetti presentano la fattoria di Truncu ‘e Molas di Terralba, affrontando il rapporto tra insediamento rurale e produzione agricola nella Sardegna punica.

Raimondo Secci aggiorna il quadro degli studi sulla presenza punica in Ogliastra,

Anna Chiara Fariselli e Giovanna Pisano studiano l’iconografia punica in Sardegna: il tema del triangolo apicato, la figura seduta riprodotta sulle stele di Sulci, ma anche di Mozia e di Sousse.

Ad ambito linguistico di riporta Giulio Paulis che torna su alcuni relitti lessicali punici della Sardegna, soffermandosi su míttsa, “sorgente”.

Giampiero Pianu affronta alcuni fondamentali problemi metodologici di archeologia dei paesaggi della Sardegna, partendo dal villaggio di Santu Antine e ponendo il tema del vuoto rappresentato dallo studio dei contesti locali alla fine dell’età nuragica, tra il VII secolo e l’occupazione romana.

Sandro Filippo Bondì studia lo sviluppo urbanistico di Nora tra Cartagine e Roma, un tema portato avanti anche da Giorgio Bejor, partendo dall’area degli “ambienti repubblicani” nel quartiere centrale.

Franco Porrà studia il ruolo degli Antistii veteres nella fondazione della colonia di Uselis, ammettendo che comunque ci restano testimonianze di significativi rapporti di tipo economico che hanno lasciato un segno nell’onomastica della comunità locale.

A un’altra colonia, a Turris Libisonis, ci conduce l’articolo di Giovanni Azzena, che si concentra sul tema dei sistemi di accesso alla città attraverso la via a Karalibus Turrem.

Simonetta Angiolillo e Rubens D’Oriano studiano i frammenti della statua bronzea del relitto del porto di Olbia, attribuita ipoteticamente a Nerone e confrontata con le statue imperiali dell’Augusteo di Bosa.

Valeria Paretta e Donatella Salvi tornano sulla necropoli di Tuvixeddu, con uno studio estremamente dettagliato sulla localizzazione delle tombe puniche.

Il rapporto tra Krly e la Villa Sanctae Igiae è studiato da Rossana Martorelli, che riflette sulla rioccupazione dell’area urbana fenicio-punica di Cagliari in età giudicale.

Mauro Dadea conclude l’opera con un articolo di sintesi su due millenni di cultura materiale dall’anfiteatro romano di Cagliari, dalle ceramiche puniche fino alle produzioni islamiche, iberiche, moderne.

Tornano in questo volume le coppe e le kylikes che rimandano, come  a Ibiza nell’articolo di Joan Ramon Torres, al tema del vino e dell’acqua, con il quale abbiamo introdotto questa presentazione: come dimenticare Ulisse che effettua le sue libagioni per invocare l’accorrere delle anime dei defunti, nella sua celebre catabasi nell’Ade: :

« … e io scavai una fossa d’un cubito, per lungo e per largo,
e intorno ad essa libai la libagione dei morti,
prima di miele e latte, poi di vino soave,
la terza d’acqua: e spargevo bianca farina,
e supplicavo molto le teste esangui dei morti…»

(Odissea, Libro XI, 24-29[)

La terra ti sia lieve, caro Gianni.