Intervento del Rettore prof. Attilio Mastino
Visita del Ministro Francesco Profumo all’Università di Sassari
Sassari, 15 aprile 2013
Signor Ministro,
l’accogliamo con emozione e simpatia in questa aula magna, a pochi mesi dalla conclusione delle celebrazioni per i 450 anni dalla nascita del Collegio Gesuitico che si sono svolte tra l’altro con la visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Presidente della Camera allora in carica Gianfranco Fini.
Ai sentimenti della comunità accademica si unisce la mia personale gratitudine per il sostegno ricevuto a fine anno, in un momento difficile del mio mandato, quando le prospettai per le vie brevi la fatica quotidiana di un rettore impegnato in una politica di sviluppo e di modernizzazione del proprio Ateneo ma condizionato dalla drastica riduzione delle risorse. Grazie al Conservatorio per averci aiutato ad organizzare questo incontro.
Ci legavano, del resto, cordiali rapporti sviluppatisi nella Conferenza dei Rettori e rinsaldatisi in più occasioni già a partire dalla sensibile e proficua collaborazione assicurataci con la partecipazione del Politecnico di Torino al nostro incontro sulle energie rinnovabili di due anni fa, proposte dal Prof. Giuseppe Menga che penso Le sia caro.
Con l‘insediamento dei Revisori dei conti la settimana prossima si completa il lungo processo di adeguamento del nostro Ateneo alla legge 240: una legge di riforma che avevamo definito una bomba gettata all’interno dell’Università italiana dopo una campagna giornalistica di delegittimazione e che ancora oggi consideriamo punitiva e poco generosa, piena di ombre e di minacce, indirizzata a ridurre l’autonomia degli atenei, a imporre un rigido centralismo, a distrarre i docenti dai compiti della didattica e della ricerca per svolgere ingrate funzioni burocratiche sotto la minaccia dell’ANVUR. Una legge che avevamo subìto con la speranza che gli impegni presi dal Ministro Tremonti per un aumento del FFO potessero essere mantenuti: così purtroppo non è stato e ora riemergiamo dal caos con molte preoccupazioni. Il nodo centrale è dunque quello dell’autonomia, di ciò che oggi è diventata: un fantasma che s’aggira sopra e dentro il sistema universitario. Una parola d’ordine logora, un contenitore ormai vuoto.
Eppure voglio garantire che qui a Sassari abbiamo colto l’occasione per costruire un modello di università nuovo, per fondare la nuova governance su un’idea più moderna, creando opportunità per tutti e spazi di flessibilità. Abbiamo attraversato anni difficili, duri, pieni di contrasti: li abbiamo affrontati con animo aperto, con la volontà di ascoltare e di capire le esigenze di tutti, senza cedere alla facile tentazione di usare la scure bensì costruendo proposte sostenibili nel tempo, che incoraggino sinergie e aggregazioni scientifiche razionali. Siamo stati innanzi tutto dalla parte dei nostri studenti e dei ricercatori: ogni nostro sforzo è stato indirizzato a difendere i loro diritti, ma anche a chiedere impegno, responsabilità, decisi a valutare il lavoro di ciascuno e noi a rispondere dei nostri limiti e delle nostre incapacità.
Desidero consegnarLe oggi una copia del nuovo statuto dell’autonomia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 23 dicembre 2011: non è stata un’occasione perduta e siamo orgogliosi del risultato raggiunto, perché lo Statuto ha finito per essere veramente opera di tutto il corpo accademico: e questo spiega la sua consistenza, il suo peso, la sua anima profonda, che orienta la nascita degli organi accademici e indirizza efficacemente l’azione del Senato, della Giunta e del Consiglio di Amministrazione.
