Attilio Mastino risponde a Vito Biolchini sull’insegnamento della Lingua Sarda all’Università

Attilio Mastino risponde a Vito Biolchini sull’insegnamento della Lingua Sarda all’Università

La risposta del rettore dell’Università di Sassari, Attilio Mastino, a un post pubblicato da Vito Biolchini, direttore di “Radio press”, sul suo blog (http://vitobiolchini.wordpress.com) relativo alla posizione dell’Ateneo sull’insegnamento della lingua sarda.

Caro Vito Biolchini,

ti ringrazio per l’occasione ulteriore che mi dai di chiarire le posizioni dell’Università di Sassari su una questione sin troppo strumentalizzata e ‘urlata’, in cui ognuno ha messo ciò che poteva, finanche, talvolta, la cattiva educazione e l’insulto teso a intimorire. Ti ringrazio perché, al di là delle interviste rilasciate al volo tra una seduta del Senato Accademico e del Consiglio di Facoltà, fra i mille impegni, mi dai opportunità di mettere alcuni punti fermi: se preferisci, ti do la versione autentica, pregandoti di leggere meno frettolosamente i documenti che abbiamo prodotto sinora.

1) Ho nominato, ormai ben più di un anno fa, una Commissione di Ateneo col compito di rispondere a una precisa sollecitazione della Regione: progettare dei corsi di formazione per insegnanti di lingua minoritaria (mettiamole dentro tutte, non solo il sardo). La Commissione ha interpretato con spirito critico le indicazioni provenienti dalla RAS, ritenendo peraltro di averle rispettate pienamente. La RAS contesta questo aspetto, in particolare per ciò che riguarda l’uso veicolare delle parlate locali: non entro nei dettagli, anche perché il progetto tra qualche giorno verrà messo on-line nel sito di Ateneo, cosicché chiunque potrà valutarlo anche in relazione alle linee guida della RAS (e vedrà, in particolare, che l’uso veicolare delle lingue minoritarie è garantito in 300 ore laboratoriali). Quello che voglio sottolineare, però, è che noi redigiamo i nostri progetti come meglio valutiamo in base a scienza e coscienza, la RAS deve comunicare in tempi ragionevoli se li approva o meno. A cadaunu s’arte sua, niente di più, niente di meno.

2) So bene che una delle proprietà essenziali del linguaggio umano è l’onniformatività: vuol dire che, in linea teorica, ogni lingua è in grado di esprimere ogni contenuto. In linea pratica, può accadere che nei secoli una lingua, per ragioni storiche, sia stata usata per determinate funzioni comunicative e non, per esempio, in àmbito scientifico. Non penso che non si possa farlo, ma che bisogna farlo con i giusti strumenti: per es., perché la RAS non finanzia un Istituto per la terminologia, anziché affidarsi ai soliti studiosi che si autocertificano, convinti di essere i demiurgi della lingua?

Fin qui credo sia chiaro. Adesso ti riporto per intero il primo punto delle osservazioni che abbiamo formulato al nuovo piano triennale: “Nel piano triennale (=PT) si insiste, a più riprese, sulla necessità di emancipare le lingue regionali dalla cultura tradizionale che esse riflettono e ‘agganciarle’ sic et simpliciter al mondo moderno e ai suoi contenuti: bisogna tuttavia considerare che, agli occhi dei parlanti, le lingue locali, che si identificano primariamente con la propria varietà dialettale e non con uno standard calato dall’alto, sono legate strettamente a quella cultura tradizionale che si vorrebbe superare d’un balzo. Occorre dunque contemperare il reale con le aspirazioni: ogni forzatura, ogni assenza di gradualità produrrebbe degli strappi e forti sensazioni di straniamento.” Tu, con abilità faziosa, manipoli il nostro pensiero: non diciamo che non si può fare, diciamo soltanto che occorre procedere con cautela e gradualità, rispettando in primo luogo le aspettative dei parlanti (che si possono benissimo conoscere con indagini sociolinguistiche ad hoc: il pericolo sono le minoranze che si ritengono interpreti illuminate delle esigenze dei propri concittadini).

3) Questione della LSC. In effetti sei tu a mescolare le carte. Noi di Sassari la abbiamo tirata in ballo nel documento in cui formuliamo le nostre osservazioni critiche sul piano triennale (che è cosa diversa dal progetto del corso di formazione per insegnanti di lingua minoritaria). Perché? Perché la politica linguistica regionale è incentrata su questa varietà che, da sperimentale, è stata promossa, inopinatamente, a standard: chi lo ha deciso? Inoltre: noi siamo per un equilibrato modello polinomico, in pratica pensiamo che a) nessuna varietà, naturale o artificiale, dovrebbe essere considerata come la varietà di riferimento della lingua sarda, rispetto alla quale le altre varietà diverrebbero ipso facto dei dialetti; b) la lingua sarda è una sola nel rispetto della sua diversità interna e la sua esistenza è fondata sulla decisione democratica dei parlanti di identificarla con un nome specifico e di dichiararla autonoma rispetto alle altre lingue riconosciute; c) al fianco della lingua sarda esistono e sono ugualmente meritevoli di tutela le cosiddette varietà alloglotte (sassarese, gallurese, algherese e tabarchino).

Ti invito a guardare questo sito:
http://prouvenco.presso.free.fr/poulinoumio.html

E per capire i danni che può produrre l’imposizione di uno standard unico:
http://www.swissinfo.ch/eng/culture/Romansh_speakers_rebel_against_standard_language.html?cid=29637410

4) Un’altra cosa. L’Università ha il dovere di interrogarsi sulla direzione di senso di quello che si fa. Dove vogliamo arrivare: a insegnare “la” lingua minoritaria, o “in” lingua minoritaria (che sono due cose ben diverse)? Al di là di ogni considerazione soggettiva in merito, la seconda opzione impone più di una cautela, se non altro perché siamo in grado di sapere cosa pensano i sardi in merito a questo problema. Da una recente ricerca sociolinguistica, infatti, è emerso che moltissimi sardi sono d’accordo a introdurre il sardo a scuola. Quando però sono stati interrogati su come questo dovrebbe avvenire in pratica, la stragrande maggioranza (80,1%) si è dichiarata del tutto favorevole a dedicare una parte dell’orario settimanale all’insegnamento della varietà locale (in pratica, come avviene per le lingue straniere); una percentuale del 40,7% si è invece detta del tutto favorevole all’utilizzo di essa, al posto dell’italiano, per approfondire la conoscenza della storia e della cultura locale (dunque utilizzo del ‘dialetto’ come lingua veicolare, ma solo per trattare temi che a esso appaiono più connaturati); pochi (percentuali abbondantemente sotto il 10%) si sono detti invece del tutto favorevoli a impiegare la parlata locale e non l’italiano come lingua veicolare per lo studio di alcune o di molte materie curricolari. Spero sia chiaro.

5) Approfitto per confermare tutto il mio apprezzamento per il lavoro svolto dalla Commissione di Ateneo incaricata di progettare il corso di aggiornamento per la formazione degli insegnanti di lingua sarda. Il fatto che, come Rettore, mi sia dovuto interfacciare con la RAS in una posizione di ascolto e di confronto, non significa in alcuno modo che io abbia mai inteso distaccarmi dai cardini scientifici e didattici indicatimi e condivisi con la mia Commissione, in cui mi riconosco in pieno, come Rettore e come uomo di scienza.

6) Colgo l’occasione per informarti che sto proponendo per il nuovo Statuto dell’Università di Sassari, che verrà approvato il 26 p.v., un articolo relativo alla difesa delle lingue minoritarie della Sardegna, e in particolare del sardo, come patrimonio fondamentale di oggi e del futuro.

7) Alla luce di quanto detto, ribadisco la superficialità inaccettabile del tuo discorso. A cadaunu s’arte sua: che non è un arroccamento su posizioni di privilegio, ma (scomodo) senso di responsabilità.

Un saluto cordiale,

Attilio Mastino




Il rettore intervistato sul Piano triennale regionale sull’insegnamento della lingua sarda

Il rettore intervistato sul Piano triennale regionale sull’insegnamento della lingua sarda 

Intervista del rettore Attilio Mastino, rilasciata oggi al quotidiano “Sardegna 24”, sul Piano triennale della Regione Sardegna per la promozione e l’insegnamento della lingua sarda.