Nel nuovo statuto la comunità universitaria si dichiara solennemente consapevole della ricchezza e della complessità delle tradizioni accademiche e del valore delle diverse identità, promuove le pari opportunità. Si dà un ordinamento stabile, afferma il metodo democratico nella elezione degli organi, si dichiara attenta al tema della formazione delle giovani generazioni e alle esigenze del diritto allo studio; colloca lo studente al centro delle politiche accademiche e promuove la cultura come bene comune. Rivendica i valori costituzionali, previsti per le «istituzioni di alta cultura», della libertà di scelta degli studi, di ricerca e di insegnamento, assicurando tutte le condizioni adeguate e necessarie per renderla effettiva. Si impegna a promuovere, d’intesa con le altre istituzioni autonomistiche, lo sviluppo sostenibile della Sardegna e a trasferire le conoscenze nel territorio, operando per il progresso culturale, civile, economico e sociale. Senza dimenticare l’identità e la lingua. Siamo impegnati a lavorare intensamente con senso di responsabilità e consapevolezza delle attese che ora ci accompagnano e che non possiamo deludere. Col dovere di rispondere alla fiducia accordataci. Anche con orgoglio e rivendicando una storia, una tradizione scientifica di eccellenza, una nostra cifra originale. Vogliamo proseguire un’azione avviata dai Rettori che mi hanno preceduto, Giovanni Palmieri e Alessandro Maida
Siamo consapevoli che oggi molti Atenei rischiano la sopravvivenza. Ci troviamo di fronte a un bivio, dove si giocherà la partita più importante della storia di molte Università di medie e piccole dimensioni che potrebbero a breve essere in difficoltà e addirittura in liquidazione, anche attraverso imprudenti formule di fusioni e di straordinarie trasformazioni. Eppure speravamo di poter vedere approvato dal Ministero l’accordo di federazione con Cagliari, per un processo di integrazione federativa dei due Atenei attraverso la formalizzazione delle attività svolte in collaborazione in settori strategici per lo sviluppo culturale, sociale ed economico della Sardegna, anche attraverso forme di mobilità incrociata. Porto oggi i saluti dell’amico Rettore Giovanni Melis col quale programmiamo iniziative di interesse comune nell’ambito delle aree della didattica e dei servizi agli studenti, della ricerca e dei rapporti con il territorio, delle relazioni internazionali e dei servizi, delle opere pubbliche e della gestione finanziaria. Checché ne pensi ora l’ANVUR, vorremmo far nascere il Sistema universitario regionale, che deve partire dal rispetto assoluto per l’identità e l’autonomia irrinunciabile di ciascun Ateneo storico. Le due università della Sardegna hanno oltre quattro secoli di vita, duecento venti chilometri di distanza tra loro e non intendono fondersi per poter mantenere il loro prezioso patrimonio di relazioni.
Del resto non riteniamo che il rapporto di prossimità possa assorbire tutto l’orizzonte di iniziative che invece debbono orientarsi su un piano europeo, mediterraneo e internazionale, facendo leva sui rapporti avviati entro la rete delle 21 università catalane, il raggruppamento RETI tra le Università insulari che si riuniranno ad Alghero il prossimo 21 giugno, l’Unione delle Università del Mediterraneo, l’EMUNI, l’Associazione Uni-Italia per i rapporti con la Cina. Abbiamo avviato numerose iniziative per instaurare o potenziare rapporti di collaborazione, con singole Università, con reti universitarie.
Ho partecipato a Gent nei giorni scorsi all’Assemblea generale dell’EUA, la Associazione delle quasi mille Università Europee e ho contributo alla elezione di Stefano Paleari segretario della CRUI e rettore di Bergamo più votato nel consiglio dell’Associazione, un piccola testimonianza di quello che l’Italia deve fare per esser sempre più presente in Europa.