Il Piano prevede corsi finalizzati alla formazione di insegnanti di lingua sarda, nelle diverse varietà locali.

Il rettore, nel corso dell’intervista, ribadisce l’intenzione dell’Università di Sassari di adottare criticamente il Piano e risponde a Diego Corraine, membro dell’Osservatorio regionale per la cultura e la lingua sarda, che accusa l’Ateneo  di “voler screditare l’operato della Giunta sarda in materia di politica linguistica”.

Cliccando sull’immagine è possibile visualizzare l’articolo a pagina intera.




Tripolitania e Cirenaica: un futuro per il patrimonio

Tripolitania e Cirenaica: un futuro per il patrimonio
Caserta-San Leucio, I luglio 2011
Apertura dell’incontro For the preservation of the cultural heritage in Libya

Intervento del Magnifico Rettore Prof. Attilio Mastino.

Debbo all’amicizia di lunga data con Serenella Ensoli il fatto di essere oggi qui al Belvedere di San Leucio a Caserta per questa straordinaria occasione di dibattito che non è solo scientifico: l’incontro di questi due giorni, organizzato d’urgenza, nel momento più duro della crisi internazionale in atto, ci porterà a discutere il futuro del patrimonio storico e culturale in un paese che amiamo, la Libia.

Desidero in apertura esprimere l’ammirazione per la tempestività con la quale quest’incontro For the preservation of the cultural heritage in Libya è stato promosso e insieme ricordare un maestro recentemente scomparso, André Laronde dell’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, il grande studioso della Cirenaica romana, che al porto di Cirene, ad Apollonia, ha dedicato per anni tutta la sua intelligenza e la sua passione.

Consentitemi di ricordare anche gli altri maestri che sono scomparsi in questi anni, primo tra tutti Sandro Stucchi:  la nostra conoscenza del patrimonio archeologico della Libia deve a loro un contributo straordinario.

Voglio ricordare oggi però un mio amico vero, Lidiano Bacchielli, di cui conservo un ricordo prezioso, il suo soggiorno in Sardegna, appena concluso il concorso che lo aveva portato in cattedra ad Urbino: un sorriso aperto e leale, una grande gioia di vivere, una serie di progetti straordinari, nei quali pensava di coinvolgerci tutti. E un grande dolore per averlo perduto.  Nel dicembre 1996, aprendo il XII Convegno internazionale su “L’Africa Romana” ad Olbia, Gianfranco Paci, ha scelto parole commosse per ricordare Lidiano: «Quanto a me, se mai tornerò un giorno nella terra di Libia, ho in animo di raccogliere una manciata di quella terra rossa di Cirene per depositarla sulla sua tomba, convinto che senza la Cirenaica Lidiano Bacchielli non sarebbe stato quello che abbiamo conosciuto, così come, senza Bacchielli, della città fondata sul secondo gradino del Jebel Achdar noi non avremmo la conoscenza che ne abbiamo; ma soprattutto nel ricordo di quel legame profondo, intenso, indimenticabile che ha unito la sua vita alla città di Batto».

Saluto i tanti amici presenti, ad iniziare da Fadel Ali Mohamed, antico Conservatore di Cirene ed ora responsabile del DOA e Ministro della Cultura della Cirenaica.

Ho visitato pochi anni fa con emozione Cirene, Sabratha, Tripoli, l’antica Oea, Leptis Magna, dove rimane evidente e visibile l’orma dell’imperatore Settimio Severo. Oggi vediamo in pericolo Leptis, la città  che mi è cara, ad iniziare dalla mia tersi di laurea su Caracalla discussa nel 1972.

A Tripoli ho ritrovato le ceramiche di mio zio Melchiorre Melis, direttore della Scuola Musulmana di arti e mestieri.

Questo Convegno mischia tante storie, anche tante storie personali e tante vicende che ci hanno riguardato tutti.

In Libia, nel fondo del Mediterraneo, al centro della Grande Sirte, c’è un luogo che non è un luogo, Ras Ali (Graret Gser et Trab), le antiche Arae Philenorum, il favoloso muchòs, il sacco del Mediterraneo, dove cultura punica e cultura ellenistica si sono toccate, più tardi cultura latina e cultura greca, e poi vandala, bizantina e araba: Sallustio ricorda: quem locum Aegyptum versus finem imperii habuere Carthaginienses, là dove i due fratelli Fileni si sarebbero fatti uccidere per segnare con la propria tomba un limite all’espansionismo greco.

Luogo che vorremmo divenisse di nuovo non una frontiera tra Cirenaica e Tripolitania ma un punto di contatto tra popoli che debbono integrarsi e confrontarsi pacificamente.

Ricorre quest’anno il centenario dall’occupazione italiana della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan voluta da Govanni Giolitti. E poi la Libia sotto il Fascismo, Italo Balbo, la II Guerra Mondiale.

Quarantun anni fa, con la deposizione nel 1963 del Re Idris I e la fine del Regno Unito costituito alla fine dell’età coloniale, nasceva la Repubblica araba di Libia, voluta da un gruppo di militari nasseristi.

Credo che il giudizio storico sui risultati dei processi politici promossi dalle non possa essere positivo, anche in rapporto alle politiche culturali connesse al patrimonio.

Certo ci sono responsabilità storiche anche degli europei. Come è noto, nella visione coloniale europea dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento la civiltà classica in Nord Africa non morì di morte naturale, ma fu assassinata: l’assedio di Ippona da parte dei Vandali nel 430 pochi mesi dopo la morte di Agostino, che fu sepolto nella basilica pacis, rende solo in parte l’idea di una cittadella della cultura travolta dalla montante marea barbarica, mentre i superstiti cercavano rifugio nelle terre transmarine. Più ancora, nel 698 la conquista ummayyade di Cartagine bizantina da parte degli Arabi di Damasco è stata considerata simbolicamente la data finale della cultura classica, per quanto siano sopravvissuti a lungo nel Nord Africa islamico dei principati berberi cristiani.

Il trasferimento delle reliquie di Agostino da Hippo Regius a Karales e poi a Pavia effettuato a quanto pare di fronte all’avanzata araba è stato interpretato simbolicamente come il punto conclusivo del momento più maturo della classicità e insieme come l’annunzio di tempi nuovi, con l’apertura (futuhat) del Nord Africa all’Islam, quando si manifesta l’aspirazione verso un nuovo universalismo. Nel contrasto tra mondi tanto diversi, la cultura araba fortemente motivata sul piano religioso finì per diventare egemone ed espansiva, a danno di quella romana e di quella giudaico-cristiana, che pure hanno lasciato tracce evidenti anche nel Maghreb di oggi.

La riscoperta delle rovine archeologiche, delle iscrizioni, dei monumenti è avvenuta al seguito degli eserciti coloniali, con l’obiettivo romantico di ripercorrere le strade di una civiltà perduta, di ritrovare le radici dell’anima europea del Nord Africa travolto dagli Arabi.

Con la colonizzazione si affermava una nuova cultura egemone e restò ormai fissata nell’immaginario collettivo dei popoli del Nord Africa l’idea di una forzatura, di una strumentalizzazione del mondo classico al servizio della prospettiva coloniale spagnola in Marocco, francese in Algeria e Tunisia, italiana in Libia, all’interno del nuovo impero coloniale mediterraneo.

Nel momento in cui i paesi del Maghreb ritrovavano, dopo la II guerra mondiale, una loro sovranità nazionale e nasceva una forma di nazionalismo direttamente ereditata dal colonialismo europeo, la conseguenza inevitabile fu una reazione contraria, una sostanziale sottovalutazione delle radici classiche ed una enfatizzazione, in realtà purtroppo spesso solo teorica,  delle fasi islamiche della storia del Nord Africa, con articolazioni nazionali più o meno naturali che stentavano ad affermarsi. Teorica perché se è vero che sullo sfondo c’è il convinto apprezzamento per la grande cultura araba arrivata anche ad influenzare l’Europa cristiana, di fatto però le fasi medievali del primo insediamento arabo in Ifriqya non sono mai state studiate davvero scientificamente e la cultura materiale islamica delle origini non ha fin qui avuto una presentazione adeguata. Manca del resto ancora oggi una affidabile seriazione di intere classi di materiali, ad iniziare dalle ceramiche islamiche.

In un articolo recente Nacera Benseddik si è chiesta quali potrebbero essere in futuro i contenuti profondi dell’identità nazionale che distinguano veramente i diversi nuovi stati del Maghreb. E ha risposto che considerato l’amalgama fortunato affermato propagandisticamente dalle forze coloniali tra romanità, cristianesimo ed europeismo, il panarabismo nella sua dimensione arabo-musulmana poteva giustamente ma erroneamente apparire agli occhi dei dirigenti “dii ex machina” autoproclamati, come un rimedio efficace ai mali del colonialismo. Così i lunghi e brillanti periodi preislamici del Nord Africa potevano rappresentare una minaccia per il progetto di panarabismo dominante. Del resto proprio il panarabismo più o meno islamizzante fu in effetti il nuovo quadro di riferimento per i dirigenti autoproclamatisi.

Al d là del giudizio storico su colonialismo e postcolonialismo, giudizio che del resto molti governi europei hanno ribaltato nel giro degli ultimi mesi, desidero esprimere la sofferenza per la grave crisi internazionale in atto, per i bombardamenti, ma anche per l’assenza di democrazia (l’ambasciatore Vincenzo Schioppa ci ricordava che occorre costruire presto in Libia dalla base una dimensione sociale). E poi sofferenza per il destino dei profughi interessati a fuggire dai bombardamenti, verso un’Europa scintillante e desiderata ma assolutamente incapace di accogliere l’altro. Più in generale simpatia per le sofferenze patite dagli uomini e dalle donne libiche.

Esistono oggi gravissimi pericoli per il patrimonio storico e identitario, i monumenti che ci sono cari.

Pericoli per il Castello Rosso, per il Museo di Tripoli che si affaccia sulla Piazza Verde e sulla Medina (Hassai Al-Hamra), percoli per lo stesso patrimonio islamico.

Desidero esprimere l’auspicio che la Libia e il Mediterraneo tutto ritrovino la pace, la libertà, la strada verso il progresso.  Che la Libia ritrovi la sua identità e la sua storia.

Al di là delle strumentalizzazioni dell’età coloniale, il patrimonio archeologico classico e post classico può contribuire a costruire l’identità della Nuova Libia di domani, se si affermerà la coscienza nuova dei Libici, che non può non partire dalla riscoperta del patrimonio.

Auguro che la Nuova Libia sia un grande Paese di pace, che riesca a contribuire efficacemente all’integrazione della riva sud del Mediterraneo in un mondo aperto e solidale.

Ho il piacere di presentare in questa occasione il volume su Leptis Magna, una città e le sue iscrizioni in epoca tarrdoromana, curato da Ignazio Tantillo e Francesca Bigi, con testi di  Lucio Del Corso, Adolfo La Rocca, Luca Lorenzetti, Massimiliano Munzi, Massimo Pentiricci, Pierfrancesco Porena, Giancarlo Schirru e con il contributo di Alfredo Mario Morelli,  autore dell’Appendicula testimoniorum.

Alcuni risultati delle ricerche condotte a Leptis a partire dal 2002 sono stati presentati ai Convegni internazionali de L’Africa Romana. Si segnala in questo volume il percorso storico della Libia dopo i Severi, le trasformazioni, le fratture, le continuità, le aristocrazie cittadine, la capitale provinciale, il concilium, la vitalità del paganesimo, il tardivo arrivo del cristianesimo, le incursioni, i terremoti, il destino dei diversi monumenti alla luce di una serie di documenti epigrafici, riletti in un contesto unitario.




Auditorium del Centro di Porto Conte Ricerche – Saluti del rettore

Auditorium del Centro di Porto Conte Ricerche
Convegno nazionale Qualità e valutazione del sistema universitario e presentazione della XIII Indagine AlmaLaurea sul profilo dei laureati.
Alghero, 27 maggio 2011.
Saluto del Rettore.

Ho il piacere di accogliere tanti ospiti qui a Porto Conte Ricerche, nella sede di Tramariglio, il luogo che visiteremo domani con riferimento ai monumenti ed all’ambiente del Parco Regionale, che investe una delle aree ambientali più delicate e significative sul piano dell’immaginario collettivo dall’antichità ai giorni nostri.

Prosegue oggi, con il Convegno nazionale Qualità e valutazione del sistema universitario e la presentazione della XIII Indagine AlmaLaurea sul profilo dei laureati, l’importante iniziativa promossa dal Consorzio AlmaLaurea in collaborazione con i due Atenei sardi e il sostegno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Preliminarmente desidero rivolgere il mio più sentito benvenuto al collega ed amico Giovanni Melis Rettore dell’Università di Cagliari, al Direttore di Alma Laurea Andrea Cammelli, al dott. Mario Conoci Vice Sindaco del Comune di Alghero, a tutti i relatori, i discussant, a tutti i partecipanti. Porto il saluto dell’Assesore Regionale alla Cultura on.le sergio Milia, del Presidente della Provincia Alessandra Giudici e dell’Assessore Enrico Daga, assente per un’improvvisa indisposizione.

Per il Consorzio AlmaLaurea e l’Associazione AlmaDiploma, i lavori hanno preso avvio martedì 25 a Cagliari, dove si è svolta una presentazione dei loro servizi di alle Aziende.

Per noi è il secondo giorno di impegno.

Ieri, nell’Aula Magna del nostro Ateneo, si è svolto il Convegno Orientamento e scelte dei diplomati. Nel pomeriggio i lavori sono proseguiti con l’incontro di Restituzione del profilo dei diplomati a Dirigenti e Docenti degli Istituti scolastici che hanno aderito al progetto ADAO (AlmaDiploma – AlmaOrièntati). Nel pomeriggio abbiamo partecipato all’assemblea di Alma Laurea.

ADAO è un progetto di grande rilievo, che l’Associazione AlmaDiploma realizza in varie realtà italiane, finalizzato ad accompagnare gli studenti verso una scelta consapevole del percorso di formazione universitaria.

Il Centro Orientamento del nostro Ateneo è fiero di averlo realizzato per la prima volta in Sardegna, nella provincia di Sassari, con alcune importanti specificità:

– la stretta, continuativa collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale e con l’Assessorato alle Politiche del Lavoro, della Formazione professionale, dell’Istruzione, che ha finanziato il progetto

– il percorso che il nostro Servizio di counseling psicologico e di coaching OrientAzione sta conducendo con insegnanti degli Istituti Scolastici Superiori sul confronto delle buone pratiche di orientamento e sulla costruzione di una rete di scuole ispirate a una didattica orientante/orientativa

– la preesistenza, nel nostro Ateneo, di un modello di consulenza orientativa (elaborato e applicato dal Servizio OrientAzione) che integra lo strumento (questionario online) utilizzato dal progetto.

Voglio far riferimento anche al progetto STUD.I.O, STUDenti In Orientamento, inteso come processo continuo: nello specifico siamo nella fase di costituzione dei tavoli tecnici con le scuole. Il primo tavolo tecnico si riunirà mercoledì I giugno. E si stanno anche raccogliendo tutti i dati dei risultati al test di accesso, in particolare degli insuccessi, per poter costruire su quella base gli strumenti di riallineamento.

Voglio anche ricordare il convegno svoltosi a Sassari il 3 e 4 maggio su “L’Università per il territorio e lo sviluppo”, che aveva un significativo sottotitolo: “Valutaziojne e internazionalizzazione. Offerta formativa e sbocchi occupazionali”, organizzato dai colleghi del Laboratorio FOIST per le Politiche Sociali ed i Processi Formativi della facoltà di Lettere e Filosofia. Il Convegno è stato occasione di confronto fattivo a partire dalla “Carta di Sassari per un’alleanza tra Università e Comunità”.