In questo senso stiamo sviluppando l’internazionalizzazione dell’offerta formativa e intensificando la mobilità internazionale sia con i visiting professors sia con gli scambi ERASMUS e con il nuovo programma di ateneo Ulisse per le mobilità extraeuropee. In collaborazione con il Centro Linguistico d’Ateneo estendiamo l’offerta di corsi gratuiti di lingua straniera per gli studenti che si preparano ad affrontare l’importante esperienza della formazione integrativa all’estero e parallelamente offriamo corsi gratuiti di lingua e cultura italiana agli studenti Erasmus che in numero crescente vengono a studiare a Sassari. Siamo ai primi posti nelle graduatorie degli atenei italiani per la mobilità internazionale studentesca sia per studio sia per tirocini. Pensiamo allo sviluppo dell’informatica e delle scienze di base. Il Dipartimento di Medicina Veterinaria nelle prossime settimane si presenterà alla valutazione europea completamente rinnovato e potenziato con l’ospedale veterinario. Non sempre ci è parso che il Ministero riesca a valutare questi risultati e arrivi a concepire che Sassari possa svolgere un ruolo strategico nel campo della cooperazione internazionale. In particolare dobbiamo sviluppare strumenti amministrativi gestionali ad hoc che facilitino la gestione di fondi per le specificità dei progetti che si svolgono in paesi in via di sviluppo.
Abbiamo avuto il piacere di visitare con Lei questo pomeriggio a Piandanna le giornate dell’orientamento 2013 “Destinazione Uniss: Un biglietto per il futuro”, inaugurate stamane con l’arrivo di oltre 5000 diplomandi provenienti da tutta la Sardegna. La nostra idea di orientamento in questi ultimi anni si è trasformata e lo statuto considera l’orientamento come processo continuo, volto a favorire l’acquisizione di competenze lungo tutto l’arco della vita e la piena realizzazione della persona, garantendo durante la carriera universitaria servizi e adeguate competenze di sostegno e di indirizzo per i percorsi formativi e di inserimento lavorativo, e promuovendo collaborazioni con il sistema dell’istruzione scolastica e della formazione professionale, con le istituzioni e gli enti territoriali, con i sistemi del mondo del lavoro e delle professioni.
Domani premieremo i nostri migliori 200 studenti, i più meritevoli di tutti i 51 corsi di studio divisi nei 13 nuovi dipartimenti. La loro nascita ha dovuto tener conto delle strategie generali e delle scelte individuali: ne deriverà a breve il problema della possibile mancanza di copertura di alcuni SSD in molti corsi di laurea. Con conseguenze gravissime sull’accreditamento dei corsi e delle sedi da parte dell’ANVUR.
Abbiamo in servizio 177 professori ordinari, 212 associati, 255 ricercatori a tempo indeterminato, 60 ricercatori a tempo determinato, 18 collaboratori linguistici, 662 amministrativi, tecnici, bibliotecari.
In questo quadro le preoccupazioni riguardano i giovani. Entro pochi anni ci saranno molti più ricercatori a tempo determinato che avranno finito il contratto e non avranno prospettive di ingresso nel mondo universitario se non saranno garantiti i fondi per coprire i ruoli di associato. Nella migliore delle ipotesi entreranno in conflitto con i ricercatori a tempo indeterminato. Avvertiamo un rischio, quello che le università del Nord del paese possano abbiano ancora la possibilità di reclutare i giovani, spina dorsale del nostro Sistema universitario, a scapito del Mezzogiorno, aumentando ancora di più il divario socio-economico. Rinasce la tentazione delle gabbie territoriali ad esempio per le borse di studio per gli studenti. Bisogna arrestare l’emorragia crescente dei giovani(i più brillanti) che decidono di spendere il bagaglio di conoscenze acquisite all’interno dell’Università Italiana all’estero. Se non ci si attiva con strumenti concreti, semplici e trasparenti si rischia di parlare dell’importanza dell’innovazione e ricerca senza gli attori principali.