Tutto ciò risponde alla concezione di orientamento adottata dal nostro Ateneo, fondata su: collaborazione e accordo interistituzionali; partecipazione di tutti i portatori di interesse; supporto agli studenti delle Scuole Superiori nella scelta della Facoltà, a quelli iscritti all’Università per rendere il loro percorso di studio un’esperienza formativa e gratificante, ridurre la dispersione universitaria, agevolare i percorsi di studio successivi e l’inserimento lavorativo.

Tre giorni, quindi, di risultati di indagini, esiti di interventi realizzati e sviluppi di nuove prospettive, dedicati al futuro dei nostri giovani, ai loro percorsi formativi e di inserimento lavorativo, con un’importante finalità: prendersi cura delle nuove generazioni attraverso un’offerta di formazione e di servizi che facilitino gli sviluppi di interessi, attitudini, acquisizione di conoscenze e competenze per una piena realizzazione della persona e del suo Sé professionale.

Oggi, alla presentazione dell’Indagine nazionale svolta dal Consorzio AlmaLaurea seguirà una sessione di contributi scientifici su alcuni principali temi di interesse: caratteristiche degli studenti all’ingresso e riuscita negli studi; qualità in entrata e performance negli studi: il caso delle Facoltà di Ingegneria; soddisfazione per l’esperienza universitaria; orientamento alle scelte formative e competenze per la vita; genere e scelte formative. I lavori proseguiranno con il contributo Towards an Euro-Mediterranean Area of Higher Education e la tavola rotonda su Qualità e internazionalizzazione del sistema universitario, che evidenziano l’impegno verso l’apertura, la circolazione di saperi e competenze.

L’internazionalizzazione è un tema assai caro al nostro Ateneo, che la interpreta coniugando il significato amministrativo assegnatole dal MIUR a quello specifico della propria identità. Ritengo che ogni Ateneo abbia il diritto-dovere della individuazione e della proposizione di una propria ‘via’ alla internazionalizzazione.

Le due internazionalizzazioni, quella ‘standard’ e quella ‘identitaria’, sono e devono essere non conflittuali ma complementari, essendo ‘facce’ di una stessa attività.

La specifica ‘politica’ internazionale dell’Ateneo è non meno necessaria – seppure in forma diversa – dell’allineamento all’orientamento ministeriale, anche se gli effetti di tale politica non vengono quantificate con logaritmi e le ricadute in termini di vantaggi di bilancio sono meno immediate. Infatti, anche nel contesto universitario, le relazioni internazionali postulano un terreno di incontro comune (la standardizzazione) ma la rilevanza (cioè la riconoscibilità e l’interesse) di ogni interlocutore internazionale è prodotto della originalità e possibilmente della irripetibilità del suo apporto.

Nel caso della Università di Sassari e della Università di Cagliari (in funzione anche del contributo che esse devono e vogliono dare alla Comunità politica-territoriale di cui sono parte) appaiono chiare la opportunità e la esigenza di assumere, nelle relazioni interuniversitarie internazionali, un ruolo proprio e riconoscibile / riconosciuto, a partire dalla propria – peraltro assai forte – identità geo-politica. Questa identità è data dalla collocazione insulare e mediterranea (con la specificità della prossimità alla isola di Corsica e l’orientamento alle isole Baleari). Questa identità consente alle due Università e  chiede di  proporsi con autonomia e con originalità per le e nelle relazioni italiane ed europee con il Sud e con l’Est del Mediterraneo (il Mar Nero) nonché con le Regioni di cultura mediterranea nel mondo (la cultura “latina” principalmente) e, in generale, con Paesi in via di sviluppo.

Sono lieto che in questa occasione la nostra Università abbia l’opportunità di intervenire su un tema di tale rilevanza.

E’ significativo che questa giornata, che leggo in continuità con il convegno e l’incontro di ieri, abbia voluto affermare una visione a tutto campo dei percorsi di carriera formativa e professionale dei nostri giovani, spaziando dai rapporti fra qualità in entrata, caratteristiche degli studenti in ingresso, genere e scelte formative, performance e riuscita negli studi, soddisfazione nell’esperienza universitaria, costruzione di competenze per la vita. Perché l’interesse di ogni giovane che si rivolge a noi è quello di un’attenzione alla globalità della sua persona, perché una buona scelta, una buona riuscita negli studi, un’adeguata capacità di anticipazione delle proprie opportunità occupazionali, la possibilità di conoscere altri mondi, altre realtà geografiche, politiche, sociali, offerte di saperi alternativi sono ingredienti importanti per la piena realizzazione di sé.

Ma tale finalità, per essere perseguita con probabilità di successo, richiede un’intesa non estemporanea fra tutti i soggetti e sistemi coinvolti nelle scelte formative dei giovani. Questa giornata, quella di ieri testimoniano la condivisione e l’accordo di tutte le istituzioni qui rappresentate.

A tutti noi l’augurio che i lavori di questa giornata costituiscano una nuova fase del nostro patto di disponibilità, accoglienza, accompagnamento competente delle nuove generazioni.




Saluto del Rettore – Convegno Orientamento e scelte dei diplomati. AlmaLaurea

Convegno Nazionale Qualità e valutazione del sistema universitario, promosso dal Consorzio AlmaLaurea.
Convegno Orientamento e scelte dei diplomati.
Università di Sassari, Aula Magna, 26 maggio 2011.
Saluto del Rettore.

È un’importante iniziativa quella che si apre oggi in questa Aula Magna del nostro Ateneo e che proseguirà domani al Centro di Porto Conte Ricerche con il Convegno nazionale Qualità e valutazione del sistema universitario, promosso dal Consorzio AlmaLaurea in collaborazione con i due Atenei sardi e il sostegno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Un sentito benvenuto al Direttore di AlmaDiploma Elio Pasca, al Direttore di AlmaLaurea l’amico Andrea Cammelli, agli esperti del Consorzio AlmaLaurea e dell’Associazione Alma Diploma: li ringrazio per aver scelto Sassari per questa iniziativa.

Saluto i rappresentanti della Provincia di Sassari e dell’Ufficio Scolastico Provinciale, all’Assessore Rosario Musmeci che concluderà i lavori. Saluto in particolare il prof. Vincenzo Tortorella direttore dell’Ufficio scolastico provinciale e l’assessore alla pubblica istruzione del Comune di Sassari dott. Alessio Marras.

Un’iniziativa che tratta del futuro dei nostri giovani, che si occupa dei loro percorsi formativi e di inserimento lavorativo, che intende prendersi cura delle nuove generazioni attraverso un’offerta di formazione e di servizi che facilitino gli sviluppi di interessi, attitudini, acquisizione di conoscenze e competenze per una piena realizzazione della persona e del suo Sé professionale.

Ieri, a Cagliari, si è svolta una presentazione dei servizi di AlmaLaurea e di AlmaDiploma alle Aziende. Domani, a Porto Conte Ricerche, verrà presentata la XIII Indagine AlmaLaurea sul profilo dei laureati, cui seguirà una sessione di contributi scientifici su alcuni principali temi di interesse: caratteristiche degli studenti all’ingresso e riuscita negli studi; qualità in entrata e performance negli studi: il caso delle Facoltà di Ingegneria; soddisfazione per l’esperienza universitaria; orientamento alle scelte formative e competenze per la vita; genere e scelte formative. Da segnalare, ancora, il contributo Towards an Euro-Mediterranean Area of Higher Education. Concluderà I lavori la tavola rotonda su Qualità e internazionalizzazione del sistema universitario, con l’obiettivo di estendere l’impegno verso l’apertura, la circolazione di saperi e competenze.

Questa mattina sono lieto di aprire il Convegno Orientamento e scelte dei diplomati o diplomandi. Nel pomeriggio i lavori proseguiranno con l’incontro di Restituzione del profilo dei diplomati a Dirigenti e Docenti degli Istituti scolastici che hanno aderito al progetto AlmaOrièntati, realizzato dall’Associazione AlmaDiploma, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale, la nostra Università, con il Servizio di counseling psicologico e di coaching OrientAzione, la Provincia di Sassari, in particolare l’Assessorato alle Politiche del Lavoro, della Formazione Professionale e dell’Istruzione, che ne ha sostenuto la realizzazione. Il progetto, su cui questa mattina verranno svolte riflessioni teorico-metodologiche e di prospettiva, ha preso avvio nel nostro territorio il 15-16 marzo di quest’anno con la formazione dei docenti. E si è poi sviluppato con il coinvolgimento di migfliaia di studenti di 26 istituti superiori.  Ha come obiettivo principale l’accompagnamento delle e degli studenti alle scelte consapevoli. Il progetto va a completare le azioni, già intraprese dal nostro Servizio OrientAzione, finalizzate al supporto e alla consulenza:

a) delle/degli studenti delle Scuole Superiori nella scelta della Facoltà;

b) delle/degli studenti iscritte/i all’Università per rendere il loro percorso di studio un’esperienza formativa e gratificante, ridurre la dispersione universitaria, agevolare i percorsi di studio successivi e l’inserimento lavorativo;

c) delle/degli insegnanti di Scuola Superiore al fine di condividere esperienze di orientamento attivate presso gli Istituti della Provincia di Sassari e di realizzare percorsi condivisi di didattica orientante/orientativa.

Altre progettualità sono in corso, in particolare una sperimentazione di consulenza a distanza sul questionario di feedback che l’Associazione AlmaDiploma  intende realizzare a livello nazionale a partire dall’esperienza del nostro Ateneo e dell’Università Cattolica di Milano.

Nei giorni della programmazione dell’offerta formativa per i corsi di laurea magistrale per gli insegnanti, l’occasione è preziosa per riflettere con animo aperto non solo sulle opinioni degli studenti sulla scuola, sul giudizio degli studenti sui loro insegnanti, ma anche sulle nuove conoscenze, sulle lingue, l’informatica, le esperienze all’estero, le attività extrascolastiche, il rapporto tra formazione e lavoro nell’immaginario degli studenti.

Il Progetto, le nuove sperimentazioni, questa giornata costituiscono il segno di un’intesa e di una proficua collaborazione interistituzionale fra la nostra Università, il Consorzio AlmaLaurea e l’Associazione AlmaDiploma, l’Ufficio Scolastico Provinciale, il competente Assessorato della Provincia di Sassari, gli Istituti di Istruzione Superiore. È una sorta di patto il nostro, per accompagnare i giovani in alcune delle scelte più importanti della vita, quelle relative ai percorsi della formazione e dell’inserimento lavorativo.

Ringrazio tutti i partecipanti. A tutte e a tutti voi auguro una buona giornata di lavoro, auspicando il raggiungimento del nostro più importante obiettivo: saperci disporre con competenza e accoglienza di fronte alle attese dei giovani che si rivolgono a noi, perché insieme si possano affrontare le sfide della nostra società complessa, con un atteggiamento capace di attrarre risorse e di generare sempre nuove alternative di benessere della persona, di accrescimento nel campo del sapere, di realizzazione negli studi e nelle professioni.




Il volume sui giganti di Monti Prama curato dall’Accademia di Belle Arti di Sassari

Il volume sui giganti di Monti Prama curato dall’Accademia di Belle Arti di Sassari

Introduzione del Rettore

E’ difficile trovare nel patrimonio archeologico, non solo della Sardegna, un complesso identitario di così forte significato come quello dei ‘giganti’ di Monti Prama, le statue nuragiche provenienti dalla penisola del Sinis e il cui restauro, grazie al competente lavoro del Centro Regionale di Restauro di Li Punti, eccellenza del nostro territorio, si annuncia concluso.

Con le grandi statue di arcieri, guerrieri e ‘pugilatori’ la Sardegna dei nuraghi mostra i suoi capi eroici, li monumentalizza e celebra al pari di tutte le grandi civiltà.

Questo patrimonio ideale e materiale diventa per la società contemporanea, e in particolare per la nostra isola, motivo di ricchezza che si aggiunge all’imponente patrimonio culturale e paesaggistico della Sardegna. Ho vissuto a Cagliari le polemiche che hanno accompagnato, negli anni ’70 quella scoperta: ora le due Università della Sardegna e le Soprintendenze, attraverso i loro archeologi, sono da tempo impegnate nello studio e nell’interpretazione delle colossali sculture, partendo dalle magistrali pubblicazioni di Giovanni Lilliu.

Se questa fase di grande restauro appare conclusa, la ricerca archeologica sul sito che ha restituito le statue ha da percorrere un lungo e appassionante cammino.

Esso dovrà chiarire nella sua completezza il profilo storico e archeologico di tutta l’area, la cui conoscenza appare strategicamente fondamentale: è infatti evidente l’alto livello di una comunità nuragica che è ancora in gran parte da conoscere, il suo ruolo in un’area della Sardegna che vide la nascita e lo sviluppo del grande centro fenicio di Tharros, il rapporto fra questi episodi e i miti raccontati dalle fonti classiche, come quelle relative alle vicende di Iolao, che sembrano potersi percepire nel racconto eroico delle statue.

Raccolgo perciò volentieri  l’invito del Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Sassari, prof. Antonio Bisaccia e saluto con piacere la presente  pubblicazione, che testimonia dell’attenzione dell’accademia artistica sarda verso questo grande evento dell’arte antica.

Trovo importante l’omaggio ad uno degli episodi più intensi della statuaria mediterranea, raccogliere questa serie di tracce dell’immaginario di scrittori e poeti della nostra isola sulle magnifiche sculture in arenaria, introdotte dal testo del prof. Marcello Madau, docente dell’Accademia ed archeologo.

E’ un punto di vista diverso, è la relazione fra sentire contemporaneo e sentire antico quello che viene proposto grazie alla riflessione sviluppata per impulso di un istituzione di Alta cultura come l’Accademia di Belle Arti, con la quale non mancheranno occasioni di confronto e di impegno comune.

Attilio Mastino

Rettore dell’Università di Sassari




Presentazione del volume curato da Mario Matteo Tola sulla fondazione della Casa della Divina Provvidenza in Sassari

Presentazione del volume curato da Mario Matteo Tola sulla fondazione della Casa della Divina Provvidenza in Sassari

Intervento di Attilio Mastino

12 gennaio 2011

Debbo all’amicizia con il sen. Bruno Dettori la mia presenza stasera qui a parlare di un tema per me inusuale, a tentare di raccontare una delle forme attraverso le quali la Chiesa si è incarnata in Sardegna impegnando laici e religiosi sul terreno della carità.

Questo volume, pubblicato in occasione delle celebrazioni centenarie dalla fondazione della Casa della Divina Provvidenza di Sassari, curato da Mario Matteo Tola per le Edizioni Gallizzi, rappresenta un prezioso strumento per ripercorrere un aspetto poco noto della storia della città di Sassari nel secolo scorso, consente l’accesso ad archivi poco frequentati, mette a disposizione una documentazione preziosa e utilizza una bibliografia locale forse non del tutto nota agli studiosi.

Il testo, scritto anche da Maria Lorenza Murtas e da Ilaria Delogu, con la collaborazione di Bruno Dettori e Bruna Fumagalli, ha alle spalle una accurata ricerca seguita dal collega Angelino Tedde, che ha coinvolto decine di persone, molte famiglie e diversi soggetti pubblici e privati. I risultati li abbiamo potuti ammirare il 16 dicembre scorso quando il presidente Giulio Poddighe e il sindaco Gianfranco Ganau inaugurarono la mostra fotografica che ripercorre la storia della Casa dei Sassaresi, che tanti di noi hanno in passato conosciuto, visitando nel tempo amici e parenti, ricoverati e assistiti. In quei locali sono passate migliaia di persone, non solo anziani, che hanno contratto un debito e una gratitudine profondi verso i protagonisti di un impegno nel sociale che è scaturito innanzi tutto dalla generosità, dalla dedizione, dall’amore per gli altri.