La popolazione studentesca si è ridotta fino ai 14400 studenti di questo anno accademico, ma stiamo smaltendo i fuori corso (scesi a 5814) e siamo riusciti a portare alla laurea quest’anno 2192 studenti, un numero che è superiore di un centinaio di unità rispetto agli immatricolati. Gli specializzati sono circa 200 ogni anno, gli iscritti alle scuole di dottorato oltre 400, molti stranieri. La prossima riforma dei dottorati creerà non pochi problemi in relazione al numero delle borse che un Ateneo come il nostro potrà finanziare: senza fondazioni e imprese.
Aumenta il numero degli studenti attivi, che sono però solo il 75% del totale degli studenti iscritti, migliorano i servizi, la pratica sportiva entra progressivamente nella formazione dello studente.
Oltre il 15% degli studenti sono esonerati dal pagamento delle tasse. Molti sono studenti lavoratori. Il livello della contribuzione studentesca continua ad essere basso ma dovrà essere progressivamente innalzato, con grandissimo disagio per le famiglie, visto che in Sardegna stiamo attraversando il cuore di una crisi che tocca innanzi tutto il mondo del lavoro giovanile, con oltre 350.000 persone che si collocano sotto la soglia di povertà.
Pur a fronte della consistente riduzione dello stanziamento nazionale, ottimi sono i risultati dei PRIN con 18 progetti approvati per 1,3 milioni di euro. Vorrei lamentare il fatto che ogni anno però cambiano le modalità di presentazione dei progetti bilingui in italiano e in inglese con una costante rappresentata dal progressivo taglio dei fondi, con un contingentamento dei progetti, mentre i costi delle valutazioni sono stati riversati sugli Atenei. Le valutazioni sono sacrosante, ma troppo lente (penso al VQR), farraginose e sempre con criteri definiti ex post. Il passato non si può cambiare e le politiche di sviluppo implicano investimenti che richiedono certezze nella valutazione futura. Ci si dovrebbe dire in anticipo i criteri e noi ci adegueremmo. L’indicatore della ricerca B3 per il calcolo del FFO è ancora paradossalmente basato sul CIVR 2001-03.
La Regione ha investito molto in questi anni per le Università attraverso il fondo unico (23 milioni l’anno, di cui circa 8 per Sassari), i progetti di ricerca regionali, i tender, i Progetti grandi attrezzature, i posti per assegnisti di ricerca, i finanziamenti per la mobilità internazionale studentesca. Voglio ricordare i 9,4 milioni del Fondo Sociale Europeo e la nascita di una decina di Spin off sull’energia, l’ICT turismo, l’ingegneria, le nanotecnologie, le biotecnologie, la ricerca socio economica.
I dati occupazionali dei nostri laureati sono notevolmente più bassi della media italiana in particolare per le lauree magistrali, dato che solo il 46% dei laureati lavorano rispetto al 73% nazionale. Questo non è certo colpa dell’Università.
Sono stati compiuti in questi quattro anni sforzi organizzativi straordinari, sostenuti dalla passione dei tanti delegati che hanno voluto aiutarmi con spirito di servizio e impegno personale vero. Abbiamo recuperato nuove risorse dal Fondo unico regionale che discuteremo mercoledì in Commissione regionale bilancio e dai fondi FAS che ci consentiranno di completare tutte le incompiute e costruire il nuovo ospedale dell’AOU. L’ERSU progetta nuove residenze universitarie per complessivi 40 milioni. Dismettiamo tutte le locazioni, riduciamo l’indice di indebitamento, mettiamo sul mercato il patrimonio inutilizzato. Abbiamo bloccato quasi completamente il turn over tanto che le spese del personale sono scese dagli 80 milioni del 2010 ai 72 milioni del 2012. La curva è destinata a scendere ulteriormente, anche se le abilitazioni richiedono forti investimenti per collocare i nuovi associati e i nuovi ordinari.