Se c’è un aspetto che caratterizza la città di Sassari, accanto alla significativa vivacità culturale sintetizzata dall’Università e dal Liceo “Azuni” e accanto ad una straordinaria vivacità politica rappresentata dall’autorevolezza di una classe dirigente aperta e sensibile proiettata su una dimensione nazionale, c’è veramente la catena delle opere promosse dalla Chiesa turritana, che in qualche modo hanno ancora oggi una loro eco nella mensa per i poveri nei locali della ex Questura in via Regina Margherita o nella Caritas di Via Galilei. Esse ci ricordano l’urgenza di fermarci un attimo a pensare ai drammi degli altri e anche alle tante necessità dei poveri dei nostri tempi, che evidentemente le istituzioni pubbliche non riescono ancora a soddisfare del tutto. Queste opere in passato hanno spaziato in città con l’Istituto dei ciechi, la Casa dei Santi Angeli, la Casa di San Giuseppe, il Rifugio di Gesù Bambino, l’Ospizio dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo dei Paoli, frutto dell’appassionata predicazione di padre Giovanni Battista Manzella: opere che si sono affiancate alla impressionante costellazione di iniziative di tanti sacerdoti, delle diverse famiglie francescane come il ricovero di mendicità di San Pietro, gli asili, gli orfanotrofi, i rifugi e alle opere promosse dai laici organizzati nella Compagnia delle dame di Carità, nelle Conferenze femminili, nella Società di San Vincenzo dei Paoli: testimonianze insieme di una situazione sociale degradata e di una particolare sensibilità della nobiltà e della borghesia cittadina, di quei numerosi esponenti di una classe dirigente non provinciale ed aperta. Istituzioni e personaggi che ritroviamo in tante immagini di questa mostra e di questo libro, in un’epoca che non fu solo di dura contrapposizione tra Chiesa e Stato, ma che vide i cattolici impegnati in prima fila nell’amministrazione della città e nel sociale. Testimonianze anche di vivacità, di voglia di riscatto, di affermazione di una presenza. Sono opere che rimontano indietro nei secoli e ci riportano anche ad un clima, a un modo di vivere in comunione con gli altri, ad una capacità di entrare in sintonia e di capire i problemi degli ultimi. In città e fuori città, alla Casa fino a Castelsardo e ad Alghero, e più di recente nel secondo dopoguerra giù fino al margine della provincia ecclesiastica ben oltre la diocesi turritana, fino al Rifugio La Madonnina tra Cuglieri e Santulussurgiu, dove molti di noi si sono formati. Lasciatemi ricordare per un attimo una figura che non possiamo dimenticare ed alla quale molti di noi debbono molto, monsignor Giuseppe Budroni, uomo positivo, illuminato e incompreso. Fino ai nostri giorni, per quanto i nostri tempi richiedano un profondo ripensamento, l’interpretazione di nuove forme di solidarietà sociale che vanno ben al di là della qualità degli interventi del passato.

Oggi però parliamo di un altro protagonista, di Giovanni Battista Manzella, oggi Beato della Chiesa Universale, impegnato a trasferire in Sardegna la lezione di San Vincenzo de’ Paoli, partendo dalla chiesa di Sant’Agostino nel cuore della città. A dieci anni dal suo arrivo a Sassari, nel 1910, padre Manzella fondò il settimanale cattolico “Libertà”, oggi profondamente rinnovato, al quale sono legato per aver iniziato a scrivere proprio sulle sue pagine nel 1966 per impulso del vescovo di Bosa Francesco Spanedda; contemporaneamente, nello stesso anno padre Manzella sostenne la nascita della Casa della Divina Provvidenza per cronici e derelitti, che il 30 novembre 1910 veniva fondata dalla Conferenza delle Signore di Sassari, azioniste di una Società per azioni nell’ambito dell’Associazione di carità dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo de’ Paoli. Quel 1910 è anche l’anno dell’incoronazione della Madonnina delle Grazie di San Pietro di Silki, che tanto colpì i contemporanei. Già la forma giuridica di Ente Morale riconosciuto alla Casa nel 1930 da Vittorio Emanuele III durante l’episcopato di Maurilio Fossati testimonia della larghezza di vedute e dell’ambizione degli obiettivi, del resto documentata da un patrimonio di immobili via via più esteso grazie alle donazioni pervenute, alle tante beneficienze, al consenso di cui la nuova istituzione godeva e di cui oggi continua ancora a godere in città. Prima presidente fu Teresa Bellieni Grana, seguita da Maria Pittalis Zirolia. presidente per quarant’anni, poi Laura Carta Segni, Alba Alagna Castiglia, Tullio Dolcher, il nostro professore di Fisiologia vegetale nella Facoltà di Scienze, Lorenzo Ganadu, Consolata Simula Spanedda, fino ad arrivare al nostro Giulio Poddighe. E poi la collaborazione con le Suore Figlie di Maria, le Suore Figlie della Carità di San Vincenzo, nel 1918 la nascita della Casa San Giuseppe per gli incurabili, l’asilo infantile, la campagna contro la tubercolosi, la malaria, il tracoma, la collaborazione col ricovero di mendicità.

Già i nomi testimoniano l’impegno della nobiltà sassarese, di alcune famiglie illustri, lo sforzo corale di una città che ha riconosciuto la giustezza di un obiettivo e si è dedicata a perseguirlo, attraverso mille prove, come quelle che hanno consentito lo sviluppo delle attività, l’ampliamento degli edifici, l’aumento del numero degli assistiti, l’articolazione delle forme di assistenza, lungo un intero secolo, soprattutto nel corso degli anni difficili delle due guerre mondiali. Mi hanno molto colpito le pagine dedicate agli anni dell’ultima guerra durante l’episcopato di Arcangelo Mazzotti, i prestiti garantiti dal patrimonio delle nobildonne della Casa, l’assistenza sanitaria, la lenta ripresa sotto la guida di Donna Laura, l’azione di tanti anonimi benefattori, l’assegnazione di terreni a Tramariglio da parte dell’Etfas di Enzo Pampaloni, un nostro Preside della Facoltà di Agraria, docente di Economia e politica agraria fino agli anni 70. Del resto ci sono in questo volume tante figure note, tanti personaggi che hanno segnato la storia della Sardegna nell’Ottocento, come Damiano Filia, lo storico amico di mio nonno Attilio Mastino che compare ora in un diario inedito da me pubblicato, e poi il deputato Lare Marghinotti, i Castiglia, gli Abozzi, gli Agnesa, i Bozzo, i Clemente, i Crovetti, i Di Suni, i Ledà d’Ittiri, i Ponzeveroni, i Pilo, i Prunas, i Passino, i Talu, gli Zirolia, e tanti altri personaggi che compaiono al fianco di Padre Manzella in una straordinaria galleria fotografica di uomini e donne, con i loro costumi, con il loro abbigliamento che dichiara l’appartenenza all’alta borghesia sassarese, che non era solo massonica o rivoluzionaria, ma anche fortemente religiosa negli anni del non expedit. Scorrono in queste pagine tante storie diverse, tanti aspetti di una città dinamica, aperta, piena di contraddizioni ma anche capace di guardare lontano.

Questo volume studia i precedenti, l’impegno della Chiesa a favore dei bimbi abbandonati, degli orfani, dei mendicanti: all’inizio del Novecento la nascita, in terreno laico, delle cucine economiche promosse dal Comitato “Cuore e Follia”, che si estesero in tutta la Sardegna e che a Bosa furono animate da un mio antenato, il poeta dialettale Giovanni Nurchi.

Vorrei per un attimo portarvi proprio in quegli anni, alle origini della Casa, nel 1909 a Sassari, in occasione delle celebrazioni per i 50 anni dalla fondazione delle Dame di Carità voluta dall’avv. Carlo Rugiu e da donna Matilde Quesada, moglie del marchese Amat di San Filippo, negli anni dell’episcopato del visitatore provinciale vincenziano Emilio Parodi.

Le parole pronunciate in quell’occasione da padre Manzella dimostrano come l’uomo fosse profondamente colto, imbevuto di cultura classica, lettore di testi greci, ancorato ad una solida corrente popolare. Mario Matteo Tola ricorda le vibranti parole pronunziate da padre Manzella per infiammare il suo pubblico: .

Sembrerà strano, ma sono pari pari le parole che Plutarco mette in bocca a Tiberio Gracco alla vigilia della rivoluzione del 133 a.C, con un’oratoria potente e invincibile davanti a comizi della plebe: . E poi questo clima religioso del testo classico, che potrebbe aver colpito un lettore moderno non sprovveduto come padre Manzella: <>.

Caro presidente Giulio Poddighe, caro Bruno, dopo un secolo, dopo tanti avvenimenti,  dopo tanta fatica e tanto impegno, c’è ancora bisogno di voi, la città di Sassari e la sua gente ha bisogno della vostra passione, del vostro altruismo, della vostra generosità.

Ha bisogno, insomma, della Casa della Divina Provvidenza.




Intervento del Rettore alle Terze Giornate Sarde di Scienze Ostetriche e Ginecologiche

Intervento del Rettore alle Terze Giornate Sarde di Scienze Ostetriche e Ginecologiche

Alghero 11 maggio 2011

Ho partecipato in passato ad altre edizioni di queste tradizionali  giornate sarde di scienze ostetriche e ginecologiche, invitato dagli amici Salvatore Dessole e Pier Luigi Cherchi.

Queste terze giornate sono organizzare dalle due cliniche ostetriche di Sassari e di Cagliari, dall’AGUI Associazione dei ginecologi italiani, dalla SIGO, Società italiana di Ginecologia e Ostetricia, dalle aziende ospedaliere universitarie di Cagliari e di Sassari.

Hanno offerto il patrocinio tanti soggetti italiani ed europei. Vorrei in particolare ricordare la FINCO la Federazione Nazionale Collegio ostetriche.

Sono particolarmente lieto di portare il saluto dell’Università di Sassari a questo importante appuntamento scientifico che vede riuniti, qui, oggi,  tanti “saperi scientifici” impegnati su aspetti cruciali  quali la riproduzione,  la prevenzione della salute  delle donne  attraverso nuovi approcci terapeutici  in grado di  correggere disturbi che apportano un significativo condizionamento della vita di relazione, dell’attività lavorativa e del vissuto personale.

Nell’ultimo mezzo secolo  la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante  nel campo delle tecniche di riproduzione artificiale umana :  l’assunzione di un concetto di salute sempre più ampio e integrato, definito come equilibrio ottimale, in senso psicofisico, sembra rendere non accettabile – come avveniva in passato- il  limite fisico, il destino  della sterilità  :   la domanda che si indirizza – piena di speranza- verso la riproduzione artificiale  ha prodotto  pratiche mediche sempre più legittimate e consolidate per le strutture sanitarie,  e percorsi di ricerca  ricchi di risultati di cui, sono certo, daranno conto i lavori di queste giornate.

Pur  da un versante  di non “addetto ai lavori” non possono non sottolineare la varietà degli argomenti in discussione. Alcune tematiche sono centrali, come l’equilibrio tra la buona sanità (per la salute della donna e della coppia) e la razionalizzazione della spesa sanitaria, l’incubo di un’Italia in crisi.

Sul piano tecnico, vedo che state tenendo corsi di ecografia, endoscopia ginecologica ed ostetrica, di colposcopia per l’accertamento delle patologie.

Ma parlerete del rapporto tra contraccezione e benessere. Di vaccinazione anti papilloma virus per proteggere dal carcinoma della cervice e dalle displasie del collo dell’utero; parlerete di riproduzione assistita, di obesità femminile, delle nuove strategie terapeutiche in rapporto alla menopausa. Di endometriosi e di altre malattie dell’apparato riproduttivo femminile, ma più in generale parlerete di sessualità e salute.

Per arrivare alla medicina perinatale, al travaglio ed al parto.

Lasciatemi dire che sono rimasto impressionato dalla complessità dei temi in discussione, dalla attualità e dalla rilevanza sociale delle problematiche che affronterete con competenza, soprattutto con attenzione per l’evoluzione scientifica. Rimane sullo sfondo sempre più incombente il versante giuridico, normativo, etico che certamente non vi è estraneo e sul quale tutti i giorni immagino vi confrontiate con apertura e spirito libero, forse anche con sofferenza.

Del resto sono informato  degli eccellenti risultati prodotti, nella pratica e nella ricerca scientifica,  dal Prof. Salvatore Dessole, Direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica, dal Prof. Pier Luigi Cherchi, Direttore della Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia  del nostro Ateneo. E questo pur in una situazione ambientale difficile. Spero che il nuovo direttore generale dell’AOU l’amico Sandro Cattani e il nuovo direttore sanitario Severino Rovasio ci aiutino rapidamente a recuperare ritardi e disfunzioni. E , come rettore, mi piace ricordare che la Clinica ostetrica è stata una delle prime a Sassari, nel nostro Ateneo che presto celebrerà i suoi 450 anni di storia: ad organizzarla fu  un caposcuola, Luigi Mangiagalli , un  “principe della ginecologia operativa” , come è stato definito dagli storici della  Medicina.  Vincitore di un concorso bandito a Sassari  nel 1882 , Luigi Mangiagalli insegnò qui  ostetricia e clinica ostetrica  fino  al 1884 .

Annunciandone l’arrivo al corpo accademico all’inaugurazione dell’a.a. 1882-83, l’allora rettore dell’ateneo turritano Giuseppe Silvestrini,  disse che il giovanissimo cattedratico era “già chiaro della scienza ostetrico-ginecologica per fama e pregevoli opere”, anticipando  le ardite innovazioni che di lì a qualche anno ne avrebbero fatto una figura di spicco nella scuola italiana di ginecologia, che tra Ottocento e Novecento si sviluppava grazie alle conquiste della chirurgia, strettamente legate a quelle dell’anestesia e dell’asepsi, e all’ausilio dei perfezionamenti tecnologici.

Si collocano  in questo percorso importante, in questa tradizione di cui siamo orgogliosi,  l’attività, gli esperimenti,  la ricerca dell’oggi. Auguro dunque a questa iniziativa che vede l’importante collaborazione della Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Cagliari (Prof. Gian Benedetto Melis e  Prof.ssa Anna Maria Paoletti)  un proficuo lavoro e  importanti risultati scientifici.

Saluto gli illustri ospiti, a nome dell’Ateneo do il benvenuto nella splendida città catalana di Alghero ai moderatori, ai relatori, al Comitato scientifico, agli studiosi, ai medici ed agli ostetrici che sono arrivati da tante sedi italiane e straniere, dalla Spagna, dal Canada, dalla Svizzera.

Con i più cordiali auguri di buon lavoro.




Contro l’orientamento del Ministro Gelmini per un accorpamento delle Università di Cagliari e di Sassari per i test di accesso a numero programmato.

Contro l’orientamento del Ministro Gelmini per un accorpamento delle Università di Cagliari e di Sassari per i test di accesso a numero programmato.

Le università italiane stanno dando applicazione da qualche mese alla “Grande Riforma” voluta dal Ministro Gelmini, imposta nonostante le accese contestazioni e le proteste che hanno tentato di mettere in luce le tante contraddizioni di una legge considerata fortemente punitiva verso il mondo universitario: l’approvazione dei nuovi statuti è prevista entro il mese di  luglio e le commissioni statutarie lavorano intensamente, come testimonia a Sassari il Blog sul sito Web dell’Ateneo, che registra discussioni, interventi, verbali delle più disparate riunioni, attraverso le quali si tenta di costruire un percorso condiviso.

Arrivati a metà strada, rimangono molti punti interrogativi sulle funzioni degli organi di governo e sulle modalità di costituzione dei dipartimenti. Tra gli aspetti che appassionano di più gli addetti ai lavori c’è questa sorta di spaventosa “transumanza” dei docenti e del personale dalle Facoltà ai dipartimenti di nuova istituzione, ai quali verrà affidata ogni competenza in materia di ricerca, di formazione, di trasferimento e di assistenza.

C’è però un aspetto che rischia di passare sotto silenzio: l’articolo 3 della legge 240, nel quadro degli interventi per contenere la spesa pubblica, introduce incentivi per la federazione e la fusione degli atenei, con l’intento di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie.

Abbiamo già avuto numerose avvisaglie di questi orientamenti con le politiche di blocco di nuove iniziative formative nelle sedi gemmate adottate con decreto dal Ministro: Nuoro, Oristano, Olbia, non potranno progettare nuovi corsi di laurea. E poi con le decisioni adottate sulla formazione degli insegnanti, che sarà organizzata su base regionale: sarà attivato un solo corso di laurea  presso l’Ateneo con maggior numero di studenti.