Vorrei soffermarmi però su quello che è il dato più preoccupante nazionale, la dinamica del FFO italiano passato dai 7,3 miliardi di euro del 2008 ai 6,5 ai euro del 2012, con un trend negativo che non accenna a fermarsi neanche nel 2013 e nel biennio successivo. In questo quadro Sassari e molte università del Mezzogiorno perdono posizioni: assistiamo ad un trasferimento di risorse a favore delle Università del settentrione. Per il nostro Ateneo i tagli hanno comportato una contrazione ancora maggiore in considerazione della “perdita” di risorse sulla parte premiale. Dagli 82 milioni del FFO del 2008 siamo scesi ai previsti 67,7 milioni di euro del 2013, un dato calcolato in via molto prudenziale in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione e comunque insostenibile tenendo conto degli oneri per la retribuzione del personale dipendente gravanti sul bilancio dell’Ateneo. Il limite dell’80% è stato “sfondato” non solo della drastica riduzione del FFO negli ultimi anni ma anche a causa del sistema di calcolo e degli indicatori utilizzati. Sono penalizzate le Università con Facoltà di medicina come la nostra che non hanno più benefici dallo scorporo di quota parte degli stipendi. In questo campo ci preoccupa la recente condanna dell’Ateneo al Consiglio di Stato e quindi al TAR in fase esecutiva per le indennità assistenziali dovute dal servizio sanitario regionale in base alla legge 517 mai applicata in Sardegna a distanza di 13 anni. E’ vero che l’accordo sottoscritto con il Direttore Generale dell’AOU risolve questo problema per il futuro, a partire dal 2011. Eppure dal 2001 enormi somme vengono richieste all’Università di Sassari. Deve essere chiaro che i pagamenti saranno a carico dell’AOU e dell’ASL.
Siamo consapevoli della gravità della crisi economica, finanziaria e anche morale che il Paese attraversa; e non ci sottraiamo all’obbligo di dare un contributo efficace per superarla, perseguendo obiettivi di risparmio, di efficienza, di efficacia, e non sottraendoci ai sacrifici richiesti a tutto il Paese.
L’Ateneo ha, naturalmente avviato tempestivamente azioni indirizzate al miglioramento delle proprie performances, anche in relazione agli indicatori ministeriali, ovvero tenendo conto dei risultati sulla base dei quali verremo “valutati”, tuttavia appare del tutto evidente che gli investimenti fatti oggi non potranno che tradursi in risultati di medio e lungo periodo.
Del resto se parliamo degli indici di efficienza didattica, va osservato che gran parte degli studenti sono residenti in Sardegna. E non è una sorpresa data la distanza dalla penisola italiana al di là di un grande mare. L’insularità è uno svantaggio anche per noi. Il contesto incide non poco e troviamo grande difficoltà a confrontarci alla pari con realtà del continente dove è radicata una rete di scuole superiori decisamente più efficienti, come dimostrano le statistiche e i test di medicina tra breve a carattere nazionale; e non sempre disponiamo delle risorse per progetti strategici di tutorato. Eppure gli straordinari risultati da noi ottenuti nella ricerca testimoniano la qualità e in qualche caso l’eccellenza dei nostri docenti, che hanno ottenuto nell’ultimo anno una serie di prestigiosi riconoscimenti. Spesso ci chiediamo come superare la condizione oggettiva di isolamento che ostacola l’iscrizione di studenti provenienti dal continente. Questa è una realtà che sta dividendo l’Italia in due. Vorremmo delineare allora l’orizzonte della possibile missione per un ateneo come quello di Sassari.
Nell’attesa di “raccogliere” i primi risultati non si può nascondere la preoccupazione per gli equilibri di bilancio, resi ancora più visibili dopo l’adozione del bilancio unico e da quest’anno della contabilità economico-patrimoniale, che ha comportato disagi e ritardi nei pagamenti, nonostante l’impegno costante del personale tecnico-amministrativo. I forti tagli subiti in questi anni sono stati “riassorbiti” grazie a politiche di contenimento delle spese di personale (con esclusione dell’investimento sui giovani ricercatori e del piano straordinario degli associati), nonché grazie ai “risparmi” accantonati prudenzialmente nel corso degli anni. In una prospettiva di medio periodo abbiamo chiaro che la situazione potrà non essere più sostenibile. I forti vincoli di bilancio legati alle spese di personale e all’impossibilità di incidere sulla contribuzione studentesca comporteranno il rischio di vanificare tutti gli sforzi posti in essere in questi anni per rinnovare il nostro Ateneo.