Il numero delle scuole di specializzazione mediche viene ridotto con un’unica sede in Sardegna. Una dimensione regionale sarà a breve adottata anche per i test d’ingresso ai corsi di laurea a numero programmato, in particolare per Odontoiatria e Medicina, con gravi scompensi e disagi, legati alla rilevante differenza di potenza demografica che comporterà un ripiegamento su Cagliari, che pure è collocata in posizione decentrata rispetto al resto di una Sardegna che si desertifica al suo interno..

L’orientamento del Ministro è chiarissimo e la fusione tra Atenei di una stessa regione è raccomandato sulla base di un progetto contenente le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’organico e delle strutture.

Il Senato Accademico ha chiesto al Rettore di manifestare pubblicamente la netta contrarietà a questo disegno governativo, che d’altra parte contrasta con le politiche ben più aperte e generose della Regione Sardegna: come è noto l’Università di Sassari celebrerà tra qualche mese un anniversario, quello dei 450 anni dalla nascita del collegio gesuitico; ma anche l’Università di Cagliari ha una storia che supera i quattro secoli e che affonda nell’età spagnola.

La regionalizzazione del sistema universitario e la concentrazione in un’unica sede sarà forse possibile in realtà differenti: Sassari dista da Cagliari 220 chilometri, mentre non c’è nessuna altra Università italiana che non abbia un’altra sede universitaria a breve distanza. Senza parlare della collocazione in un’isola e dei collegamenti da terzo mondo su strada o ferrovia, con costi significativi dei trasporti a carico degli studenti. Paradossalmente da Alghero è più semplice raggiungere Barcellona o Milano piuttosto che Cagliari.

Non c’è nessuna ragione scientifica o territoriale per un ripiegamento su Cagliari; sarebbe sciocco non contrastare il volano che tende a distorcere l’allocazione territoriale di investimenti, risorse, popolazione. Conosco troppo bene le posizioni del Rettore dell’Università di Cagliari, l’amico Giovanni Melis, del Senato, dell’intero corpo accademico (dal quale d’altra parte provengo): ci lega un rapporto di amicizia, una piena sintonia di obiettivi e di progetti, come abbiamo constatato in tante occasioni. Dunque il progetto di fusione dei due Atenei non è all’ordine de giorno, ma semmai occorre lavorare di più per la nascita di un sistema universitario regionale, articolato in due università distinte, proiettate ciascuna per suo conto in una dimensione internazionale.

Attraverso un accordo di federazione, i due Senati Accademici dovranno discutere la programmazione strategica e l’offerta formativa definendo sinergie, evitando duplicazioni, premiando le eccellenze, mantenendo un equilibrio, che razionalizzi i corsi di laurea che non rispondono agli indicatori ministeriali. Se non intervenissimo con decisione, il declino del sistema universitario della Sardegna avrà riflessi sulle future generazioni: il nostro compito è colmare le lacune nella conoscenza, aumentare il numero dei laureati, offrire ai giovani sardi un ambiente formativo aperto e internazionale.

Occorre declinare il processo di internazionalizzazione partendo dalla Sardegna, favorendo – in assenza di città di grandi dimensioni – la nascita di un ambiente cosmopolita, aperto, ricco di stimoli, con una molteplicità di culture e di punti di vista. Non è sufficiente limitarci a sostenere la mobilità  Erasmus, con studenti che vanno e vengono: occorre adottare altre misure, come far nascere corsi di laurea internazionali, incrementare il programma dei visiting professors, garantire un livello di conoscenza delle lingue straniere che sia di eccellenza, impartire un numero adeguato di crediti in lingua straniera, promuovere sistematicamente soggiorni lunghi all’estero attraverso i dottorati, garantire una conoscenza tecnologica e informatica diffusa.

Occorre dare agli studenti sardi punti di vista nuovi, orizzonti più larghi, mentalità più aperte. L’ambiente di apprendimento deve coinvolgere di più anche la città che ci ospita, con spazi di qualità dove lo studente incontri i sui abitanti, restituendo alla città un potenziale formativo. Anche la città deve crescere più velocemente e sentire la responsabilità di ospitare una prestigiosa università, estendendo le sue offerte culturali, con una elevazione della qualità della vita e degli incontri sociali, trasformandosi in un sistema urbano eco-sostenibile.

Attilio Mastino
Rettore dell’Università di Sassari




Pasqua dell’Università – Auguri del Rettore

Pasqua dell’Università – L’intervento del Rettore

Sassari, 19 aprile 2011

Cari amici,

si incrociano oggi tanti differenti livelli di lettura di questa ricorrenza, che cade in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dall’Unità d’Italia: il contributo di Francesco d’Assisi per la rinascita dei sentimenti di italianità nel medio evo evocato dall’Arcivescovo Padre Paolo; il tema della pace dell’intervento di Padre Marco; il tema degli operai della Vinyls che hanno gridato oggi la loro disperazione chiedendo l’aiuto del loro Vescovo; i migranti dal Nord Africa arrivati fino a Cagliari, che raggiungono con difficoltà le nostre coste, verso un’Europa scintillate e desiderata ma incapace di accogliere l’alto; infine la guerra a due passi da casa, la città martire di Misurata, l’assedio di Bengasi.

Soprattutto, un’altra cosa: seguiamo idealmente con emozione il ritorno verso casa del corpo di Vittorio (Vik) Arrigoni dell’International solidarity movement, crudelmente ucciso nella Striscia di Gaza da terroristi di una cellula salafita.

Oggi siamo qui a celebrare la Pasqua con la consapevolezza della necessità di tenere sempre vivo il nostro impegno per la giustizia sociale e per la pace, soprattutto in Palestina là dove si colloca il teatro della morte e resurrezione del Cristo, il più grande interprete di tutti i tempi della rivoluzione pacifica, del ripudio della violenza, della possibilità per gli uomini del riscatto e della promozione umane e sociali. In quello spicchio di mondo, come tutti sappiamo, la pace anche quando sembra a portata di mano sfugge in preda alle contraddizioni e sono inutili le partigianerie o il rimbalzo delle colpe attribuite reciprocamente. Ma la Palestina ed Israele costituiscono la metafora della ricerca difficile ed incompiuta della pace e di quel passaggio dalla morte alla vita che oggi mi sembra simboleggiato dalla commovente espressione, titolo di un libro: Restiamo umani, scritto proprio da Vittorio Arrigoni.

Ogni anno seguiamo con la memoria il viaggio degli Ebrei dall’Egitto alla Terrasanta: è per noi così ravvivata la memoria di un passaggio solenne e terribile verso la giustizia e la pace. Per noi ogni volta è un’attesa che si sublima nell’immagine dolorosa della croce e nella risurrezione. In questi giorni seguiamo un altro viaggio. Accompagniamo dunque la bara di un moderno eroe, il giovane Vik, scomparso perché aveva seguito ideali di pace e di giustizia e il sogno di portare attraverso la guerra un popolo sino alla pace. Il nostro cammino si snoda lento, da Gaza a Rafah sino all’Egitto e infine all’Italia, dietro il feretro di un uomo appassionato e coraggioso a cui qualcuno ha cercato di spegnere la voce con il più barbaro degli assassini. E i nostri passi percorrono a ritroso, seguendo quel feretro, il viaggio degli Ebrei dalla Terra Santa, attraverso l’Egitto e sul mare e fino a Roma. E in quel passaggio è il miracolo della Pasqua che si ripete, perché la salma spoglia semina sdegno e speranza, orgoglio e perdono. Come in ogni Pasqua, alla morte violenta, alla passione ed al distacco segue ancora più forte e più viva ancora una volta la Vita.

Tra poco subito dopo la Pasqua verrà beatificato il nostro grande papa Giovanni Paolo II, che poco prima di morire, visse proprio durante la Pasqua la settimana di passione con un’intensità senza pari, essendo anch’egli profondamente sofferente. Oggi voglio ricordare la sua straordinaria capacità di offrirsi con tenacia a Dio, la sua umiltà e quella particolare capacità di restare umano espressa nelle sue ultime parole: lasciatemi tornare alla casa del Padre.

Allora dobbiamo davvero pensare alla Vita.

Auguri di Buona Pasqua a tutti voi.