Ci preoccupano gli interventi normativi che si sono susseguiti in questi anni i quali lasciano, di fatto, immaginare una nuova cornice di criteri di ripartizione delle risorse per il funzionamento ordinario del Sistema universitario pubblico. La forte attenzione del Ministero nei confronti della programmazione e della valutazione ha impegnato le singole università a porre sempre maggiore attenzione alle proprie linee strategiche di indirizzo e all’impatto che le stesse avranno in termini di valutazione dei risultati, intesi come miglioramento della qualità della didattica e della ricerca, nonché di mantenimento degli equilibri di bilancio di medio-lungo periodo. Aspettiamo il decreto per il nuovo calcolo del fondo di finanziamento ordinario sulla base del costo standard per studente, dei risultati della didattica e della ricerca, nonché delle politiche di reclutamento. Da una prima lettura scompare dai criteri di ripartizione la “quota base”, ovvero la “quota storica”. Pertanto, nella piena consapevolezza che qualsiasi “modello” utilizzato per il finanziamento contiene sempre “un’idea di università”, occorre porre in essere ogni azione volta al miglioramento delle performances in un quadro nazionale di risorse sempre più scarse per il Sistema universitario.
Il Ministero, nella definizione del costo standard, ci pare debba necessariamente tener conto della dimensione e del contesto economico e territoriale dei singoli atenei. Attenzione dovrà essere posta anche su corsi aventi particolari specificità, come ad esempio il corso di laurea in medicina, tenendo conto del carico assistenziale a favore del Servizio sanitario nazionale. Fondamentale sarà un’analisi delle esperienza europee in materia e una condivisione delle modalità di calcolo del costo standard, prevedendo una fase sperimentale dell’applicazione.
Il modello unico applicato nel corso dell’ultimo triennio necessita di alcune riflessioni. Premiare le università sulla base dei crediti acquisiti dagli studenti può incentivare, se non si prevedono opportuni “contrappesi”, i docenti a promuovere gli studenti causando la dequalificazione dei corsi di studio. Gli occupati a tre anni dal conseguimento del titolo, ferma restando l’implementazione della banca dati di riferimento, dipendono non solo dai comportamenti degli atenei ma anche dal contesto territoriale di riferimento e dalle relative capacità produttive. I nostri numerosi studenti in mobilità internazionale fanno registrare delle performance di profitto nettamente superiori alle medie degli altri studenti, ma per l’FFO contano solo le mobilità effettuate dagli studenti regolari.
La parte premiale dovrebbe misurare non tanto i valori assoluti ma le dinamiche di miglioramento e di peggioramento della qualità dei singoli Atenei.
Il nuovo quadro di riforma dell’FFO si deve proporre di rafforzare l’autonomia, la cultura della valutazione e l’assicurazione della qualità, in un contesto di risorse sempre più scarse. Tuttavia, investire sull’istruzione, puntando ad un miglioramento continuo della sua qualità, è investire sul futuro del Paese.
Signor Ministro,
credo che oggi sia tempo di pensare ad un piano strategico di rilancio delle due università della Sardegna, con il sostegno del Governo per rispondere agli specifici svantaggi dell’isola: siamo pronti a contribuire con idee, proposte, con un elenco di priorità da chiedere con forza e sulle quali trovare alleanze e solidarietà vere. Senza Università, senza investimenti in conoscenza e in ricerca, senza infrastrutture per fare della cultura una risorsa, partendo dall’identità profonda dell’isola ma favorendo una nuova dimensione internazionale, non c’è futuro per la Sardegna.